Da Konjuh a Barty, otto protagoniste di Miami

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Da Konjuh a Barty, otto protagoniste di Miami

I differenti problemi di Venus Williams e Bianca Andreescu, le soddisfazioni parziali di Elina Svitolina e Maria Sakkari e altro ancora nel secondo WTA 1000 della stagione 2021

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Bianca Andreescu e Ashleigh Barty - Miami 2021
 

Malgrado la finale sotto tono, compromessa dalle condizioni fisiche precarie di Bianca Andreescu, e vinta da Ashleigh Barty per ritiro, il WTA 1000 di Miami ha offerto diverse partite di alto livello e parecchi spunti interessanti. Ho scelto otto giocatrici che mi sembrano adatte per parlare del torneo da punti di vista differenti.

Venus Williams
Venus Williams ha perso al primo turno, sconfitta 6-2, 7-6 da Zarina Diyas, attuale numero 89 della classifica WTA. A 41 anni da compiere fra due mesi (il 17 giugno), Venus è reduce da un periodo di risultati poco incoraggianti e oggi è scesa alla posizione 90 del ranking.

Nel 2020 aveva disputato 9 partite, perdendone 8. L’unica vittoria era arrivata contro Victoria Azarenka a Lexington, ma va ricordato che Vika era al primo match dopo il lockdown, e dall’agosto 2019 era scesa in campo una sola volta (nel marzo 2020), dopo avere anche pensato al ritiro; quindi era comprensibilmente arrugginita.

Rispetto al bilancio di 1/8 del 2020, nel 2021 per Williams le cose sono andate un po’ meglio: 2 vittorie e 3 sconfitte. Al momento è riuscita a superare Arantxa Rus (attuale numero 74 WTA) e Kirsten Flipkens (numero 90). Il successo contro Flipkens le era valso il secondo turno all’Australian Open, dove poi aveva incrociato Sara Errani. Nel primo set contro Sara, Venus aveva avuto un problema al ginocchio ma aveva deciso comunque di non ritirarsi, finendo per perdere 6-1 6-0, giocando praticamente da ferma.

È sempre molto difficile, e anche presuntuoso, giudicare queste situazioni da fuori. Naturalmente il primo pensiero che viene, è associare il calo di rendimento all’età. Perché se è vero che i progressi della medicina e dei sistemi di preparazione atletica hanno allungato la carriera di molti sportivi, a un certo punto la carta di identità reclama comunque i propri diritti. Nel caso di Venus va aggiunto il problema determinato dalla sindrome di Sjögren, che le era stata diagnosticata dieci anni fa e che le aveva procurato un calo di rendimento per alcune stagioni, prima che riuscisse a trovare le contromisure adeguate (farmacologiche e dietetiche).

Chissà cosa pensa Venus del proprio futuro sportivo, soprattutto in una stagione nella quale ogni programmazione è messa a rischio dalle incertezze causate dalla pandemia. Per una grandissima campionessa, capace di raggiungere ancora nel 2017 due finali Slam (Australian Open e Wimbledon) e una semifinale (US Open), non deve essere facile decidere di smettere, quando farlo e come farlo. Mettiamo che abbia in mente di ritirarsi a Wimbledon, lo Slam che ha vinto ben cinque volte in carriera. Nel 2020 non si è svolto per pandemia, e la sicurezza assoluta che si giochi nel 2021 non possiamo averla. E se si disputasse senza pubblico, che saluto sarebbe di fronte a uno stadio vuoto? D’altra parte, varrebbe la pena continuare a giocare ed allenarsi, affrontando oltretutto le diverse quarantene, se i risultati continuano a latitare?

Per come la vedo io, i grandi atleti degli sport individuali hanno però una fortuna: rispetto a chi pratica sport di squadra, non hanno compagni da penalizzare in caso di calo di rendimento. Nel tennis gli alti e bassi si vivono interamente sulla propria pelle, e questo dà ai giocatori il diritto di decidere in piena autonomia come, e quando, dire basta.

Ana Konjuh
Ho quasi timore a dirlo, ma sembra davvero che Ana Konjuh sia di nuovo nella condizione di poter giocare a tennis ad alti livelli. Dopo quattro operazioni al gomito, distribuite nell’arco di cinque anni (dal 2014 al 2019, trovate QUI le date precise), e praticamente tre stagioni intere perse per problemi fisici, Konjuh è tornata a far parlare di sé per i risultati sul campo.

È ancora sulla strada del pieno recupero atletico, con il peso forma da ritrovare, ma il talento tecnico è già emerso evidentissimo. Numero 338 del ranking, presente a Miami da wild card, ha sconfitto all’esordio la numero 70 Siniakova. Vittoria non impossibile, considerando che Siniakova non è in un buon momento. Ma poi ha superato in due set Madison Keys (che sul cemento americano è comunque una avversaria tosta), numero 19 del ranking, e quindi in tre set Iga Swiatek, numero 16 WTA sottostimata per i meccanismi di salvaguardia della classifica introdotti la scorsa stagione.

Purtroppo del match contro Keys ho visto solo gli highlights, ma ho seguito la prestazione contro Swiatek: 6-4, 2-6, 6-2 con un saldo finale di +22 (40 vincenti/18 errori non forzati). Una partita eccezionale, ai livelli delle due disputate contro Radwanska nel 2016: una vinta allo US Open (6-4 6-4), una persa a Wimbledon, anche a causa di un infortunio alla caviglia nei game finali (6-2 4-6 9-7).

Delle cinque giocatrici nate nel 1997 e capaci tutte di entrare in Top 50 WTA ad appena 18 anni (Bencic, Ostapenko, Kasatkina, Osaka, Konjuh), Ana era la più giovane (è nata il 27 dicembre) e la più precoce: numero 1 del mondo da Junior ad appena 15 anni, e con due titoli Slam vinti. Di Konjuh stupiva la straordinaria facilità nel coordinarsi: elastica nei movimenti, sempre in controllo del corpo, era capace di colpire in controbalzo o slice con la stessa facilità con cui eseguiva i suoi due ottimi colpi base, dritto e rovescio in topspin.

Rispetto a quella giocatrice, a me sembra che oggi abbia modificato il movimento del dritto, forse per salvaguardare il gomito. Ma non sono sicuro che questo sia un limite, anzi potrebbe risolversi in un progresso. A questo proposito racconto un piccolo retroscena, relativo a Wimbledon 2017. Ero sul posto come inviato insieme a Luca Baldissera. Siccome non mi convinceva del tutto lo swing di Konjuh dalla parte del dritto (particolarmente ampio, forse un po’ troppo), e volevo un parere di Luca, lo avevo strappato ai suoi impegni e trascinato per qualche game sul Court 12. Era il match ideale nello stadio ideale: contro una avversaria forte come Dominika Cibulkova (quarti di finale a Wimbledon nel 2016 e 2018) e con i posti stampa a bordo campo, dunque perfetti per vedere da vicino i singoli gesti atletici. Quel giorno Konjuh avrebbe finito per vincere (7-6, 3-6, 6-4), dimostrando che, al di là dei miei dubbi, il suo dritto era comunque efficace.

Oggi Ana non gioca più il dritto con quel movimento: tende a colpire la palla più vicina al corpo, con il gomito meno disteso. La mia impressione è che ci abbia guadagnato in termini di stabilità e omogeneità nello swing. A Miami 2021 la sua avventura si è conclusa contro Anastasija Sevastova, più che per la forza dell’avversaria (non proprio nel suo momento migliore) per i problemi alla schiena emersi durante il match, che l’hanno menomata al servizio (6-1, 7-5). Probabilmente un guaio determinato dalla desuetudine nell’affrontare più match di alto livello nell’arco di pochi giorni.

Dopo questo sorprendente torneo in Florida, Konjuh è risalita di 98 posizioni in classifica: numero 240. Al di là del ranking, però, non si può che ripetere la cosa più ovvia: ciò che conta davvero è che si mantenga in salute, e i frutti del suo talento arriveranno di sicuro.

a pagina 2: Sara Sorribes Tormo e Maria Sakkari

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