ATP Roma, Vagnozzi: "Alcaraz è più precoce, ma questo non significa che Jannik non possa diventare più forte"

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ATP Roma, Vagnozzi: “Alcaraz è più precoce, ma questo non significa che Jannik non possa diventare più forte”

Il 38enne marchigiano ha proseguito: “Sinner? Un’occasione importantissima per la mia carriera. Più hai un giocatore di talento a disposizione, maggiori sono le responsabilità”

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Simone Vagnozzi - Montecarlo 2022 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Dopo l’allievo tocca al maestro. Si presenta infatti in sala stampa, poco dopo il suo pupillo, per la conferenza pre-torneo nel giorno del Media Day, Simone Vagnozzi. Di rado è possibile ascoltare gli allenatori in conferenza stampa – è successo qualche settimana fa con Apostolos Tsitsipas dopo che il figlio si è laureato campione del Principato per la seconda volta – ma quando accade gli spunti di riflessione che ne scaturiscono sono sempre innumerevoli. Il 38enne coach marchigiano, nonostante abbia intrapreso la carriera di allenatore da soli sei anni – dopo un’onesta attività da professionista, che lo ha portato ad issarsi fino alla posizione n. 161 in singolare e soprattutto sino alla n. 74 in doppio. Entrambi i best ranking sono giunti nel 2011 – e dunque a discapito anche del fatto che essa sia ancora agli albori, si è già tolto diverse soddisfazioni pur avendo poca esperienza. E’ stato infatti in grado di affermarsi come uno dei migliori coach emergenti del panorama italiano e non solo; grazie alle collaborazioni con Marco Cecchinato prima e con il conterraneo Stefano Travaglia – con Vagno nel box, ha raggiunto il best ranking di n. 60 – poi. Con il siciliano ha toccato vette impensabili ed immaginabili, contribuendo a portare il palermitano fino al 16esimo posto della classifica mondiale e soprattutto affiancandolo in quella magica cavalcata dell’estate di cinque anni fa. La semifinale del Roland Garros 2018 di Ceck fu l’inizio del Rinascimento tennistico del Bel Paese, e Vagnozzi ha messo il suo mattoncino nel ridare una vita splendente al nostro movimento. Ora il giovane coach azzurro, è salito nuovamente in sella – tre mesi fa, il primo appuntamento della sua nuova esperienza professionale è stato l’ATP 500 di Dubai – con l’obbiettivo di far trottare magnificamente verso mete sconosciute e improbe il diamante cristallino, ma ancora da sgrezzare totalmente, che si ritrova tra le mani.

IL CONFRONTO CON PIATTI – La prima domanda è di Cristian Mattei, del Corriere dello Sport; che vuole sapere dal coach di Sinner quale clima ha trovato al Foro Italico, quali sono le aspettative per la settimana e quali sensazioni si sono sprigionate, in lui e nel suo allievo, nell’approcciare al primo torneo di Roma assieme. Inoltre chiede anche al 38enne di Ascoli, se è infastidito dai continui e ridondanti confronti con Piatti. L’ex n. 161 del mondo proprio su questa seconda sollecitazione, dichiara che c’è un’ovvia differenza di esperienza e che chiaramente lui non avrebbe mai potuto ottenere in soli sei anni di attività da coach quello che l’allenatore lombardo ha raccolto nella sua oltre trentennale carriera: “Siamo molto contenti di essere qua, c’è una grande euforia su Jannik. I tifosi sono molto felici di vederlo. C’è un clima, secondo me, ottimo e sicuramente il pubblico lo aiuterà a rendere al meglio. Per quanto riguarda invece i paragoni tra me e Riccardo, penso che lui sia il miglior coach che abbiamo in Italia a livello di risultati. Io sicuramente non mi posso confrontare con lui. Ho anche meno anni di carriera rispetto a lui. Ho iniziato questa carriera da sei anni e penso che in questo periodo sia riuscito ad ottenere ottimi risultati come allenatore. Sicuramente, però non avrei potuto fare fin qui, tutto quello che ha fatto Riccardo in tutti questi anni. Adesso ho iniziato questa avventura con Jannik, con il massimo rispetto per quello che ha fatto Riccardo prima e cercando di aggiungere qualcosa di mio. Naturalmente in soli 3 mesi è difficile poter già fare dei paragoni con quello che c’è stato prima”.

GLI INFORTUNI HANNO LIMITATO I PRIMI MESI DI COLLABORAZIONE – Poi ci si sposta sul vero lavoro da campo, concentrandosi su quali siano stati gli aspetti più facilmente migliorabili e quelli sui quali invece, l’ex coach di Cecchinato, ha trovato maggiore difficoltà nell’inculcare un certo cambiamento, nei primi tre mesi di collaborazione con Jan. Simone si dimostra veramente contento e soddisfatto del suo pupillo, soprattutto a livello mentale, e riscontra degli ostacoli in questa prima fase del loro lavoro assieme solamente negli impedimenti fisici che hanno colpito il n. 2 d’Italia nel periodo in questione: “La cosa più facile sicuramente per me è stata che Jannik va in campo e gioca sempre per vincere sia se non è in forma fisica, sia non è in forma tennistica. Quindi per un allenatore sapere che il proprio giocatore va in campo e dà in ogni caso il 100% è qualcosa di speciale. Poi per quanto riguarda le cose complicate, non penso ce ne siano state. Semplicemente c’è stata un po’ di sfortuna fino adesso, perché lavoriamo da poco tempo e in questo poco tempo ci sono stati dei problemi come l’influenza, le vesciche. Proprio in merito a quest’ultime, abbiamo cercato di risolvere e adesso va meglio. Poi lui veniva anche dal Covid e penso che quella sia stata la cosa più complicata. Ma penso che siamo sulla strada giusta. Riguardo la lotta scudetto, io gli dico sempre ormai lo avete vinto (ridendo), quindi fai quello che ti pare. Stasera magari la guardiamo insieme la partita.

LE RESPONSABILITA’ CHE DERIVANO DALL’ ALLENARE UN GRANDE GIOCATORE – In seguito è la volta del direttore di Ubitennis, Ubaldo Scanagatta. Il quale pone l’accento su un tema molto interessante; ovvero sia, se il divario emotivo che si è venuto a creare a livello d’impatto mediatico tra le sensazioni che il giovane coach marchigiano possa aver provato sulla propria pelle quando è stato scelto dall’altoatesino e si è seduto sulla sua panchina, e quelle che adesso possano fargli temere il futuro qualora il suo allievo non rispettasse le pesanti, ingombranti e delle volte – se non quasi sempre – eccessive, aspettative; rispecchi la realtà. Vagnozzi afferma con assoluta serenità di non preoccuparsi di eventuali commenti negativi ai suoi danni e di essere oltre che consapevole, anche molto motivato dall’avere ingenti responsabilità; perché in primis questo fa parte dell’essere allenatore e in secundis ciò vuol dire che ha in mano un grande materiale: “Allora se avessi paura di tutti i commenti negativi, non potrei fare questo mestiere. E’ normale che più hai un giocatore di questo talento e di questa forza, e maggiori sono le responsabilità. Sono assolutamente consapevole di ciò. Per me è sicuramente un’occasione importantissima per la mia carriera di allenatore, quindi spero di aiutarlo. Però in così poco tempo è difficile mettere dentro cose nuove, soprattutto in un periodo di tornei. Come dicevo prima, abbiamo avuto un po’ di sfortuna con gli infortuni, che hanno un po’ limitato sia i tempi di allenamento che il tennis sul campo.

Il direttore ritorna anche su un argomento già trattato nella conferenza di Sinner, quello riguardante i postumi del pesante ko con Auger-Aliassime: “Dalle sconfitte a volte si può imparare di più che dalle vittorie. A Madrid, non per cercare degli alibi, ma abbiamo sfruttato la settimana dopo Montecarlo per allenarci fisicamente più duramente visto che lui dopo il Covid tra i tornei e gli infortuni ha avuto poco tempo per allenarsi. Quindi la condizione fisica non era neanche al 100%. Penso che abbia fatto due buone partite, non essendo al 100% della forma, nelle prime due rimanendo sempre lì. Con Aliassime c’è poco da nascondersi non ha giocato sicuramente bene. Mentre l’altro ha giocato molto bene, in condizioni che a Jannik non piacciono. Anche l’anno scorso ha fatto male a Madrid. Però penso che non sia tutto da buttare, ci sono delle cose che possiamo prendere. Già questa settimana stiamo lavorando su delle cose che abbiamo visto a Madrid”.

QUALE FILOSOFIA SEGUE VAGNOZZI? – All’ex allenatore di Travaglia, viene poi successivamente fatta una domanda molto suggestiva, che però è in realtà più un dilemma irrisolvibile. Normalmente difronte a queste biforcazioni, prendere una direzione o l’altra nasconde sempre delle insidie, ed inevitabilmente la risposta corretta o, in alcuni casi, la verità sta nel mezzo. Anche questa circostanza si rivela non essere dissimile dalla consuetudine. La tematica in questione riguarda la tipologia di coach che Vagno pensa di rappresentare. Quale filosofia predilige fra lavorare sul colpo debole, o migliorare ulteriormente i punti di forza? “Le stiamo provando a fare tutte e due. Io penso che Jannik abbia un tennis molto efficiente, però sicuramente deve completarsi in diverse aree del suo gioco. Quindi magari andando più a rete e mettendo qualche variazione in più ogni tanto. Stiamo cercando, dunque, di completare il suo gioco. Ci vorrà del tempo, ma da allenatore sono molto contento per la sua disponibilità e il suo approccio al lavoro. Non posso chiedere di più perché mi ascolta e sta provando a fare tutto quello che gli chiedo e sono molto felice di questo.

LE TENDENZE DEL FUTURO, ALCARAZ LE PERSONIFICA – Ultime curiosità emerse dalla conferenza in merito all’importanza che rivestono gli allenatori a questo livello e quindi se è possibile quantificare in punti percentuali la loro capacità d’incidere su un giocatore; ed infine quali sono le prospettive del tennis futuro e da quali tendenze tecniche verrà caratterizzato. Alcaraz su tutti sembra personificare il tennis degli anni a venire : “Io devo difendere la mia categoria, quindi gli allenatori bravi penso che siano importanti. Ma a parte questo, ovviamente se non hai un materiale sul quale lavorare è difficile poter fare la differenza. Io penso di averne a disposizione uno dei migliori al mondo e quindi sono fortunato. Riguardo al resto, Alcaraz lo stiamo guardando tutti quello che sta facendo. Quindi non sono io a doverlo lanciare, si è già lanciato da solo. Jannik avrà il suo percorso e penso che sia precoce. Alcaraz è ancora più precoce, però questo non significa che Jannik non possa diventare anche più forte. Ma vedo che si stanno provando a fare più cose, Alcaraz è già completo come giocatore. Gioca la palla corta, viene a rete. Fa seve&volley. Fa tutto. Diciamo che si sta riscoprendo un po’ di varietà, che per un pochino di tempo si era persa. Giocavano tutti quasi uguale, invece adesso sta uscendo un po’ più di varietà.

A chiusura definitiva del dialogo con i giornalisti, il nativo di Ascoli Piceno racconta le motivazioni per le quali il tennista altoatesino lo ha assunto: “No semplicemente ci siamo detti che bisognava lavorare seriamente. Bisogna però avere delle idee, che stiamo cercando di portare avanti. C’è stato un periodo di prova, in cui ci dovevamo conoscere tutti e due. Penso che lui sia felice su come stiamo andando e su cosa stiamo lavorando. Quindi quella è la fase di partenza, adesso da qui in poi vediamo come andrà avanti questo progetto. Ma sicuramente le basi per far bene ci sono tutte”.

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