Wimbledon 2016: Federer, altro che Olimpiadi!

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Wimbledon 2016: Federer, altro che Olimpiadi!

Tra i Championships e le Olimpiadi Roger Federer tenterà in primis l’assalto all’ottavo Wimbledon. I problemi alla schiena sembrano superati. Djokovic è vicino al Grande Slam, non rischia l’effetto Serena Williams a New York 2015?

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È indubbio che Roger Federer abbia come grandi obiettivi della stagione Wimbledon e le Olimpiadi di Rio de Janeiro. La rinuncia al Roland Garros, primo Slam saltato dal primatista Slam dopo 65 Major consecutivi, non deve essere stata presa bene dallo svizzero, uno dei campioni più longevi della storia, ma è stato il male minore per dare tregua alla schiena malandata e arrivare (si spera) in piena forma all’appuntamento di Church Road. Già, perché si possono spendere tutte le parole possibili per sottolineare l’importanza dell’alloro olimpico, unico titolo che manca a Roger per eguagliare Andre Agassi (il solo tennista che può vantare almeno un successo in tutti gli Slam, al Masters di fine anno e appunto ai Giochi Olimpici, vinti nel 1996 in finale su Sergi Bruguera), ma non occorre addentrarsi in ragionamenti profondi per capire che l’ottavo sigillo a Wimbledon (impresa mai riuscita a nessuno – Sampras si fermò a sette titoli – che lo consacrerebbe come il più grande dei Championships, pur convivendo col fantasma di Laver) conta infinitamente di più del primo titolo olimpico nel torneo singolare (Federer ha già al collo l’oro olimpico di doppio maschile, vinto a Pechino 2008 con Stan Wawrinka).

Sebbene non sia da mettere in dubbio la grande voglia del campione di Basilea di cingere la sua testa con l’alloro di Olimpia, dovesse essere chiamato a esprimersi su quale dei due eventuali successi sceglierebbe, il Re del politicamente corretto (non che in questo sia in scarsa compagnia, beninteso) non si schiererebbe apertamente, ma tutti sanno quanto sia più importante Wimbledon, specie per uno che dopo l’ultimo già sorprendente successo nel 2012 (a quasi 31 anni) ha lottato come un leone per rimanere ai vertici e centrare altre due finali (2014 e 2015), entrambe perse contro il cannibale Novak Djokovic.

Ecco allora che Federer deve pensare ad arrivare a Wimbledon nelle migliori condizioni possibili, sotto tutti i punti di vista.

In termini fisici, risulta difficile valutare dall’esterno eventuali postumi dell’operazione al menisco subita dopo l’Australian Open. Gli strascichi si sono manifestati con la rinuncia a Indian Wells, ma le sole 5 partite giocate dallo svizzero tra la fine dello Slam down under e l’inizio del torneo ATP 250 di Stoccarda (le 3 a Montecarlo con la sconfitta nei quarti contro Tsonga e le due a Roma con l’uscita di scena agli ottavi contro Thiem) non hanno rivelato problemi da questo punto di vista, piuttosto hanno rimarcato i guai alla schiena che l’hanno costretto a giocare quasi da fermo a Roma, dopo aver dovuto dare forfait all’ATP di Madrid. La rinuncia ben più dolorosa al Roland Garros, dettata dallo stesso motivo, ha permesso al vincitore di 17 Slam di disporre di più di un mese nel quale alternare riposo e allenamenti mirati, con l’unico obiettivo di essere atleticamente al top per i Championships. Tutto questo, unitamente all’aggiunta del torneo di Stoccarda nel percorso di avvicinamento a Wimbledon porta a pensare che non sarà il fisico un problema reale all’avvio del torneo sui prati londinesi.

Dal punto di vista mentale, lo spauracchio dell’invincibile Novak Djokovic non è un fattore preponderante: la vittoria del n.1 del mondo nell’unico Slam che gli mancava permette al serbo di continuare a coltivare il sogno del Grande Slam, ma proprio questa opportunità, magari non irripetibile ma mai come ora raggiungibile, potrebbe togliergli quella totale serenità che gli ha permesso di dominare l’anno scorso Wimbledon e US Open quasi senza soffrire. A New York, il peso di essere a un passo dall’obiettivo massimo ha logorato lo scorso anno Serena Williams, apparsa contratta e nervosa per quasi tutto il torneo e crollata nella storica semifinale contro Roberta Vinci. Del resto, lo stesso Nole ha mostrato a Parigi in diversi match momenti di nervosismo e insofferenza figli dell’opportunità di centrare finalmente il Career Grand Slam, dopo anni di inseguimento vano alla Coppa dei Moschettieri. Siamo certi che queste forme di tensione figlie di essere sempre più vicino all’obiettivo degli obiettivi non possano minare le granitiche certezze di Djokovic? In una sfida con Federer in semifinale o in finale, un Roger particolarmente ispirato, in grado di mantenere vivi per più di due o tre games consecutivi i famosi “momenti Federer” (quelli nei quali raggiunge vette di gioco sconosciute al resto del mondo) e adeguatamente sostenuto da un servizio efficace e continuo non instillerebbe nel tiranno di Belgrado quei dubbi da tempo dimenticati nelle fasi finali dei grandi tornei?

Al di là di tutto questo, il problema per il campione di Basilea non consiste tanto in un avversario come Novak Djokovic quanto nella necessaria consapevolezza di poter giocare senza impedimenti. Cinque partite giocate con la schiena sofferente si cancellano giocandone altre e realizzando durante lo svolgimento dei match di non essere più condizionato da questo problema. Soprattutto in quest’ottica si spiega la partecipazione a Stoccarda da affiancare alla già prevista Halle, puntando a vincere più partite possibili allo scopo di riacquisire l’indispensabile fiducia nel suo corpo – minata dalla schiena e dal misero numero di match disputati sin qui – e per giocare un numero di match sufficiente anche per riprendere quella confidenza coi momenti topici degli incontri che nessun tipo di allenamento può garantire. A Stoccarda Roger è apparso un po’ contratto e talvolta nervoso, ha più volte sofferto contro avversari acerbi (nel primo match giocato ha ceduto un set al diciottenne Fritz) o non molto quotati (ha dovuto ricorrere a due tie-break per superare il trentaduenne tedesco Florian Mayer, giocatore esperto e valido ma ora sceso fino al n.226 del ranking), ma proprio la capacità di soffrire è un aspetto essenziale da testare in queste partite di avvicinamento a Wimbledon. Anche la sconfitta con Thiem in semifinale, dopo aver sprecato due match point (il primo in particolare gettato letteralmente alle ortiche), è tutto quello che serve a Roger per saper gestire al meglio i momenti decisivi del match.

Federer sta facendo i passi corretti per arrivare all’appuntamento coi Championships al top della forma fisica e mentale, vedremo cosa che segnali potrà trasmetterci il torneo di Halle e poi toccherà a Roger riuscire ad arrivare alle fasi finali del torneo più ambito del tennis senza disperdere troppe energie nei primi turni, per poi dare tutto in semifinale e nella possibile terza finale di fila a Wimbledon. Ecco, una motivazione ulteriore per Roger: può uno dei più grandi di sempre, vincitore di 17 Slam, 7 dei quali nel tempio di Wimbledon, accettare di perdere all’ultimo atto del torneo più importante, il suo torneo, per tre volte una dopo l’altra?

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