Evoluzione delle calzature da tennis

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Evoluzione delle calzature da tennis

Come scegliere la scarpa più adatta al proprio fisico? Si può giocare a tennis a piedi nudi? Oggi rispondiamo a questa e altre domande, con un occhio al futuro: è possibile creare scarpe biodegradabili?

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Le nuove scarpe di Roger Federer (On)
 

Abbiamo visto come gli infortuni agli arti inferiori siano i più comuni tra i tennisti. Tra questi, le lesioni ai piedi tendono a manifestarsi con maggior frequenza solo dopo gli infortuni a caviglie e alle ginocchia. Quindi solo questo punto sposta la questione su quali criteri un tennista debba adottare per scegliere la scarpa da tennis corretta, essendo gli appoggi alla superficie estremamente importanti.

Le variabili che dovrebbero presiedere la corretta scelta di una calzatura da tennis, al di là della marca e del prezzo, dovrebbero essere le seguenti:

  • Il peso di un tennista, poiché un individuo che pesa 85-90kg eserciterà una forza con gli arti inferiori tale da richiedere una suola di uno spessore più adeguato rispetto a un tennista peso piuma. Va considerato che il peso complessivo delle calzature è un fattore chiave che agevola la corsa e riduce la fatica, come chiaramente dimostrato in laboratorio. Negli ultimi anni, sono stati pertanto compiuti passi significativi nella riduzione del peso delle calzature sportive, specialmente nel tennis professionistico, sacrificando la stabilità a favore di velocità e flessibilità.
  • La postura dei piedi, analizzabile mediante l’impronta dei piedi. Non tutti lasciamo la stessa orma, tendendo a spingere più o meno su certi punti. Esistono pertanto tre categorie che sono quella neutra, che non prevede nessun accento di rotazione del piede, quella del pronatore, che porta ad una rotazione interna del piede, e quella del supinatore, che, al contrario, porta il piede a ruotare verso l’esterno. Tutto ciò, nel caso di una scarpa non adatta alla propria tipologia di appoggio, porta non solo a dolori ma anche alla repentina usura della calzatura, con prestazioni non adeguate.
Tipologie di impronte dei piedi. Fonte: Tennistaste.com
  • Il terzo aspetto è correlato alla vestibilità della scarpa, intesa come comodità nel fare alloggiare i propri piedi all’interno della tomaia e facilità nell’allacciare la calzatura. Pur senza entrare in ambito specialistico, si può dire che una buona scarpa da tennis dovrebbe assicurarsi che il tallone sia saldamente tenuto nella parte posteriore, supportare ma non limitare gli angoli estremi della caviglia, fissare l’avampiede tenendolo saldamente intorno all’articolazione del piede e garantire uno spazio adeguato alle dita del piede.
  • Il quarto aspetto è legato alla aderenza della suola della scarpa sulla superficie di gioco: terra battuta, cemento (“All Court”) o più raramente erba. Normalmente l’impostazione delle scarpe “All Court” le rende più sensibili nella zona anteriore e in quella più bassa, mentre le versioni per terra battuta tendono ad essere più “sedute” sul tallone, con la conseguenza che le scarpe da gioco per terreni duri tendono a essere generalmente più reattive.

È auspicabile una scarpa che contribuisca alla “propriocezione” del giocatore (consapevolezza della posizione e del movimento di parti del corpo, inclusi piede e caviglia) e alla miglior sensazione individuale possibile della superficie del campo. I giocatori devono essere in grado di sentire quanto possono spingere sé stessi senza il rischio di lesioni – Novak Djokovic ha una sensazione così buona per una superficie di campo che può forzare una scivolata, anche su una superficie di cemento.

È POSSIBILE GIOCARE A TENNIS SCALZI?

Se già esiste una comunità di “runners” scalzisti, perché non dovrebbe essere possibile praticare tennis scalzi? Foot Doctor Zach, un podologo che ha un canale YouTube dedicato alla prova di scarpe da tennis e all’esplorazione degli effetti podologici di queste ultime, ha analizzato la questione in profondità. Nel suo blog viene osservato che la pelle sottostante la pianta del piede è il tessuto più spesso del nostro corpo e al microscopio si presenta formata da squame che hanno la funzione di proteggere il piede. Tuttavia, a coefficienti di frizione maggiori esercitati sui propri piedi corrisponde una maggior pressione esercitata sulle “squame” che compongono la pelle dei piedi – tale pressione si traduce in vesciche e lacerazioni. Per questa ragione i corridori a piedi nudi si appoggiano sulle punte dei piedi e non calcano mai la superficie con l’intera pianta, dando il tempo alle cellule della pianta dei piedi di rigenerarsi.

L’esperimento condotto da Zach mostra che dopo circa 15 minuti il nostro podologo ha accusato stanchezza ai piedi, con i colpi che sono risultati via via meno efficaci. Tuttavia, la conclusione da lui raggiunta è che i muscoli dei piedi, pur essendo deboli, danno delle eccellenti sensazioni tattili, dato che la connessione con la superficie di gioco è molto forte, generando un notevole feelingdi controllo dei movimenti. Per cui in ultima analisi il nostro podologo pone sotto accusa le scarpe da tennis moderne, ree di mettere troppa gomma piuma nella suola, in modo tale da ostacolare le sensazioni tattili di connessione alla superficie che si provano a livelli massimi quando si gioca a piedi nudi. Pertanto il suo consiglio è di giocare scalzi per 10-15 minuti per essere coscienti delle sensazioni positive di come si muove la muscolatura dei piedi, e poi tornare a indossare le scarpe da tennis. Novak Djokovic sembra avere parzialmente ascoltato Foot Doctor Zach, dato che sovente svolge sessioni defaticanti a piedi nudi sull’erba o sulla terra.

TIPI DI SUOLA

Ad oggi esistono diversi tipi di battistrada commercializzati per le diverse superfici: suole lisce per giocare su moquette indoor, battistrada puntinato per campi in erba e erba artificiale, e battistrada intricati poco profondi per campi in cemento e in terra battuta. Il modello classico è il motivo a zig-zag o spina di pesce poco profondo, ma vengono utilizzati anche molti altri disegni. Le suole possono anche incorporare piccole isole di design circolare nel battistrada per creare punti di articolazione in cui l’attrito torsionale o rotazionale è ridotto per facilitare la torsione, riducendo così le sollecitazioni torsionali sulla parte inferiore della gamba.

La maggior parte delle scarpe da tennis per campi in cemento ha un motivo a spina di pesce modificato che garantisce l’aderenza di cui si ha bisogno su superfici dure. Inoltre, queste scarpe di solito hanno una buona ammortizzazione, un’intersuola con cui ottenere un’impronta più energica, e materiali che assorbono l’impatto. La parte superiore della scarpa è solitamente più dura al fine di garantire maggiore supporto e durata, mentre la parte anteriore verso la punta è generalmente rinforzata, poiché la superficie dura può danneggiare notevolmente la scarpa.

Le scarpe da tennis per campi in terra battuta hanno un motivo a spina di pesce (zig-zag) su tutta la suola, che assicura l’aderenza su superfici scivolose. Questo tipo di disegno non consente allo sporco di penetrare nella suola e offre una migliore trazione quando si inizia a muoversi, fermarsi o cambiare direzione. Se capita che la terra penetri nelle scanalature della suola, basta dare un leggero tocco con la racchetta ai lati della scarpa per espellerla, un gesto comunemente eseguito da tennisti e tenniste del circuito professionistico.

Come la terra battuta, l’erba è una superficie molto meno aggressiva per il corpo e le articolazioni rispetto ai campi in cemento duro. Non c’è una vasta gamma di scarpe da erba, ma l’aspetto chiave per il gioco su questa superficie è la velocità negli spostamenti. La suola delle scarpe da tennis si compone di punti o piccoli tacchetti, al fine di attutire la scivolosità insita nella superficie. Nonostante la suola sia ruvida, non danneggia il campo e consente ai giocatori di eseguire movimenti veloci e comodi, proprio come richiede questa tipologia di tennis. Infine, ricordiamo che su moquette indoor si usano suole completamente lisce.

Principali tipologie di suola. Fonte: Tenniswarehouse-europe.com

A livello di metriche per quantificare il gioco di piedi, segnaliamo la soluzione proposta da IBM, nata da un accordo di collaborazione siglato con la USTAIBM concretamente raccoglie i dati posizionali dal sistema di tracciamento Hawk-Eye, generati durante lo US Open, per quantificare la velocità con cui un giocatore cambia direzione. La nuova metrica escogitata da IBM si chiama “redirect steps” o “red steps”. Queste informazioni possono guidare sia le tattiche che le decisioni di allenamento e, in futuro, potranno crescere fino a includere i dati di allenamento da dispositivi indossabili come le solette intelligenti che USTA offre ai giocatori – plantari con piastra rigida adattabili alle calzature da tennis.

STORIA DELLA SCARPA DA TENNIS

Il primo paio di scarpe da tennis aveva la tomaia in tela e la suola in gomma. Progettate e prodotte all’inizio del XIX secolo, queste scarpe erano destinate alla marina britannica per agevolare gli spostamenti su ponti scivolosi. Quando queste scarpe uscirono sul mercato nel 1892 erano conosciute come plimsolls o scarpe da ginnastica. Venne poi dato loro il nome di sneakers perché non emettevano alcun suono. In quell’epoca i ricchi aristocratici iniziarono quindi a indossare queste calzature per praticare gli sport più popolari dell’epoca, ovvero il tennis e il cricket, entrambi disputati su erba. Nella seconda decade del ‘900 nacquero negli Stati Uniti marche come Keds e successivamente Converse, che raggiungerà la notorietà per la sua iconica All-Star nel 1917. Adidas lanciò la sua versione nel 1931, introducendo nel 1930 la pelle per la tomaia invece della tela, ma non per il tennis. Tuttavia, con l’eccezione di sporadici cambi si può senza dubbio dire che il design della scarpa da tennis sia rimasto inalterato fino alla fine degli anni ’60. In quel periodo infatti molti designer iniziarono a migliorare lo standard delle scarpe da ginnastica attraverso la sperimentazione. Uno dei designer più importanti di quel periodo fu Bill Bowerman, che era anche l’allenatore della University of Oregon. Progettò una scarpa da tennis che fosse leggera utilizzando il nylon invece della tela per offrire al giocatore una maggiore trazione, così da creare una scarpa con una suola interna morbida per dare maggiore comfort al corridore. Grazie a questi miglioramenti, Bill fondò un’azienda che oggi è conosciuta come Nike, affibiandole  il nome della dea greca della vittoria. Nello stesso periodo aziende come Puma e Adidas iniziarono a sviluppare la loro versione migliorata della scarpa da tennis in base alle esigenze del giocatore.

SCARPE E SPONSORIZZAZIONI

A partire dagli anni ‘70, ovvero dall’Era Open, storiche sponsorizzazioni hanno caratterizzato le carriere dei tennisti – in quegli anni, Adidas aveva come testimonial Stan Smith (con le sue iconiche scarpe), Rod Laver e Ilie Nastase. A detta dello stesso Smith, “all’epoca Adidas era l’unica scarpa con tomaia in pelle, risultando piuttosto unica per il mondo del tennis. Mi ci è voluto un po’ di tempo per abituarmi, ma alla fine erano abbastanza comode” – Ubitennis ha intervistato recentemente Stan Smith, e l’intervista è disponibile a questo link. Altre celebri sponsorizzazioni sono state le Nike di John McEnroe, le Adidas di Stefan Edberg, o ancora le Nike di Andre Agassi e Pete Sampras. Lo stesso Sampras ha confessato che i modelli che indossava al tempo si possono ancora indossare.

Altre volte, però, i contratti di sponsorizzazione delle calzature sportive sono finiti in tribunale. È il caso della vertenza tra Sergio Tacchini e Martina Hingis, con l’azienda rea, secondo la Svizzera di averle fornito una scarpa difettosa che ha contribuito a far concludere anzitempo la sua carriera sportiva.

FUTURI SVILUPPI ALL’INSEGNA DELL’ECOLOGIA

Considerando i sempre più stringenti vincoli posti dalla transizione ecologica e volti alla salvaguardia del pianeta, proviamo ad ipotizzare tre scenari di sviluppo futuro per le scarpe da tennis.

  •  Scarpe biodegradabili

Il primo prevede la creazione di scarpe biodegradabili almeno al 70 percento. Biodegradabilità significa che le scarpe (tracce secondo me) lasciate a contatto con la terra si decompongono per mezzo dell’azione di microrganismi che rompono i legami chimici nelle molecole del materiale, creando diverse molecole come anidride carbonica, acqua e altre funzionali all’ambiente, dato che in questo caso bisognerebbe parlare di oggetti compostabili. Materiali come le bioplastiche, del tutto simili alle plastiche per caratteristiche fisiche, aspetto e tatto, possono essere biodegradabili proprio perché si degradano in determinate condizioni, senza necessariamente trasformarsi in acqua, aria e biomassa, ma rompendosi in pezzi più piccoli di plastica e a volte in sostanze chimiche tossiche.

Altro caso è considerare materiali compostabili che fondamentalmente si pongono nel terreno che si acquista per mettere in un vaso al fine di far crescere una piccola pianta in casa. La scarpa biodegradabile secondo D’Wayne Edwards, designer di calzature sportive, potrebbe aprire la strada verso il suo sogno personale di una calzatura futuristica che consiste in un materiale liquido in cui immergere i piedi ogni giorno quando si esce di casa, modellando perfettamente il piede. Poi, al ritorno a casa, si tratterebbe di immergere nuovamente i piedi in un’altra cosa che rompe la “scarpa”, riciclandola e preparandola per il giorno successivo. Anche se l’idea resta al momento un’ipotesi, ricordiamo che soluzioni similari sono state lanciate per ridurre il consumo delle bottiglie di plastica attraverso un contenitore chiamato Ooho, che non è altro che una membrana commestibile, insapore e biodegradabile a base di alghe che può essere utilizzata per contenere acqua e altri liquidi in una piccola “bolla”.

Ecco l’unico dubbio personale di chi scrive, collegato alla produzione di scarpe compostabili riguarda la loro durata nel tempo e la resistenza agli agenti atmosferici. Conciliare compostabilità e lunga durata di un prodotto di massa potrebbe costituire un’impresa difficile e bisognerebbe ragionare forse sulla percentuale di biodegradabilità dell’oggetto. Già nel 2017 Reebok, appartenente al gruppo Adidas, annunciò di voler creare una scarpa al cento per cento compostabile, dopo aver lanciato una scarpa fatta di mais e cotone trattati, ma comunque costruita senza l’ausilio di materiali derivati dal petrolio. Bill McInnis, capo del dipartimeno di ricerca e sviluppo di Reebok, a capo dell’iniziativa “Cotton + Corn”, assicura che calzatura è biodegradabile al 100%, dato che sia la tomaia che la suola sono organiche e compostabili, assicurando tuttavia che il prodotto avrà una durata simile a tutte le altre scarpe in circolazione, essendo stato sottoposto ai rigidi standard della casa.

  • Riciclaggio e reimpiego di materiali non biodegradabili

Il video di cui sotto, illustra l’iniziativa di Adidas, in collaborazione con la ONG Parley for the Oceans, volta a riutilizzare la plastica in eccesso negli oceani, al fine di reimpiegarla, dopo un opportuno processo produttivo di separazione, nella fabbricazione di scarpe sportive, dando vita a un ciclo produttivo virtuoso.  L’obiettivo ambizioso dell’azienda tedesca è, entro il 2024, di sostituire il poliestere industriale con poliestere che proviene da plastica riciclata nell’ambito del processo produttivo.

Dominic Thiem, testimonial della nota casa tedesca, ha già ampiamente sposato questa causa, come temimoniava Kleinezeitung nel 2019 e più recentemente L’ Équipe in un articolo pubblicato a fine 2020. Anche Nike si sta muovendo sulla stessa linea per mezzo del programma “Nike Grind”, che utilizza scarpe vecchie per crearne di nuove. In particolare, l’azienda statunitense dichiara che per mezzo della tecnologia Flyknit produce il 60% in meno di rifiuti rispetto ai metodi di costruzione tradizionali, riducendone l’ammontare di quasi 3,5 milioni di libbre di rifiuti dal 2012.

  •  Combinazione di scarpe biodegradabili con riciclaggio e riduzione dei consumi

Il terzo scenario potrebbe essere quello più probabile, dato che prevedrebbe la coesistenza di scarpe biodegradabili e di altre costruite con materiali riciclabili, come ad esempio il poliestere. Le scarpe biodegradabili, in quanto dotate di durata inferiore, dovrebbero avere prezzi più bassi rispetto alle altre, anche se appare difficile fare previsioni sull’evoluzione del prezzo di mercato di queste due linee. La finalità ultima di allentare i consumi di sneakers risulterebbe attuabile mediante l’uso di materiali riciclabili, mentre l’impatto zero a livello ambientale dovrebbe essere perseguito attraverso i consumi di scarpe eco-sostenibili e compostabili.

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