Matteo Berrettini, l'azzurro degli Slam. Le statistiche, tra lui e Sinner, parlano italiano

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Matteo Berrettini, l’azzurro degli Slam. Le statistiche, tra lui e Sinner, parlano italiano

I grandi numeri danno buoni motivi per sperare al nostro n.2, una certezza nei Major, come pian piano sta diventando anche Jannik Sinner

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Matteo Berrettini, Cincinnati 2022 (foto: twitter @CincyTennis)
 

Oggi, alle ore 18 italiane, come già spesso è accaduto negli ultimi 2 anni, le lancette dell’orologio del tennis italiano si fermeranno. Il perché è quanto di più semplice possa esserci: gioca Matteo Berrettini, al terzo quarto di finale della carriera allo US Open, contro Casper Ruud. Già dall’avversario, leggendo le statistiche, si può respirare un po’: l’azzurro ha giocato in passato 5 quarti di finale Slam, con un record di 3-2. Entrambe le sconfitte portano la firma di Novak Djokovic, in due grandi partite da quattro set al Roland Garros e allo US Open del 2021. Dunque il romano gioca con un avversario decisamente più alla portata, per centrare la sua quarta semifinale Slam, solo una in meno di Nicola Pietrangeli (ma con una carriera ancora tutta in divenire). Inoltre, guardando più avanti, anche il dato delle semifinali può far sorridere, Kyrgios a parte: delle tre giocate, le due perse sono state entrambe con Nadal, a gennaio in Australia, e proprio a New York tre anni fa, la prima. Tradotto: servono i mostri sacri per battere Matteo quando conta, specie da queste parti…quasi sempre.

Il quasi è dovuto più che altro a una fastidiosa statistica, che vede anche due sconfitte evitabili, ma contestualizzate si spiegano. Nel 2018, al primo turno, Berrettini venne sconfitto da Kudla in tre set abbastanza netti, ma quasi un anno prima dell’esplosione ad alti livelli, e contro un avversario che sul veloce ha sempre saputo dire la sua. Nel 2020, da n.6 del tabellone Matteo si arrese al quarto turno (in un remake di quello del 2019 vinto dal romano, una delle 16 vittorie in carriera a New York) ad Andrey Rublev, in piena ascesa verso la top 10, e in un periodo per lui dirompente. Se si vuole trovare un aspetto positivo però di quel torneo del 2020, sempre con le dovute proporzioni, è che Matteo al terzo turno batté proprio Casper Ruud, al tempo n.37 del mondo, in tre set. Quindi 1-0 i precedenti qui a favore del nostro sul norvegese (in totale 3-2 per il n.5 del seeding), che è tra l’altro solo al secondo quarto Slam della carriera, dopo quello di pochi mesi fa al Roland Garros.

Ma abbiamo imparato sempre più come il tennis italiano non si esaurisca al solo Berrettini (che tra l’altro, vincendo oggi, salirebbe al nono posto nella Race, dando un’importante accelerata per il sogno della terza volta alle ATP Finals). Infatti nei quarti di finale, per la seconda volta quest’anno in uno Slam, dopo l’Australian Open, c’è anche Jannik Sinner (al terzo quarto dell’anno, e al Roland Garros stava dominando il quarto turno contro Rublev prima di essere costretto al ritiro), che affronterà Carlos Alcaraz. Jannik è anche il più giovane a raggiungere i quarti in tutti i tornei del Grande Slam da Novak Djokovic nel 2007-2008.

Per 49 anni, mai due azzurri avevano ricalcato i passi di Panatta e Bertolucci, entrambi ai quarti al Roland Garros del 1973, situazione mai più rivista fino a pochi mesi fa, con i nuovi volti del tennis azzurro. A Melbourne solo Berrettini ce la fece, contro Monfils, mentre Sinner si arrese a Tsitsipas. Se tra oggi e domani entrambi dovessero cogliere una vittoria, sarebbe la prima volta dal 1960 in cui due italiani sono insieme in una semifinale Slam. Seguirebbero Pirola e Pietrangeli, capaci di riuscirci al Roland Garros di 62 anni fa, il primo poi perdendo proprio a quel punto del torneo, il grande Nicola andando a vincere la seconda Coppa dei Moschettieri consecutiva.

Un altro, ultimo sorriso, prima che il campo emetta i propri verdetti, ce lo riservano altre due, importanti statistiche. Jannik è il primo tra i nati nel nuovo millennio a raggiungere almeno i quarti di finale in tutti gli Slam, mentre Matteo è il primo tennista nato negli anni ’90 a riuscirci, dunque prima dei vari Medvedev, Zverev, Tsitsipas, Rublev e compagnia. Dimostra una propensione innata di questo ragazzo, e probabilmente sarebbe più corretto dire di questi ragazzi, ai tornei dello Slam, alla gestione dei momenti importanti. E mai come in questo torneo la forza mentale potrebbe fare la differenza: è infatti il terzo Major del millennio, dopo Wimbledon 2002 e lo stesso US Open, nel 2020, a non avere neanche un campione Slam tra gli ultimi 8. Ai Championships, 20 anni fa, trionfò Hewitt, già primo al mondo; a New York due anni fa il primo (e chissà, tristemente l’ultimo) gioiello di Dominic Thiem, che era 3 al mondo. Dunque, pur senza vittorie importanti, giocatori già con una carriera alle spalle. E negli Slam, l’unico ad avere tale palmares tra gli 8 ancora a Flushing Meadows, e con più di una semifinale Major (oltre alle sue tre, ne hanno una a testa solo Ruud e Kyrgios), è Berrettini. Dicono che la matematica non è un’opinione, speriamo Matteo la pensi, e faccia in modo che vada, in tal senso.

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