Rio 2016: le Olimpiadi viste da dentro, dalla A alla Z. E qualcosa in più... - Pagina 2 di 4

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Rio 2016: le Olimpiadi viste da dentro, dalla A alla Z. E qualcosa in più…

Sceso il sipario sulle Olimpiadi di Rio e ritornati a casa, andiamo a ripercorrere quanto accaduto nel corso dei 17 giorni di gare

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D come del Potro – la sua straordinaria cavalcata verso l’argento, con le lacrime versate dopo ogni match ed i numerosissimi fan argentini che lo hanno sostenuto passo dopo passo è stata la storia più bella del torneo di tennis, anche più di quella di Monica Puig, proprio perché tornare in vetta dopo essere discesi agli inferi è mille volte più difficile che non vincere da outsider spuntando dal nulla. Un bellissimo spot per il tennis alle Olimpiadi.

E come Egonu – la diciassettenne veneto-nigeriana è stata forse l’unica a salvarsi nel naufragio della nazionale femminile di pallavolo, arrivata a Rio con legittime ambizioni dopo il quarto posto dei Mondiali 2014 ed una qualificazione olimpica strappata prima al torneo continentale in Turchia e poi a quello intercontinentale in Giappone. Lei è il faro attorno a cui verrà costruita la nazionale per gli anni a venire e per Tokyo 2020. E sarà una nazionale che ci potrà dare tante soddisfazioni.

F come Football – anche se gli sport più rappresentativi delle Olimpiadi sono altri, il calcio ha rivestito un ruolo da protagonista a Rio. Ore ed ore di dirette e di speciali sui canali brasiliani in occasione delle partite della “seleção” sia maschile sia femminile. Paese bloccato quando le nazionali erano in campo: abbiamo visto gente seguire i rigori della semifinale di Brasile – Svezia sui telefonini nella metropolitana e per strada; camminare tra i condomini di Barra da Tijuca durante la finale maschile Brasile – Germania ricordava la celebre scena di Italia-Inghilterra nel film “Il secondo tragico Fantozzi”. Per il calcio, queste Olimpiadi sono state da ricordare.

G come Giovanni Malagò – il capo della Delegazione Italiana ha sofferto e gioito con tutti gli atleti e tutti i rappresentanti del Belpaese a Rio. Sempre presente nei momenti importanti, non ha mai fatto mancare il suo supporto ed una parola a chi la richiedesse.

H come Hot Dog – uno degli amici più fedeli nel corso dei 17 giorni olimpici, l’ultimo a finire ai bar degli impianti, quando dopo 14 ore di digiuno si arrivava a cercare qualcosa da mangiare. In ogni caso, dal punto di vista culinario si è trattato sicuramente di un passo indietro rispetto a Londra, almeno per quel che riguarda le cibarie disponibili all’interno degli impianti olimpici. Anche se a dire il vero vicino al tennis c’erano alcuni “food truck” che producevano piatti dal profumo delizioso. Il sapore? Beh, quello non lo so, e chi ha tempo di farsi mezz’ora di fila per comprare da mangiare? Il bar della Media Lounge sul campo centrale per i primi due giorni ha venduto solo patatine e bevande. Poi le proteste dei giornalisti affamati si sono fatte sentire, e sono arrivati hamburger e hot dog. Fino a che le scorte non finivano.

I come Casa Italia – lo so, non comincia per I, ma ciò che ha rappresentato il Belpaese a Rio è stata questo Club privato in riva al mare restaurato dal CONI appositamente per l’occasione. Dopo le polemiche per il salatissimo conto di Casa Italia a Londra (ospitata in un centro conferenze in posizione centralissima, di fronte a Westminster Abbey), qui si è speso la metà (700 mila euro contro 1,4 milioni), lo scenario è stato da mozzare il fiato, ma il luogo era molto difficile da raggiungere e decisamente lontano da tutto, impianti, alberghi e villaggio. Per la gioia dei tassisti. Però lì, altro che hot dog ed hamburger…

J come “Jeah” – per chi non lo sapesse, “Jeah” oltre ad essere la pronuncia in portoghese della parola “dia” (che vuol dire giorno) è anche l’espressione coniata (con tanto di copyright) dal nuotatore statunitense Ryan Lochte, protagonista di una storia poco chiara e poco edificante relativa alla distruzione di una stazione di servizio durante una notte brava della staffetta 4×100, che lui ed i suoi compagni di squadra hanno tentato di trasformare in una inesistente rapina a mano armata. La storia è costata ai compari di Lochte un soggiorno più lungo del previsto in Brasile (sono stati trascinati giù dall’aereo per essere interrogati dalla polizia) ed allo stesso Mr Jeah la rescissione di alcuni contratti di sponsorizzazione (Speedo e Ralph Lauren).  Con tanto di addio alla sua immagine così faticosamente costruita di giullare un po’ idiota ma vincente.

K come KeiNishikori ha portato al Giappone una medaglia di bronzo, ma ciò che più ha fatto parlare durante il suo torneo olimpico è stata la pausa di 12 minuti che si è preso tra il secondo ed il terzo set della finale per il terzo posto contro Rafael Nadal. Sembra che durante questo periodo si sia anche fatto una doccia. Lo spagnolo non ha gradito che Kei abbia potuto fare i comodi propri e prendersi tutto il tempo che voleva senza che nessuno prendesse provvedimenti. Avete letto bene, Nadal si è lamentato perché qualcun altro lo ha fatto attendere. Nishikori può vantare anche questo risultato oltre al bronzo.

L come Logistica – nota dolente di Rio 2016 le grandi distanze tra gli impianti e la relativa lentezza dei trasferimenti. La conformazione del territorio della città carioca, con montagne, laghi ed insenature, non aiuta certamente. Hanno creato le corsie olimpiche, in modo da far evitare il traffico ad atleti ed addetti ai lavori; hanno potenziato il BRT (Bus Rapid Transit); hanno aperto un’altra linea della metropolitana. Ma ci voleva comunque quasi un’ora per arrivare dal Parco Olimpico al Maracanà, e più di un’ora per raggiungere Copacabana (dove oltre al beach volley c’erano buona parte degli alberghi). E per gli spettatori andava anche peggio, costretti a molteplici cambi di mezzo tra stazioni affollate e cartelli non proprio chiarissimi. Inoltre nelle zone olimpiche solo alcuni taxi con un permesso speciale potevano accedere, per cui non c’era la sicurezza di poter arrivare a destinazione nemmeno con quel mezzo. Due settimane da mal di testa.

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