La citazione tratta dalla serie di romanzi-cult di fantascienza “Hitchhiker’s Guide to the Galaxy” di Douglas Adams è davvero scontata, ma talmente perfetta che non era semplicemente possibile esimersi dall’utilizzarla, soprattutto se sei un fanatico di sci-fi e di tennis in eguale misura. Ma lasciamo pure da parte i delfini che salutano, ringraziano per tutto il pesce, e se ne vanno, abbandonando il pianeta Terra in procinto di essere spianato dalla costruzione del raccordo anulare galattico. C’è una raccolta online di immagini divenuta famossissima in tutto il mondo (tanto che anche Barack Obama, utilizzando l’account della Casa Bianca, ha commentato personalmente una delle foto), intitolata “Humans of New York”, splendida, che raccoglie scatti di persone comuni presi per strada, raccontando a margine i loro vissuti e le loro storie, di tutti i tipi, dal triste all’esaltante, dall’umoristico al tragico.
Quando ho letto per la prima volta il commovente e sentito racconto intitolato “The Weight”, “Il Peso”(se potete, godetevelo in lingua originale, altrimenti c’è l’ottima traduzione della nostra Chiara Bracco), lettera di confessione personale e intima, e di addio al mondo del tennis, di Mardy Fish, che ho avuto il piacere di seguire nell’ultima vittoria della carriera contro Marco Cecchinato, prima della sconfitta con Feliciano Lopez e del successivo annunciato ritiro, ho pensato una cosa, e ho continuato a pensarla nei giorni successivi. Ho pensato che anche noi appassionati di tennis avevamo il nostro “Human of ATP Tour”, perchè non saprei davvero come altro definire se non profondamente Umano, con la “U” maiuscola, un personaggio così solare e al contempo ombroso, con gli occhi sorridenti ma il sorriso triste, e capace di tanta straziante sincerità, come Mardy Simpson Fish dal Minnesota. E mi sembrava giusto, per quel che vale, salutarlo a modo mio, concludendo (anche) con lui la rubrica tecnica da bordocampo di questo indimenticabile US Open 2015.
Mardy è stato un giocatore fantastico nei suoi anni migliori, arrivando a essere numero 7 della classifica mondiale, e numero 1 degli USA, superando Andy Roddick. Grandissimo servizio, spesso seguito a rete, colpi puliti e poco liftati, dritto ficcante, rovescio a due mani anticipato magnificamente e di difficilissima lettura per gli avversari, sensibilità e tecnica sopraffina nel gioco di volo, che gli ha permesso di essere anche un ottimo doppista. Immaginate un Radek Stepanek stilisticamente più fluido, e con parecchia potenza fisica in più: davvero bello da veder giocare. Lo vedete in testa al pezzo durante il suo ultimo allenamento da tennista professionista, la mattina del match con Lopez, sul campo 7 di Flushing Meadows, al quale ho presenziato per pura deferenza e ammirazione: da sinistra a destra, in preparazione del dritto, nell’esplosione del lungolinea, e in un bel recupero in allungo laterale. Grazie, Mardy, buon viaggio, e che la tua strada nella vita possa essere più leggera e serena di quanto non sia stata nello sport.
Tornando a noi, una notizia che non credo sia stata data, ma che personalmente mi interessava da autentico tifoso, è stata la vittoria in finale del leggendario Shingo Kunieda, giapponese (17 Slam con questo, mica pizza e fichi), contro il grande rivale Stephane Houdet (3 titoli, tante finali perse con Shingo), francese, in rimonta dopo aver concesso il primo set al tie-break (risultato: 6-7(4) 6-3 6-2). Almeno 1500 spettatori al campo 17, tra cui il sottoscritto. Come in occasione degli Australian Open, trovo bello e giusto concludere la rubrica con loro (ma ci saranno “puntate supplementari” nelle prossime settimane, ho ancora un po’ di interessante materiale fotografico da “analizzare in compagnia”, l’apoteosi di Flavia e Roberta ha scombinato totalmente i piani e i tempi degli ultimi quattro giorni). Guardiamo quanto incredibili sono questi due atleti, che potremmo definire i Federer-Djokovic del “wheelchair tennis”.
Qui sopra vediamo, da sinistra a destra, Shingo che spara un rovescio diagonale, uno lungolinea (i suoi colpi migliori), e lo swing a colpire del servizio slice (letale, da destra farebbe punto spesso anche a un normodotato). Qui sotto vediamo, da sinistra a destra, Stephane che molla il toppone di rovescio (notiamo l’impugnatura full western di rovescio, roba che neanche Justine Henin), il finale di un gran kick col servizio (solleva la ruota posteriore da terra da tanto è violento), e una volée alta giocata da sbilanciato, di puro colpo di reni.
Rispetto, tanto rispetto e ammirazione, per loro due che sono i migliori, e per tutti gli altri che nelle loro condizioni si rifiutano di rinunciare a uno sport che amano così tanto.
Ringrazio infine tutti coloro che hanno avuto piacere di seguire questa rubrica, con le analisi tecniche ci rileggiamo presto, e con gli spunti da bordocampo arrivederci a Melbourne.
Gli (s)punti tecnici precedenti:
– Stan Wawrinka, elogio dello sconfitto e del suo rovescio
– Sneaky attack by Roger Federer
– Il dritto – e il gran lavoro – di Roberta Vinci
– L’illeggibile dritto con appoggi al contrario di Sabine Lisicki
– David Ferrer, dare tutto e anche di più
– Johnny Mac e il cuore di New York
– Grigor Dimitrov, specchio specchio delle mie brame
– La reattività frenetica di Camila Giorgi
– Il servizio estremo di Ivo Karlovic