Tre temi da Stoccarda e Istanbul - Pagina 3 di 3

Al femminile

Tre temi da Stoccarda e Istanbul

Gli aggiustamenti tattici di Ashleigh Barty, gli alti e bassi di Aryna Sabalenka, e il record di Sorana Cirstea

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Sorana Cirstea - WTA Istanbul 2021 (via Twitter, @TennisChampIst)
 

Sorana Cirstea
Mentre si giocava il WTA 500 di Stoccarda, in Turchia si disputava il WTA 250 di Istanbul, sulla terra battuta outdoor. Testa di serie numero 1 era Elise Mertens, che è approdata in finale da favorita. Di fronte a lei Sorana Cirstea, numero 67 del ranking, che era arrivata alla partita decisiva senza perdere set, ma anche senza avere affrontato teste di serie.

A dispetto del ranking, Cirstea ha suggellato il percorso netto sconfiggendo anche Elise Mertens per 6-1, 7-6. E grazie a questo successo è entrata nel libro dei record: si è issata al terzo posto della storia WTA per la maggior distanza di tempo intercorsa tra due vittorie di torneo. In carriera, infatti, Sorana aveva vinto un solo titolo, nel settembre 2008 a Tashkent. Da allora sono passati 12 anni e mezzo.

In tutta la WTA, per quanto riguarda la maggiore distanza di tempo fra due titoli vinti, più di lei hanno fatto solo Mirjana Lucic e Kimiko Date. I tornei di Lucic datano aprile 1998 (Bol) e settembre 2014 (Quebec City): distanza di 16 anni e 5 mesi. Quelli di Date agosto 1996 (San Diego) e settembre 2009 (Seoul): distanza di 13 anni e 1 mese.

C’è però una differenza tra la vicenda di Cirstea e le due precedenti. Kimiko e Mirjana avevano smesso di giocare a tennis per diversi anni, prima di tornare a competere e a vincere. Invece Sorana non si è mai ritirata, ma ha “semplicemente” sviluppato una carriera con un vuoto di successi lungo più di una dozzina d’anni. Mai accaduto prima. La storia di Cirstea dimostra una volta ancora, se mai ce ne fosse bisogno, quanto sia difficile prevedere il futuro di una giocatrice. Proviamo a considerare qualche dato.

Cirstea è nata il 7 aprile 1990. Le giocatrici più forti sue coetanee, entrambe del 1990, sono Petra Kvitova (nata l’8 marzo) e Caroline Wozniacki (nata l’11 luglio). Vista la loro età, oggi possiamo cominciare a tratteggiare delle valutazioni attendibili, a maggior ragione per Wozniacki che si è ritirata. Sappiamo che Kvitova e Wozniacki hanno vinto Slam, le WTA Finals, e hanno soggiornato stabilmente per parecchi anni in Top 10. La migliore posizione raggiunta in carriera da Cirstea è invece la numero 21, nell’agosto 2013.

Però se torniamo indietro nel tempo le gerarchie non erano affatto così chiare. Per esempio da junior i migliori risultati erano stati di Wozniacki (best ranking numero 2), ma Cirstea non era stata molto lontana, con un ottimo numero 6 in classifica. Kvitova invece non era andata oltre la posizione 27.

Situazione non troppo dissimile nei primi anni di professionismo. Al via di quella stagione di tredici anni fa, nel gennaio 2008, Wozniacki era numero 64 del ranking, Cirstea numero 107 e Kvitova 152. E l’anno prima, nel 2007, Sorana aveva già raggiunto (anche se perso) una finale WTA, a Budapest. Traguardo che allora era fuori portata per Caroline e Petra.

È nel biennio successivo che Cirstea non riesce a progredire quanto le sue più titolate coetanee. Il picco lo raggiunge nel Premier 5 di Toronto 2013, quando sconfigge una dopo l’altra Savchuk, Wozniacki, Jankovic, Kvitova e Li Na. Non vince il torneo perché in finale trova una delle migliori versioni di Serena Williams (che qualche settimana dopo avrebbe vinto lo US Open), che le lascia solo due game. La finale di Toronto, come detto, permette a Sorana di raggiungere la più alta posizione in carriera, e riapre le speranze di progressi non impossibili, viste le ottime premesse di qualche anno prima.

Invece nel 2014 cominciano ad affiorare problemi alla spalla, che condizionano a lungo il suo rendimento. Può giocare poco e male, e non passa molto che si ritrova fuori dalle prime cento del mondo. Dopo oltre un anno senza risultati è virtualmente dispersa per il tennis di vertice, tanto che avevo scritto di lei nel marzo 2015, in un articolo che cercava di ricostruire le vicende di alcune tenniste in profonda crisi (“Smarrite, ritrovate e disperse. La dura legge della WTA“). Faccio qualche nome: Jamie Hampton, Laura Robson, Aravane Rezai, Tamira Paszek, Shaar Peer, Vera Zvonareva… Se escludiamo Zvonareva (ritirata e poi rientrata) l’unica che è davvero riuscita a tornare con continuità nel circuito WTA è stata proprio Sorana Cirstea.

Ma la risalita è stata molto complicata, tanto che nel 2016 era scesa sino al numero 243. Il rientro in Top 50 avviene nel 2017 e da allora Sorana ha disputato discrete stagioni, senza però imprese davvero memorabili: una finale raggiunta, e persa, lo scorso anno ancora a Tashkent (sconfitta da Alison Van Uytvanck). Naturalmente è presto per stilare un bilancio definitivo della carriera di Cirstea, visto che è in piena attività. E ricordo per esempio che Flavia Pennetta ha vinto a Indian Wells a 32 anni e lo US Open a 33.

Concludo l’excursus nel passato con un ultimo dato: a Tashkent 2008 l’avversaria sconfitta in finale da Cirstea per 2-6 6-4 7-6(4) era Sabine Lisicki. E su Lisicki mi fermo qui, perché parlando di Sabine si dovrebbe aprire un altro capitolo sui problemi fisici e gli infortuni ancora più lungo rispetto a quelli di Sorana. Di infortunio in infortunio: a volte la vita di una tennista in WTA può significare soprattutto questo.

P.S. Vista la programmazione del torneo di Madrid, che si svolge a cavallo di due settimane, questa rubrica non uscirà martedì prossimo. Ci ritroviamo martedì 11 maggio.

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