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Al femminile

La conferma di Ashleigh Barty

Al via dei Championships c’era una giocatrice che partiva come numero uno per i pronostici ma anche per le gerarchie ufficiali. E questa volta è stata all’altezza delle aspettative

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Ashleigh Barty con il trofeo - Wimbledon 2021 (credit to AELTC_Thomas Lovelock)
 

Il derby australiano del martedì è stato probabilmente il turno più facile dell’intero Wimbledon di Barty, che se l’è cavata in poco più di un’ora: 6-1, 6-3. Già in partenza si ipotizzava un certo divario tecnico, ma in più gli organizzatori hanno combinato un mezzo pasticcio nel definire il calendario del lunedì, un pasticcio che ha finito per penalizzare Tomljanovic.

Apro una parentesi sulla questione. Quando ho scoperto che il match tra Barty e Krejcikova era stato programmato per primo sul Court 1, mentre quello fra Raducanu e Tomljanovic per ultimo sullo stesso campo, non ci potevo credere. Infatti le vincenti dei due match si sarebbero dovute incontrare il giorno dopo (a Wimbledon fra ottavi e quarti femminili non è previsto il giorno di riposo), e quindi lo avrebbero fatto con un tempo di recupero molto differente. Fra l’altro c’era il rischio che a risultare penalizzata fosse proprio l’unica inglese rimasta in tabellone. Davvero sorprendente.

In più le cose si sono messe al peggio quando Raducanu e Tomljanovic hanno passato la giornata sempre più “in cottura”, nell’attesa che si concludesse non solo il match di Barty ma anche quello tra Auger-Aliassime e Zverev. Match che è andato al quinto set, finendo per superare le 4 ore totali. Risultato: quando Ajla ed Emma sono scese in campo, erano ormai le otto di sera (ora locale), e la più giovane ha pagato lo stress con una crisi che l’ha portata al ritiro.

Ultima nota per chiudere la vicenda. Il giorno dopo gli organizzatori di Wimbledon hanno inviato a tutti i giornalisti accreditati un comunicato in cui, senza fare un riferimento specifico, si spiegava che il calendario quotidiano è concepito per fare fronte a svariate esigenze, etc etc. Verrebbe da dire: excusatio non petita

Sia chiaro: racconto tutto questo senza voler sminuire il successo di Barty, che nel corso del torneo ha dimostrato il suo valore al di là di ogni dubbio. Superata Tomljanovic, tra Barty e il titolo rimanevano due soli ostacoli. Quello della semifinale era rappresentato da Angelique Kerber, due volte finalista a Wimbledon (2016, 2018), con il titolo conquistato alla seconda occasione.

Contro Kerber, Barty è riuscita a prevalere in due set: 6-3, 7-6. Ho già scritto qualche giorno fa del match, qui sintetizzo i concetti tecnico-tattici. Tutto sommato rimango convinto che in questo momento Kerber rappresenti una avversaria quasi ideale per Barty, perché involontariamente tende a valorizzare le sue qualità. Infatti Ash sbaglia poco anche se lo scambio si allunga e quindi Angie non può accontentarsi di una condotta puramente difensiva. D’altra parte se Kerber cerca di prendere in mano l’iniziativa ha il problema di non riuscire a sfondare, perché le sue migliori armi offensive (dritto lungolinea e rovescio incrociato) finiscono per scontrarsi sul dritto avversario, che è esattamente il punto forte del gioco di Barty.

Del match va anche ricordato che Kerber ha servito per il secondo set sul 5-3, ma a quel punto Ash ha alzato il livello finendo poi per vincere il tiebreak quasi di slancio (si è trovata avanti 6-0). Da sottolineare il saldo vincenti / errori non forzati di Barty: +22 (38/16). In conferenza stampa Ash ha così descritto il match: “È stato una partita di grande livello e io ho giocato molto bene, come non mi capitava da parecchio tempo. Angie è una agonista incredibile e oggi ha tirato fuori il meglio di me”.

E così siamo arrivati alla finale tra Barty e Pliskova. Due giocatrici con un aspetto in comune: entrambe in passato avevano dimostrato di sapersi esprimere bene sull’erba, eppure a Wimbledon prima del 2021 non erano mai riuscite ad andare oltre il quarto turno. La partita ha avuto un avvio choc: 14 punti consecutivi di Barty, che ha sfoderato colpi vicini alla perfezione (perfino due vincenti in rovescio topspin), mentre Pliskova, al contrario, sembrava in difficoltà anche con la sua arma migliore: il servizio.

In pochi minuti ci si è trovati sul 4-0, e a quel punto sulla partita ha aleggiato lo spettro della recente finale di Roma, persa da Pliskova 0-6, 0-6 contro Iga Swiatek. La stessa Pliskova, nella conferenza stampa dopo il match, ha confessato di averci pensato.

Proprio per la vicinanza del precedente, credo che Karolina sia stata doppiamente ammirevole nella capacità di rimboccarsi le maniche e tornare a poco a poco in corsa. In parte è stata anche aiutata da un passaggio a vuoto di Barty, che dopo l’avvio perfetto ha cominciato a sbagliare qualcosa, e in questo modo si è sviluppata una fase di match molto più equilibrata.

Il maggiore equilibrio del secondo set (un break per parte) sembrava essersi definitivamente rotto quando sul 5-5 Barty ha di nuovo ottenuto il break, e con quello anche la possibilità di servire per il titolo. E invece (come già accaduto nei turni precedenti contro Suarez Navarro e contro Siniakvova), Ash non è riuscita a chiudere, subendo il controbreak. Si è così vissuto il déjà-vu del primo turno contro Carla, con l’avversaria in rimonta che vince il tiebreak pareggiando i conti.

Direi però che va sottolineata una differenza tra la partita di primo turno e la finale. Mentre contro Suarez Navarro non avevo mai avuto l’impressione che il match potesse davvero girare, quando Pliskova ha vinto il secondo set, la mia sensazione è stata che tutto fosse possibile. Anche perché nel tiebreak due nastri avevano favorito Karolina, e non si poteva sapere se avrebbero finito per pesare non solo sulla economia del punteggio, ma anche sul morale di Ashleigh.

Invece Barty è ripartita molto concentrata, ha strappato il servizio alla prima occasione utile e conservato il piccolo di vantaggio sino alla fine, concedendo una sola palla break proprio nell’ultimo game: una occasione che Pliskova ha mancato spedendo largo un rovescio incrociato non impossibile. Risultato finale: 6-3, 6-7, 6-3.

Ho scritto qualche giorno fa delle difficoltà al servizio che hanno in parte condizionato Pliskova nel match. Qui vorrei ricordare un paio di aspetti tecnici di Barty che sono emersi durante la finale e che potrebbero risultare utili per delineare meglio le sue caratteristiche di giocatrice in senso generale.

a pagina 5: Cosa ci ha detto di Barty la finale di Wimbledon?

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