La top 10 delle migliori performance nella storia di Wimbledon - Pagina 2 di 2

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La top 10 delle migliori performance nella storia di Wimbledon

Da Djokovic 2015 a Federer 2017, passando per Becker, Borg e Sampras. Abbiamo provato a classificare i migliori di sempre nello Slam londinese in base al rendimento su edizione singola

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Roger Federer con il trofeo di Wimbledon 2017
 

5. Pat Cash, 1987

Pat Cash (Wimbledon 1987 – Ph. Art Seitz)

Score: 62 punti. N.4 per game persi (ex-aequo), N.5 per set persi (ex-aequo), N.25 per ranking medio degli avversari, N.8 per top players battuti.

Momento rimpianto, perché per l’australiano con la bandana questo fu il primo ma anche l’ultimo, a soli 22 anni: l’anno successivo avrebbe perso in cinque set la prima finale australiana sul cemento contro Wilander (aveva perso anche l’ultima finale erbivora di Kooyong, sempre in cinque, sempre contro uno svedese, Stefan Edberg), ultimo squillo prima della sequela di infortuni che di fatto chiuse la sua carriera ad alti livelli – che lui e Kokkinakis non ce la raccontino giusta?

Un vero peccato, perché una personalità e un gioco come il suo sarebbero potuti stare sulle vette del tennis mondiale per tutto il lustro successivo, come testimoniato da quel Wimbledon dominato, in particolare con le vittorie su Connors e Lendl nelle partite decisive. Per lui però vale la consolazione Delpo, il sospiro di sollievo per essere riuscito a battere la malasorte sul tempo, guadagnandosi l’imperitura memoria prima che lei riposizionasse l’alzo. Come ricordato innumerevoli volte da allora, Cash ha contribuito a modo suo alla ritualizzazione delle vittorie Slam, in quanto inventore della scalata celebrativa della tribuna – un contributo di cui va ancora fiero.

3 (ex-aequo). Roger Federer, 2006

Federer Nadal – Wimbledon 2006

Score: 65 punti. N.2 per game persi, N.4 per set persi, N.17 per ranking medio degli avversari, N.16 per top players battuti.

Il Federer del 2006 è sempre ricordato come il migliore della carriera, capace di perdere sostanzialmente da un solo giocatore e in precise condizioni ma altrimenti debordante. Al di là dei numeri, però, il Federer del 2006, e nello specifico il Federer di Wimbledon 2006, è quello contro cui Jonas Bjorkman con la Sindrome di Stoccolma (se non può averla uno svedese…) disse di aver avuto il posto migliore per godersi lo spettacolo, spettacolo che però includeva la sua macellazione in un 6-2 6-0 6-2 impietoso, ma evidentemente ci sono stermini che hanno una loro estetica, e vittime che possono sorridere mentre vengono obnubilate, e il buon Jonas può essere visto come il maschio di una mantide religiosa.

Soprattutto, però, il Federer di Wimbledon 2006 è quello immortalato da David Foster Wallace in “Federer both flesh and not” (inizialmente “Federer as religious experience“), la sintesi dei motivi per cui lo sport è una malattia terminale per così tanti, nelle sue contraddizioni e nella sua catarsi. Ora, senza dilungarsi troppo, basta citare la conclusione del saggio – non tradotta perché sarebbe francamente sacrilego provarci: “Genius is not replicable. Inspiration, though, is contagious, and multiform – end even just to see, close up, power and aggression made vulnerable to beauty is to feel inspired and (in a fleeting, mortal way) reconciled“.

Cotanto peana sarà stato il suo momento migliore, giusto? Forse no…

3 (ex-aequo). Pete Sampras, 1994

Pete Sampras e Goran Ivanisevic – Wimbledon 1994

Score: 65 punti. N.6 per game persi, N.7 per set persi, N.7 per ranking medio degli avversari, N.19 per top players battuti.

Non poteva mancare l’altro epta-vincitore del singolare maschile, l’anti-divo ellenico che ha saputo traslare il serve-and-volley nell’era digitale, certo con tanta più serve, ma che non lesinava carezze con le volley. In generale, gli score di Pistol Pete tendono ad essere più bassi delle aspettative, per una serie di ragioni: lo specialismo del decennio faceva sì che la classifica dei grandi erbivori fosse tendenzialmente bassa e che molti top schivassero il torneo più o meno manifestamente; in più, la sua risposta non eccezionale (sfavorita dal rimbalzo basso) faceva sì che si dovesse trovare ad affrontare molti tie-break, aumentando il numero di game persi e di set decisi su pochi punti – bisogna sempre sottolineare che questi score non ci possono restituire una fotografia precisa delle condizioni di un dato momento storico.

L’eccezione è proprio il 1994, non casualmente l’anno migliore di Sampras e forse di chiunque, visto che dalla vittoria dell’anno precedente erano arrivati Flushing Meadows, Melbourne, il Sunshine Double, e persino Roma, Gronchi Rosa (Rosso in realtà) del suo palmares. Arrivato a Wimbledon, alzò ulteriormente il volume, dominando dal primo scambio e battendo consecutivamente Chang, Martin (l’unico a strappargli un set) e Ivanisevic, ancora distante dalla redenzione del 2001, l’anno del famigerato (e francamente un po’ sopravvalutato a posteriori) passaggio di testimone fra i due monarchi dell’erba, che forse giustamente si prendono il proscenio di questa hit parade.

2. Roger Federer, 2005

Score: 71 punti. N.12 per game persi, N.9 per set persi, N.8 per ranking medio degli avversari, N.4 per top players battuti.

Terzo ingresso in classifica per Federer, e a questo punto dovrebbe essere chiaro che non è solo questione di quante volte abbia vinto. La terza vittoria consecutiva è l’ultima del periodo Pre-Nadal, nel senso che all’epoca il maiorchino era ancora visto come uno specialista, e pertanto non sembrava esistere un’alternativa al predominio rossocrociato, enfatizzato dalle vittorie nette contro i due teorici deuteragonisti del torneo, Lleyton Hewitt ed Andy Roddick, che a differenza del sopracitato Ivanisevic si vide sottrarre lo spazio vitale necessario per la vittoria in quel di Londra – lui ci mise del suo, vedi 7-5 6-6, 6-2 nel tie-break soprattutto e volée sul 6-5, ma non è il caso di rivangare…

Come l’anno successivo, lo svizzero perse solo un set, contro Nicolas Kiefer. Basti pensare che al suo picco, durante il quinquennio 2003-2007, perse un totale di otto set (Borg ne perse 19 per arrivare al pokerissimo), e che la durata media delle sue partite a Wimbledon era di un’ora e 51 minuti – Roger riusciva a contraddire da solo il dato inizialmente citato sulla dilatazione delle partite su erba. OK, a questo punto meglio di così non avrà potuto fare per davvero…

1. Roger Federer, 2017

Roger Federer – Wimbledon 2017 (photo Art Seitz c2017)

Score: 85 punti. N.10 per game persi, N.2 per set persi, N.5 per ranking medio degli avversari, N.2 per top player battuti.

Era però quello il picco dello svizzero? La sua vittoria del 2017 solleva più di un dubbio in merito, quantomeno in termini di torneo singolo (la continuità che aveva a metà del decennio precedente non è ahilui replicabile).

Il prodromo di un Federer celeste ancorché part-time (aveva saltato la stagione sul rosso) si era avuto ad Halle, dove Sascha Zverev aveva cercato di afferrare l’aria e la pallina per 52 minuti, quasi più sconvolto che ammirato. Da quel momento la vittoria finale era sostanzialmente scontata, e, nonostante un tabellone pieno di erbivori come il fratellone del tedesco, Dimitrov, Raonic (l’istantanea migliore dell’onnipotenza delle due settimane è stata forse la rimonta nel tie-break del terzo contro uno dei migliori battitori di sempre), Berdych e Cilic (limitato, va detto, da una vescica), il FedExpress tirò dritto fino all’ottavo titolo senza temi di smentita, risultando l’unica performance in top 10 in ogni categoria e risultando il primo a vincere il torneo senza concedere set da Borg ’76.

La cosa stupefacente è che lo score dovrebbe essere ancora più alto, perché per game persi in assoluto sarebbe stato quarto, ma, visto il ritiro di Dolgopolov dopo un set e mezzo, la media è stata ricalcolata su un numero inferiore di match.

Contestualizzando quell’ultima vittoria a SW19, non si può che concludere con un auspicio per il dioscuro dei Championships e per tutti gli appassionati: Federer conquistò due Slam in sei mesi dopo un mezzo sabbatico che sapeva di commiato, situazione che si sta ripetendo nel 2020, e quindi, seppur improbabile, non è impossibile che Lazzaro possa concedere il bis, o se non altro è bello pensarlo. Se anche non dovesse farcela, però, ci si potrebbe ampiamente accontentare di ciò che ha già dato, senza mai rovinare un singolo filo d’erba, diventando il più ecumenico dei monarchi, l’unico che vince anche quando perde.

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