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Al femminile

Cinque anni dopo: chi ha davvero vinto lo Slam

Nel giugno 2015 era uscito un articolo che provava a identificare le giovani con più possibilità di vincere un Major. È il momento di controllare come sono andate le cose

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Madison Keys e Sloane Stephens - US Open 2017
 

Le giocatrici dalla posizione 5 in poi
Per il momento nessuna delle giocatrici della mia classifica oltre la posizione 4 è riuscita a raggiungere una finale Slam (Bouchard l’aveva già conquistata prima dell’articolo in questione). Cominciamo con il dire che c’è ancora tutto il tempo per rivoluzionare le gerarchie odierne. Ma, al di là di questo, ci sono comunque diverse valutazioni che la realtà ha smentito, in modo più o meno profondo.

Camila Giorgi, quinta della mia classifica, negli Slam non è riuscita a spingersi oltre un quarto di finale a Wimbledon nel 2018. In parte sicuramente hanno inciso gli infortuni. Ma credo ci siano anche aspetti strutturali da considerare: la mia sensazione è che il tennis di Camila non sia più così speciale come appariva cinque anni fa. Allora erano davvero poche le tenniste in grado di giocare con la sua aggressività, ma anche semplicemente di tirare forte quanto lei.

Questa sua particolarità la rendeva una avversaria molto insidiosa anche per le prime del mondo, tanto è vero che Giorgi fino a quel momento in carriera vantava un record di 6 match vinti e appena 5 persi contro le Top Ten. Un curriculum positivo e invitante in chiave Slam. Ma dal giugno 2015 in poi, contro le Top Ten ha vinto 3 match e ne ha persi 15. Come mai? La mia impressione è che il circuito WTA nelle ultime stagioni abbia fatto notevoli progressi nella gestione delle alte velocità di palla, mentre era quasi inevitabile che Camila non potesse migliorare di pari passo per mantenere il gap originario. La conseguenza è che oggi le qualità di Giorgi risultano meno eccezionali rispetto ad alcune stagioni fa.

Sovrastimata anche Eugenie Bouchard, che dopo l’exploit del 2014 stava già attraversando una fase di involuzione. Ma non lo considero un grave errore: già collocarla fuori dalle prime cinque della classifica non era una scelta banale, visto che sino ad allora era di gran lunga la giocatrice con i migliori risultati negli Slam (finale a Wimbledon, semifinali in Australia e Roland Garros). Va anche ricordato che dopo quell’articolo Eugenie avrebbe ancora raggiunto gli ottavi di finale allo US Open 2015; in quella occasione non sarebbe poi scesa in campo (avrebbe dovuto affrontare Roberta Vinci) a causa dello scivolone negli spogliatoi con conseguente commozione cerebrale (e richiesta di risarcimento alla USTA). A oggi quel quarto turno non disputato a Flushing Meadows 2015 rimane il miglior risultato Slam di Bouchard dal giugno 2015 in poi.

Purtroppo non si possono più leggere i post dei lettori in calce all’articolo (credo per un problema di Disqus), ma se non ricordo male i commenti di maggiore dissenso erano stati per la posizione di Belinda Bencic, allora appena 18enne, considerata sottostimata. Anche se la posizione (la settima) sembra esatta, a distanza di tempo credo di aver avuto torto: Belinda Bencic avrebbe potuto fare di più, smentendo la mia previsione, ma è stata parecchio sfortunata sul piano fisico. Avevo scritto: “Secondo me va distinto il grande talento dalla grande precocità. C’è chi emerge giovane perché ha un enorme potenziale e i successi sono l’espressione di un talento superiore. E c’è chi emerge presto perché matura prima e riesce in meno tempo a raggiungere un alto standard di rendimento. A me Bencic sembra una giocatrice molto completa per la sua età, sia tecnicamente che tatticamente. Ma questo è il punto: quanto può ancora crescere? Mi sbaglierò, ma secondo me può crescere meno di altre giovani che mostrano lacune maggiori, alternate però a momenti straordinari”. Ecco, anche se i fatti non mi hanno dato completamente torto, oggi non scriverei le stesse cose, che suonano troppo severe.

Sicuramente sottostimata anche Elina Svitolina. Ho già avuto occasione di ricordare che ho sbagliato in diverse occasioni nei sui confronti, visto che più volte ho ritenuto avesse raggiunto il massimo delle sue potenzialità e invece nella stagioni successive riusciva ancora a crescere in termini di risultati e classifica. Una minima attenuante però in questo caso ce l’ho. Si parlava di vittorie Slam, non di generici progressi, tanto è vero che avevo spiegato: “Nel tennis ci sono i giocatori solidi e costanti, ma senza vertici di gioco stratosferici. E ci sono invece quelli discontinui che però quando trovano la settimana di grazia possono mettere in difficoltà chiunque. I primi sono giocatori da ranking, i secondi da Slam. A me Svitolina sembra la classica giocatrice da ranking: tanti buoni risultati, ma manca il livello di eccellenza necessario per vincere il grande evento”. Tutto sommato sino a oggi è stato così; resta il fatto che Elina ha comunque raggiunto 2 semifinali e 4 quarti di finale Slam. E averla collocata al decimo posto appare ai miei occhi come un grosso errore di valutazione.

Sul piano della differenza di classifica però, l’abbaglio maggiore riguarda CoCo Vandeweghe. Addirittura ultima nella mia classifica e invece sesta nei reali risultati dei Major. Vandeweghe ha infatti raggiunto due semifinali Slam nel 2017 (in Australia e negli USA), ma anche due quarti di finale a Wimbledon (2015 e 2017). Avevo scritto: “Non credo basti un gran servizio per poter sperare di vincere un Major. I limiti di Coco (in termini di mobilità e di efficacia del rovescio innanzitutto), mi sembrano difficilmente colmabili negli anni a venire”. Insomma, sino a oggi CoCo non avrà vinto uno Slam, ma sicuramente è riuscita a farmi fare una brutta figura, perché le parole nei suoi confronti appaiono davvero troppo dure e liquidatorie rispetto ai risultati che ha effettivamente ottenuto. Oggi Vandeweghe è uscita dai radar a causa di complessi problemi fisici al piede, ma il fatto che da un po’ non raccolga risultati non rende la valutazione meno infelice.

Conclusioni generali
In conclusione, al di là delle valutazioni individuali, credo vadano sottolineati due concetti che ci distanziano dalla situazione di cinque anni fa. Punto primo: si è fermata la lunga striscia di vittorie negli Slam a favore delle tenniste spiccatamente offensive. Era un tema spiegato nella introduzione dell’articolo del 2015: ”Se si guardano gli ultimi dieci anni di risultati, ci si accorge che comunque gli Slam femminili sono sempre stati vinti da giocatrici che praticavano un gioco prevalentemente di attacco. Le giocatrici che invece si basano su un tennis di contenimento hanno al massimo raggiunto la finale, ma non sono mai riuscite a vincerla. L’ultima è stata probabilmente Anastasia Myskina al Roland Garros del 2004”.

Questa serie sarebbe stata interrotta nel 2016, con il doppio successo di Angelique Kerber (in Australia su Williams, negli USA su Pliskova). Ma anche le successive vittorie di Wozniacki e, parzialmente, Halep, sarebbero andate in direzione diversa, con la riscossa di tenniste molto forti in difesa più che in attacco.

Secondo e ultimo punto: le giocatrici giovani non solo avrebbero terminato quel digiuno negli Slam (prima con Muguruza nel 2016, poi con Ostapenko e Stephens nel 2017), ma avrebbero finito per ribaltare completamente la situazione. Infatti dallo US Open 2018 a vincere Major sono state solo tenniste al massimo di 23 anni, con l’unica eccezione di Wimbledon 2019 (Halep). Dal giugno 2015 sono passati poco più di cinque anni, ma nel circuito femminile lo scenario è così profondamente mutato che sembra quasi essere trascorsa un’era geologica.

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