Quer pasticciaccio brutto delle palle di Indian Wells

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Quer pasticciaccio brutto delle palle di Indian Wells

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Sono le solite lamentele oppure c’è un fondo di verità? Nadal ha ribadito già due volte che le palle utilizzate a Indian Wells non sono all’altezza del suo prestigio e che tutti i tornei dovrebbero avere le stesse palle. Ma non abbiamo uniformato a sufficienza?

A Indian Wells si gioca uno dei migliori tornei combined del circuito. Mettendo da parte la noiosa etichetta di “quinto Slam”, non c’è alcun dubbio che il torneo californiano sia uno dei migliori per organizzazione, strutture, campo di partecipazione, risposta del pubblico e così via. Ma quest’anno la creatura di Larry Ellison pare avere un problema serio: le palle da tennis. Il primo attacco lo ha sferrato Rafael Nadal, che non ha usato mezzi termini: “Il problema sono le palle, che non vanno molto bene. È sempre il solito problema con le stesse palle. Sarebbe necessario cambiarle, perché un tennis di alto livello ha bisogno di palle della migliore qualità, e queste non sono della migliore qualità”. La posizione di Nadal è abbastanza chiara, ma se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, le dichiarazioni dell’altro ieri dovrebbero essere sufficienti a diradarlo: “Con queste palle le condizioni cambiano tantissimo dal giorno alla notte. Non hai feeling, di giorno sembra di colpire una pietra. Ho visto molti giocatori sbagliare di uno, due metri, non è un bene per il nostro sport. Ma questo è quello che abbiamo oggi, queste palle. Credo che l’ATP e i fan meritino palle migliori per uno spettacolo migliore”.

Ma Nadal non è stato il solo a lamentarsi. Roger Federer, che si è qualificato agli ottavi dopo aver battuto in due set Andreas Seppi al termine di un match poco entusiasmante, ha usato parole diverse nelle forma ma identiche nella sostanza: “Credo che nessuno di noi due abbia giocato bene: abbiamo faticato entrambi con le condizioni. È difficile abituarsi alle palle, a colpirle con il giusto effetto”. Gilles Simon, dopo aver battuto Michael Berrer al terzo turno ha ribadito che il suo è stato “un match strano. Era molto difficile controllare la palla da fondo campo”. Detto da uno che considera il timing come proprio principale talento fa un po’ effetto. Andy Murray, invece, non se la sente di dare tutta la colpa alle palle: “Non so se è colpa solo delle palle. Penso che sia una combinazione di alcuni fattori”. Flavia Pennetta, che però potrebbe essere non del tutto obiettiva dato il grande feeling con il torneo, è invece felice perché “anche se spingi molto la palla non va fuori”.

Posto che quello che dicono i giocatori è comunque un parere soggettivo, è indubbio che la questione delle palle utilizzate nel circuito esiste e non va ignorata. Il problema è spuntato fuori anche a Pechino, qualche mese fa, ed è stato ancora Nadal a sollevarlo: “Le palle sono pessime qui, i rimbalzi vanno dovunque. Non si tratta di vincere o perdere, a Rio ho vinto con queste stesse palle, che nel nostro sport sono una componente fondamentale”. Ma per evitare fraintendimenti, anche a Rio de Janeiro Nadal si era lamentato: “Le palle non vanno per niente bene. Non accuso gli organizzatori del tornei, me la prendo con l’ATP che permette ai tornei di far giocare con palle di bassa qualità”. Quattro anni fa, a Shanghai, sia Murray che Nadal si lamentarono del fatto che l’ATP permetteva ai tornei di fare come volevano e che cambiare continuamente palle non faceva certo bene al gioco. Per completare il cahiers de doléances va ricordato che pure Roger Federer, quando il Roland Garros decise di passare dalle palle Dunlop alle Babolat, non prese benissimo la decisione dello Slam francese: “Il problema è che non sono le stesse con cui giocavamo il mese scorso. L’anno scorso tutti i tornei hanno deciso di adottare le palle del Roland Garros e ora il Roland Garros cambia di nuovo. È un aspetto frustrante che dobbiamo cambiare”.

L’ATP ha un accordo commerciale con la Head, ma di fatto ogni torneo può decidere di utilizzare le palle che preferisce. Le palline utilizzate a Indian Wells sono marcate Penn, marca che viene utilizzata anche a Cincinnati. In Europa, invece, va per la maggiore la Head. Gli Slam, com’è facile immaginare, hanno la loro autonomia: Australian Open e US Open utilizzano le Wilson, che è la marca più utilizzata complessivamente (45 tornei, tra ATP e WTA, utilizzano le Wilson). Il Roland Garros, come detto, usa le Babolat mentre Wimbledon usa le Slazenger (che è un marchio Dunlop). La soluzione proposta da Nadal quattro anni fa, peraltro, non è illogica: “Non è necessario avere sempre lo stesso tipo di palla. Per esempio, quando comincia la stagione sul rosso, si gioca sempre con la stessa palla. Per il cemento americano, stesso discorso. E così via”. Una regola che va incontro a questa proposta c’è già nel circuito WTA: i tornei che si giocano nella settimana precedente ad uno Slam devono utilizzare lo stesso tipo di palle di quel Major. La regola però non esiste in ambito maschile. Piuttosto curioso, se si pensa che le superfici sono andate nel senso opposto, quello dell’omogeneità.

La decisione di diversificare le palle risale al 2001 quando a Cancun, in Messico, si votò all’unanimità per l’introduzione di tre diversi tipi di palla: il tipo 1, più veloce, è uguale alla palla standard ma è prodotta con una gomma più dura; il tipo 2 è la palla standard; il tipo 3 è una palla più lenta che ha un diametro più largo del 6%. Le cose sono rimaste pressoché identiche finché l’ITF ha aggiunto un quarto tipo, le High Altitude, che sono delle palle di tipo 2 ma con un rimbalzo meno alto e sono utilizzati nei tornei in altura. In ogni caso, il peso delle palle è sempre lo stesso. L’introduzione fu motivata dal fatto che l’ITF voleva diminuire la velocità del servizio sui campi veloci e di velocizzarla sui campi lenti. A ben pensarci, la scelta dell’ITF fu presa in nome dell’omogeneità, ossia per ridurre lo spread di velocità tra campi troppo veloci e campi troppo lenti. Ma, conseguentemente, ha fatto sì che ATP e WTA dessero carta bianca ai tornei nella scelta delle palle.

A questo punto viene da chiedersi: è davvero un problema o si tratta di una resistenza dei giocatori a una delle pochissime varianti di questo sport? È un problema simile a quello che si presentò tre anni fa al Mutua Madrileña, quando la terra blu di Ion Tiriac fu messa nel dimenticatoio dopo le ripetute lamentele di alcuni giocatori, Nadal e Djokovic in testa. Tuttavia, è giusto ricordare che la bellezza del tennis consiste (o consisteva) in una miscela di variabili che si moltiplicano tra di loro per dare ogni volta un risultato diverso. Materiali tutti uguali, superfici (quasi) tutte uguali e giocatori (quasi) tutti uguali. Siamo sicuri di voler uniformare anche le palle da tennis?

 

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