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Al femminile

Ancora sul Roland Garros

Da Sofia Kenin a Martina Trevisan, da Nadia Podoroska a Petra Kvitova e Garbine Muguruza: chi sono state le altre protagoniste dello Slam dominato da Iga Swiatek

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Sofia Kenin - Roland Garros 2020 (via Twitter, @rolandgarros)
 

6. Gli alti e bassi di Garbiñe Muguruza
Sembrerà una affermazione esagerata, ma secondo me la partita più intensa del Roland Garros 2020 è stata giocata al primo turno: Muguruza b. Zidansek 7-5, 4-6, 8-6. Un partita che ha offerto contemporaneamente qualità di gioco, equilibrio delle forze in campo, e parecchi scambi di alto livello. Mai mi sarei aspettato di vedere una Zidansek così ispirata, capace di alternare colpi in spinta e slice velenosi, uniti a recuperi difensivi così profondi e millimetrici da trasformarsi in potenziali vincenti. L’impressione che ho avuto è stata quella di una tennista in giornata di grazia, che se non è riuscita a compiere l’upset è solo perché ha trovato una Muguruza che è stata capace di dare il meglio di sé per riuscire a spuntarla.

Da questo match ricavo tre considerazioni. La prima è che se in futuro Tamara Zidansek saprà ripetere prestazioni del genere potrà salire molto in classifica (attualmente è numero 87, con un best ranking da numero 56). La seconda è che se il match migliore arriva al primo turno significa che nelle fasi finali del Roland Garros 2020 è mancato qualcosa sul piano della qualità. La terza considerazione è che Muguruza ha probabilmente buttato via una grande occasione per andare ben più avanti in un torneo che offriva condizioni di gioco adatte alle sue caratteristiche fisico-tecniche. Ricordo che Garbiñe aveva vinto lo Slam francese nel 2016 disputato in condizioni atmosferiche simili.

Invece Muguruza ha perso al terzo turno al termine di una match sconcertante, dall’andamento quasi incomprensibile. Di fronte aveva Danielle Collins, a cui nell’ottobre dello scorso anno è stata diagnosticata l’artrite reumatoide. Ebbene, dopo una dura lotta per due set, Garbiñe sembrava ormai avere la situazione in pugno, visto che si è trovata in vantaggio per 3-0 e servizio. Ma soprattutto, al di là del punteggio, l’avversaria era chiaramente in riserva di energie, tanto da sbagliare semplici colpi interlocutori durante lo scambio. In sostanza: la conclusione del match pareva quasi una formalità.

Eppure, da un istante all’altro, e senza particolari preavvisi, Muguruza si è messa a sbagliare ancora più di Collins. E per quanto Danielle continuasse a giocare male, Garbiñe è riuscita nell’impresa di fare ancora peggio, finendo per perdere con un 5-7, 6-2, 6-4 che è sembrato quasi un suicidio tennistico. Un dato per illustrare la situazione: dopo avere commesso 8 errori non forzati nel primo set, e 4 nel secondo, Muguruza ne ha sommati addirittura 19 nel solo terzo set, tutti arrivati negli ultimi game,  inclusi 6 doppi falli.

Di solito crolli del genere si verificano di fronte ad avversarie agguerrite e pimpanti. Fatico a ricordarne di simili contro giocatrici in palese difficoltà come la Collins di quella sera. Un vero e proprio blackout, che ha tolto a Muguruza la possibilità quanto meno di giocarsi la rivincita della finale dell’Australian Open contro Kenin (a livello di quarti di finale) e al torneo una giocatrice che nei turni precedenti era apparsa in forma e che era reduce dalla semifinale di Roma.

7. La qualità di gioco del Roland Garros 2020
Come è andato complessivamente il torneo? Sul piano della qualità generale, a mio avviso, a Parigi è mancato qualcosa. Su tutto sono emerse le prestazioni di Iga Swiatek, che però sono state così superiori rispetto alle avversarie da non tramutarsi in incontri appassionanti. Rimarrà nella memoria la sua cavalcata solitaria, con la perla dello sbalorditivo successo su Halep a rovesciare tutti i pronostici.

Per il resto, non abbiamo avuto molti match che siano stati contemporaneamente giocati bene dalle due contendenti e ricchi di intensità. Qui sopra ho ricordato la partita Muguruza – Zidnasek, di primo turno. Forse sono stato sfortunato io, e non ho intercettato nella prima settimana altre partite di livello superiore. Ma resta il fatto che, a mio parere, le fasi finali dello US Open sono state non solo più appassionanti, ma anche qualitativamente migliori. Basta ricordare le semifinali e la finale: Azarenka-Williams, Osaka-Brady, Osaka-Azarenka.

Come mai? Può darsi sia stato un semplice caso, ma credo ci siano due possibili spiegazioni più logiche, compatibili fra loro. La prima è che due Slam ravvicinati non sono l’ideale per il calendario tennistico, ed è quasi inevitabile che nel secondo Major il livello medio scenda, soprattutto se c’è anche da affrontare un cambio di superficie. La seconda spiegazione è legata alle condizioni di gioco. Non credo che campi così pesanti abbiano aiutato le giocatrici. Un contesto adatto forse ad alcuni tennisti maschi, ma non al tennis femminile. Rispetto a Flushing Meadows, a Parigi era molto più difficile ottenere il vincente, e questo ha finito per pesare sulla spettacolarità dei match.

Queste condizioni di gioco hanno anche generato conseguenze tecnico-tattiche. In alcune giornate la palla viaggiava così poco da rendere controproducente l’uso del lungolinea; in queste condizioni per cercare di chiudere lo scambio o si ricorreva alla smorzata oppure agli incrociati stretti, perché il colpo in parallelo finiva per diventare un autogol. Per esempio il giorno del match fra Kvitova e Zhang: entrambe dopo i primi game se ne sono rese conto e hanno praticamente rinunciato all’uso del lungolinea come colpo di attacco. Significa mettere in campo un genere di tennis menomato, privo di uno dei suoi elementi tecnici fondamentali.

Ricordo che qualcosa di simile era già accaduto al Masters di Singapore 2018, e anche quella volta ne aveva risentito la spettacolarità dei match: pochi vincenti e numero degli errori non forzati in crescita. Per la analisi in dettaglio rimando a questo articolo, che prova a spiegare così significa giocare in condizioni di lentezza estrema e perché il lungolinea può diventare un colpo controproducente (paragrafo 4 e 5).

In una stagione tennisticamente così disgraziata, che ha perfino dovuto rinunciare a Wimbledon, capisco che non ci fosse da fare molto gli schizzinosi, e andasse più o meno accettato tutto quello che si riusciva a organizzare. Resta però il fatto che a Parigi la combinazione campi pesanti + palline poco reattive + posizione in calendario a ridosso dello US Open, a mio avviso non ha aiutato a offrire grande tennis.

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