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Al femminile

La conferma di Ashleigh Barty

Al via dei Championships c’era una giocatrice che partiva come numero uno per i pronostici ma anche per le gerarchie ufficiali. E questa volta è stata all’altezza delle aspettative

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Ashleigh Barty con il trofeo - Wimbledon 2021 (credit to AELTC_Thomas Lovelock)
 

Forse sbaglio, ma sono portato a credere che una partita come la finale di Wimbledon, con il grande carico di stress che comporta, possa aiutarci a capire quali sono le caratteristiche più profonde di una giocatrice. Per esempio quali sono i colpi più sicuri e quali i meno solidi, e quali sono le scelte che è portata a compiere nei frangenti più tesi dei match.

Cominciamo da un aspetto negativo. Dovessi trovare un appunto da fare ad Ashleigh comincerei da questo: in finale mi è sembrata insolitamente parca nell’utilizzo del dritto a uscire; non tanto come soluzione per chiudere il punto su palle facilmente attaccabili, quanto come soluzione di manovra per allargare il campo. E ricordiamoci che aveva di fronte una avversaria come Pliskova che ha nella mobilità il punto debole.

Diverse volte ho visto Barty optare per parabole centrali invece che ricorrere a cambi di direzione più marcati, che a mio avviso avrebbero destabilizzato Karolina, spostando in modo quasi definitivo l’inerzia dello scambio. Certo, cambiare completamente direzione alla palla è sempre un rischio in più, ma ero convinto che Barty si sentisse molto sicura con qualsiasi colpo del dritto, anche i più complicati tecnicamente. Attenzione però: non è detto che la mia analisi sia corretta, potrebbe invece trattarsi di una precisa scelta tattica che ho interpretato male.

Veniamo invece a un aspetto positivo che mi ha lasciato davvero ammirato: la capacità di cambiare completamente direzione e parabola fra la prima e la seconda di servizio. Premessa: quando si sbaglia una battuta, una soluzione prudente sulla seconda è quella di riproporre lo stesso genere di parabola con gli aggiustamenti commisurati al tipo di errore appena compiuto. Vale a dire: se si è tirato in rete, ripetere il colpo alzando leggermente la parabola; o invece abbassandola se la palla è finita lunga.

Invece Barty ha dimostrato di non avere alcun limite sulla seconda, per esempio facendo seguire a una prima sbagliata al centro, una seconda a uscire; o viceversa. E questo non ha comportato un aumento dei doppi falli. Se si mantiene questo atteggiamento anche durante la finale di Wimbledon, sono portato a pensare che nella esecuzione del servizio possieda davvero una grande sicurezza. Non solo quando deve cercare una prima vincente, ma soprattutto quando deve gestire la pressione sulla seconda. E ricordo che un vecchio adagio del tennis dice che il valore di un giocatore è strettamente legato al valore della sua seconda di servizio.

Con il successo nei Championships Barty ha ripetuto una impresa che non accadeva da quindici anni, cioè dal 2006. Risale infatti ad Amelie Mauresmo il caso di una giocatrice capace di conquistare a Wimbledon sia il torneo junior che quello delle adulte. Mauresmo aveva vinto fra le ragazze nel 1996, e dieci anni dopo tra le adulte. Barty aveva vinto tra le ragazze nel 2011 (ad appena quindici anni) e ha conquistato il titolo delle adulte anche lei dieci anni dopo, nel 2021.

Non solo, come ho ricordato all’inizio, grazie a questo successo oggi Barty vanta nel proprio palmarès entrambi gli Slam europei, che si disputano su terra ed erba. Per una giocatrice australiana affrontare la stagione europea significa rimane lontana da casa diversi mesi di fila, a causa della durata del viaggio e dei problemi di assorbimento del fuso orario che un ritorno in patria comporterebbe. Questo aspetto non è così secondario, in particolare per Ashleigh, dato che uno dei motivi del suo temporaneo ritiro dal tennis (per un paio di anni aveva deciso di dedicarsi al cricket) stava proprio nella difficoltà a sopportare le lunghe trasferte, lontana da casa e dalla famiglia. Lei stessa aveva raccontato che in occasione del successo a Wimbledon junior aveva rinunciato al party di fine torneo per poter partire il prima possibile alla volta della Australia: era troppo forte la nostalgia di casa.

Infine, tornando alle superfici, e alla accoppiata terra + erba, a questo punto si apre anche una questione tecnica. Barty saprà allargare il palmarès Slam vincendo anche sul cemento? A mio avviso sul piano tennistico non ha particolari limiti che le impediscano di esprimersi ad altissimi livelli anche sul duro. Del resto sul cemento ha già vinto importanti tornei WTA, incluse le Finals 2019.

Rimane però il dubbio che sul cemento ci sia, almeno in questa fase della WTA, una concorrenza più agguerrita (penso innanzitutto a Naomi Osaka e, se sta bene, anche a Bianca Andreescu). Tanto che verrebbe da dire che se si potessero unire in una unica giocatrice i rendimenti sulle diverse superfici di Osaka e Barty ci ritroveremmo con una potenziale dominatrice delle prossime stagioni. D’altra parte perderemmo la possibilità di scoprire come le migliori giocatrici attuali cercheranno di diventare più complete sul piano tecnico, in modo da provare a vincere ovunque.

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