Berrettini: "Ho pensato di smettere, ora sorrido di nuovo. Ho ancora cartucce da sparare” [VIDEO] - Pagina 3 di 3

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Berrettini: “Ho pensato di smettere, ora sorrido di nuovo. Ho ancora cartucce da sparare” [VIDEO]

Matteo Berrettini ha raggiunto gli azzurri in Andalusia, ancora una volta come a Bologna mostra il proprio attaccamento alla Davis. In conferenza elogia Sinner: “Sul veloce indoor è dietro soltanto a Djokovic”

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Matteo Berrettini in conferenza stampa a Malaga (foto Marta Magni)
Matteo Berrettini in conferenza stampa a Malaga (foto Marta Magni)
 

Ubaldo Scanagatta, Ubitennis: Ciao Matteo, io volevo chiederti sei hai mai pensato seriamente di smettere di giocare a tennis del tutto. Se sì, quando è successo e se era una cosa che non ti faceva dormire. E poi volevo anche domandarti se ti rimproveri qualcosa quando senti magari una voce malevola che dice ‘Ah però se Berrettini si allenava in maniera diversa, si faceva meno male, stava meglio, il fisico va aiutato con un allenamento più costante. Aspetti che oggi si leggono di Sinner, che studia ogni dettaglio, approfondisce ogni cosa: la nutrizione, questo, quell’altro, va a letto presto, non apre neppure il cellulare’.

Matteo Berrettini: “Smettere è una cosa che si dice spesso quando si è molto giù. Però veramente veramente solamente una volta l’ho pensato perché vedevo tutto buio, perché avevo in testa questo pensiero ‘Ricomincio, mi faccio il c…BIP e poi tanto risuccederà qualcosa. Quindi quel tipo di riflessione mi è balenata. Mi dicevo che non potevo continuare a fare su e giù così perché altrimenti veramente diventa un’agonia. E non voglio che questo sport diventi un’agonia, per quanto ci tenga. Per il resto, non lo so. Sono voci un po’ da bar, secondo me. Perché se non mi fossi allenato, non sarei arrivato neanche al n. 6 del mondo. Nel mio allenamento non è cambiato nulla, mi sono allenato così e sono arrivato in finale a Wimbledon. Sono arrivato due volte alle Finals. Ad un certo punto si vede che il mio corpo, non ha tenuto più un certo sforzo. Non so bene cosa sia successo, però credo sia un pochino facile puntare il dito su determinati aspetti quando le cose non vanno bene. Bisogna fare i complimenti a Jannik [Sinner, ndr] per quello che sta facendo. Penso che si possa migliorare ma non che in passato io abbia abbassato la soglia dell’attenzione nell’andare dormire presto ecc. Semplicemente è successo quello che accaduto sin da quando avevo 14 anni, mi sono fatto male. E tutto si è ripetuto. Facciamo uno sport che non ci permette di prenderci del tempo quando ne abbiamo bisogno. Hai sempre la sensazione di rincorrere, hai sempre la sensazione che gli altri stanno giocando e tu sei fermo ai box. Perde punti, perdi il ritmo e quindi ritorni prima di quanto dovresti. Probabilmente è successo un po’ questo, però in termini di allenamento non ho niente da dire. Anche perché queste persone che scrivono non stanno con me tutti i giorni, quindi non so perché si sentono in dovere di farlo“.

D. Nel momento più buio al quale hai fatto riferimento, a cosa ti sei aggrappato? Hai mai pensato che lo sport è un mondo che dimentica in fretta? Fai delle cose che poi sembrano quasi dimenticate

Matteo Berrettini: “Per fortuna ci sono un sacco di persone che mi vogliono bene e che hanno provato in tutti i modi a farmi stare meglio di come stavo. Poi io sono uno che crede molto nello stare nel buio, anche se non mi piace starci. E quindi ci sono stati giorni in cui non riuscivo ad alzarmi dal letto per andare a fare fisioterapia. Perciò mi sono detto, sai che c’è va bene così, a volte va bene stare male, non avere voglia di fare niente. L’importante è capire un pochino il perché e poi cercare di trovare qualcosa che ti faccia alzare dal letto. Ed è lì che mi sono accorto che dovevo sfidarmi, chiedermi che cosa posso fare ancora, vedere che cosa c’è davanti a me; non è una questione di ranking, non è una questione di soldi. E’ unicamente una sfida con me stesso, chiaramente sfidando i miei avversari e vedere dove posso arrivare. Ed è stato questo a farmi dire, che ho ancora delle cartucce da sparare. Poi non si sa mai, magari giocherò per 10 anni, magari per 2 anni. Non lo so, so però che posso ancora dare qualcosa. Quella spinta lì, dopo qualche settimana l’ho sentita. Sul discorso che si dimentica in fretta, forse sì forse no. Io non dimentico quello che ho fatto, la grandissima fatica e il grandissimo sacrificio che ci sono voluti. Citando Vincenzo [Santopadre, ndr] quando ci siamo parlati l’ultima volta prima di smettere di lavorare insieme, mi ha detto ‘Tu non hai mai saltato una sessione di allenamento, non hai mai saltato un colpo. Non hai mai staccato la testa da quello che stavi facendo‘ e questo io lo so. Quindi che la gente dimentichi o che ci possano essere dei commenti negativi, mi piacerebbe che fosse diverso se devo dire la verità. Ma se è questo il mondo in cui viviamo, va bene così perché l’importante è non farsi influenzare da quello che uno legge. Mi è capitato anche di persone per strada che mi urlavano. Stiamo rasentando un po’ la follia, però sono abituato“.

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