Nei dintorni di Djokovic: mille giorni dopo, il ritorno di Ana Konjuh

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic: mille giorni dopo, il ritorno di Ana Konjuh

Grazie agli ottavi a Miami, da lunedì scorso Ana Konjuh è tornata tra le top 250, dopo quasi tre anni. E gestendo con accortezza il gomito (“Non tornerà normale, devo trattarlo ogni giorno”) è convinta di poter ancora dire la sua ai massimi livelli (“Con il tempo potranno arrivare cose belle”)

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Ana Konjuh - WTA Miami 2021
 

Mille giorni. Cioè quasi tre anni. Erano trascorsi all’incirca mille giorni dall’ultima volta in cui Ana Konjuh era classificata tra le prime 250 giocatrici del pianeta. Il ranking WTA della settimana che iniziava lunedì 9 luglio 2018 vedeva la tennista di Dubrovnik al n. 137. La settimana dopo, il 16 Luglio 2018, sarebbe scivolata in 255esima posizione, sparendo dai radar del tennis che conta, considerando tale quello che consente l’accesso ai tabelloni di qualificazione dei tornei del Grande Slam. Esattamente un anno prima, il 17 Luglio 2017, era salita al n. 22 grazie agli ottavi di Wimbledon, per poi raggiungere il best ranking – la posizione n. 20 – due settimane dopo. Ma poco dopo, in agosto, sarebbero iniziati i problemi al gomito destro, con le due operazioni, a settembre e nel marzo successivo, che di fatto l’avrebbero tenuta fuori dalle competizioni – inizialmente – dal settembre 2017 fino all’estate 2018. A nostro avviso non sono infatti da considerare i due match a Brisbane a gennaio, che avevano purtroppo solo evidenziato che l’operazione di settembre non era stata risolutiva, né l’atto di semplice presenza al Roland Garros con la secca sconfitta contro Suarez Navarro; sappiamo che giocare un primo turno in uno Slam, anche se non si è in condizione, conta molto dal punto di  vista economico. Specie se non giochi da mesi, come Ana ai tempi.

Purtroppo anche il successivo tentativo di ritorno in campo in funzione di Wimbledon si era rivelato effimero: sconfitta al secondo turno delle qualificazioni a Eastbourne e poi al primo turno dei Championship, con la conseguente uscita dalle top 250 WTA di cui avevamo parlato. Purtroppo però, quello era il problema minore, perché il calvario di Ana non era finito: il dolore al gomito era tornato a farsi sentire. Ancora uno stop di sei mesi, fatto di terapie conservative, prima di un nuovo tentativo di rientro tra gennaio e febbraio 2019, anche questo purtroppo rivelatosi infruttuoso, Con conseguente nuova operazione – la quarta, perché c’è da ricordare che quel benedetto gomito era stato già operato una prima volta nel 2014 – in marzo, per la ricostruzione del legamento collaterale ulnare, e la successiva lunga riabilitazione. Fino al rientro finalmente definitivo, dopo più di un anno e mezzo dall’ultima volta che era scesa in campo, nel settembre 2020. Un rientro iniziato nel migliore dei modi, dato che aveva subito vinto il primo torneo a cui ha partecipato, l’ITF W25 di Zagabria.

Quel n. 137 è rimasto pertanto la sua ultima volta nella top 250 fino allo scorso 12 aprile. Fino a circa mille giorni dopo, per l’appunto, quando la 23enne tennista croata vi è rientrata in virtù del balzo di 98 posizioni realizzato grazie ai risultati al torneo di Miami. Dove Ana ha sfruttato alla grande la wild card concessale degli organizzatori battendo tre giocatrici tra la prime cento al mondo. Ma soprattutto due tra le prime venti: dopo la n. 70 Katerina Siniakova, ha infatti superato la n. 19 Madison Keys e poi la n. 16 e campionessa del Roland Garros in carica Iga Swiatek. Fermata solo negli ottavi di finale da Anastasija Sevastova (e dalla fatica di quattro match in sei giorni a quei livelli, alla quale non era di certo più abituata).

Sono veramente felice, è stata una settimana fantastica a Miami. Sono un passo più vicina alla “vecchia Ana” e al vecchio gioco. Ci sono ancora alcune cose da sistemare, ma allenandomi bene sono molta fiduciosa per il futuro“ ha dichiarato Ana, al rientro in patria da Miami, in un’intervista al portale croato Totalinfo.hr. Curioso come il comeback sia avvenuto in un torneo in cui non aveva mai brillato ai tempi della sua esplosione nel circuito. Nelle tre precedenti partecipazioni, infatti, per due volte (2015 e 2016) non si era qualificata e nell’unica presenza nel main draw, nel 2017 da tds n. 29, era uscita subito. Sebbene il cemento all’aperto sia una delle superfici preferite, come dimostrano i quarti di finale allo US Open 2016 e la finale ad Auckland nel 2017. Insieme ovviamente all’erba, sulla quale ha ottenuto l’unica vittoria in un torneo WTA a Nottingham nel 2015, che la rivelò ancora sedicenne al gran pubblico con l’exploit del terzo turno raggiunto a Wimbledon nel 2014 provenendo dalle qualificazioni e battendo due top 70. Exploit che bissò solo due settimane dopo – proprio sul cemento outdoor di cui parlavamo – con la semifinale a Istanbul, fermata da Roberta Vinci dopo aver eliminato quattro top 100, tra main draw e tabellone di qualificazione.

Ana Konjuh bacia il trofeo dopo la vittoria al torneo di Nottingham (2015)

Sapevo che le cose stavano andando per il meglio, ma non credevo di poter giocare di nuovo a questo livello, in particolare così bene per più match di fila… È indice del fatto che ci sono, che ci credo, che lavoro bene e che con il tempo potranno arrivare cose belle” ha aggiunto Ana, che dopo la vittoria contro Iga Swiatek aveva rivelato di lavorare con il suo team con l’obiettivo di migliorare mentalmente e sviluppare un gioco più tattico. Quindi con l’obiettivo che la “nuova” Ana non solo si avvicini, ma sia anche migliore di quella “vecchia”. Assolutamente condivisibile, se consideriamo che sono passati quattro anni da quel fugace ingresso in top 20 e le sue avversarie si sono fatte più agguerrite. Sia quelle che c’erano già allora che quelle che sono arrivate dopo, come la stessa Iga Swiatek, Bianca Andreescu e Sonia Kenin, limitandoci a citare tra le attuali prime venti giocatrici al mondo nate dal 1998 in poi – più giovani cioè della tennista croata – le tre vincitrici Slam. Al riguardo, per il momento, possiamo dire che guardando dal divano di casa quello che si è notato è una piccola modifica tecnica sul dritto, forse con l’obiettivo di preservare il gomito, come evidenziato da AGF nella sua analisi sulle protagoniste del torneo Miami.

A proposito del gomito, non poteva certo mancare una domanda sulle condizioni dell’articolazione che di fatto l’ha fermata per più di tre anni e mezzo. “Con tutto quello che ha passato, il mio gomito non potrà mai essere normale e senza dolori. Questa è la mia nuova realtà. Ma è una cosa che ho accettato. Per adesso va tutto abbastanza bene, dipende dai giorni e da quanto ho “stressato” il gomito. La cosa importante è trattarlo ogni giorno e cercare di fare in modo che possa reggere tutto questo senza grossi problemi“.

La prossima cosa che dovrà reggere sarà la stagione sul rosso. ”Inizia la stagione sulla terra, non è la mia superficie preferita, ma cercheremo di garantirci la partecipazione alle qualificazioni per il Roland Garros. Abbiamo ancora qualche settimana per prendere ancora qualche punto, per essere sicuri. Spero di continuare a giocare bene” si è limitata a dire la giocatrice croata, che intanto è partita col piede giusto, eliminando al primo turno del torneo WTA di Istanbul una specialista del rosso come Sara Errani e vendicando così la sconfitta nelle qualificazioni dell’Australian Open di inizio anno. I risultati ottenuti confermano che sulla terra battuta il suo rendimento non è mai stato, ai tempi, paragonabile a quello sulle predilette superfici veloci. Nello Slam parigino non è mai andata oltre al secondo turno e come miglior risultato sul mattone tritato nel circuito maggiore può vantare una semifinale nel torneo di casa, il 125K di Bol, nel 2016, ed i quarti nel 250K di Praga l’anno successivo.

Attenzione però: il comeback della tennista dalmata è iniziato a settembre, come ricordato, con la vittoria all’ITF di Zagabria. Proprio sulla terra. Chissà, forse era il primo segnale che la “nuova” Ana è destinata a fare meglio della “vecchia”. Con tutto quello che la giovane croata ha passato – non solo in termini di infortuni, ma anche di drammatici eventi familiari, ne avevamo scritto nel primo articolo dei “Dintorni” a lei dedicato – è il minimo che possiamo augurarle. E senza che passino altri mille giorni.

Dobrodošla nazad Ana. Bentornata Ana.

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