Coppa Davis, Gran Bretagna-Argentina: guidano Murray e del Potro, la posta è altissima

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Coppa Davis, Gran Bretagna-Argentina: guidano Murray e del Potro, la posta è altissima

“Muzza” contro “Palito”, cemento contro terraioli, aplomb contro torcida, campioni in carica contro sconfitti seriali. Il tutto per conquistare un posto in finale

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Nel 2015 Andy Murray dimostrò che il tennis è uno sport talmente individuale da permettere a un solo uomo, molto forte,  di vincere la più importante competizione a squadre per nazioni da solo. O perlomeno di trasformarla in un affare di famiglia: al fianco di Andy, letteralmente al fianco quando si trattava dei match di doppio, c’era sempre e solo suo fratello maggiore Jamie. Dei dodici punti conquistati nei quattro tie che portarono alla conquista della coppa, in finale a Gent contro il Belgio, undici furono merito proprio dei due Murray e uno soltanto, contro gli USA, del “non consanguineo” James Ward.

Adesso è passato quasi un anno e la musica sembra un po’ cambiata, in meglio. A differenza di altri top player come Federer e Wawrinka, Andy Murray ha deciso di non abbandonare la selezione nazionale dopo la conquista del trofeo. Nel frattempo Kyle Edmund è cresciuto bene (la vittoria a Belgrado nei quarti di finale è in gran parte merito suo) e l’irresponsabile Daniel Evans ha messo la testa a posto quanto basta: lo US Open di entrambi ha lanciato segnali più che positivi. Quelli di cui c’è bisogno, contro un avversario sfavorito ma agguerritissimo, che sottovalutare sarebbe un errore da principianti.

Perché se in Gran Bretagna la Davis sembra faccenda tra parenti e amici, oltreoceano dai loro avversari, invece, è ormai qualche anno diventata una questione di stato. L’Argentina non ha mai conquistato la coppa ma ci è andata sempre più vicina, centrando quattro finali – delle quali una disputata in casa – e rimediando quattro sconfitte. Per prima quella del 1981, nonostante un campione come Guillermo Vilas; poi la sfilza di delusioni 2006-2008-2001, tutte patite da David Nalbandian. In due di queste quattro occasioni (SF 1981 e 1T 2008), l’Argentina sconfisse proprio la Gran Bretagna nel proprio percorso. Ora è a Juan Martin del Potro – che nelle due più recenti occasioni c’era, ma perse tutti e tre gli incontri – che viene affidato il compito di fare meglio dei suoi forse più illustri, certo non meno amati predecessori. Dovrà portare il bianco e il celeste alla quinta finale per poi scrivere un inedito lieto fine.

Facile a dirsi, meno a farsi. Dietro del Potro, i cui colpi potenti si troveranno a meraviglia sul cemento indoor e che a New York ha dimostrato di saper reggere anche i tre set su cinque, la scelta è tanto ampia quanto sconfortante: lasciati nuovamente a casa Diego Schwartzman e Carlos Berlocq, l’unica differenza rispetto al quartetto che ha sconfitto l’Italia, a Pesaro in luglio, è Leonardo Mayer, convocato al posto di Juan Monaco. Ad ogni modo si tratta di un tennista che verrà impiegato, nel migliore dei casi, soltanto nel match di doppio: il singolarista titolare a fianco di “Palito” sarà a sorpresa non Federico Delbonis, bensì Guido Pella, che inizialmente avrebbe dovuto fungere da tappabuchi e che invece si ritroverà a giocare secondo e quarto rubber del tie. Entrambi giocatori dalla più spiccata attitudine difensiva, in ogni caso, e ben più a loro agio sul lento.

Situazione diametralmente opposta sotto la Union Jack: Leon Smith ha come cavallo di battaglia un tennista dalle grandi doti di palleggio, accompagnato da due scudieri convinti che prima si attacca, meglio è (specialmente Edmund, scelto come da previsione per disputare i match di singolare). Non considerando i “big” né il doppio – gli ospiti non hanno una vera e propria coppia fissa – la griglia degli scontri diretti è semivuota. Fatta eccezione per l’edizione di Indian Wells di quest’anno: nel “mille” di California i terraioli Pella e Delbonis hanno riportato due inaspettate vittorie, rispettivamente contro Edmund e niente meno che Andy Murray!

Una rondine non fa primavera (americana), certo, però è chiaro che i britannici devono prestare più attenzione di quanto luoghi comuni e prime impressioni consiglierebbero. Considerando poi che sì, del Potro è indietro 2-6 negli scontri diretti contro Murray e sì, è uscito sconfitto dall’unico confronto stagionale (peraltro anch’esso sulla lunghezza-Slam) ma è in sorprendente ripresa e convince sempre di più…

La sfida è senza dubbio aperta. Il via, venerdì alle 13 in punto.

Si giocherà a Glasgow, in Scozia, la punta Nord del Regno Unito dove ha vinto il “Remain” e dove una trentina d’anni fa nacquero i fratelli Murray. C’è da scommettere che la torcida albiceleste farà del suo meglio, cioè del suo più gran casino, per far sentire più a casa possibile i quattro scelti da Daniel Orsanic e provare a ripetere l’unico successo esterno nei quattro precedenti, quello del 1989 sull’erba di Eastbourne. Si inizierà col big match tra i due vincitori di Slam, e l’esito del loro incontro sposterà l’ago della bilancia di molto, ma da lì potrebbero rivelarsi cruciali le seconde linee. Si giocherà per un posto in finale, contro Croazia o Francia. Sarà un weekend di tennis non banale. Il resto è tutto da scoprire.

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