(S)punti tecnici: i migliori possono migliorare? Dal n°6 al n°10. Più uno svizzero

(S)punti Tecnici

(S)punti tecnici: i migliori possono migliorare? Dal n°6 al n°10. Più uno svizzero

Concludiamo la preview tecnica del 2017 analizzando la seconda metà della top-10. Più un certo svizzero, sceso al n°16, che però merita di essere tenuto d’occhio

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Qui la prima parte, i top-5

Marin Cilic

Per il numero uno croato è stata una buona stagione, il ranking di numero 6 alla fine dell’anno non è affatto da buttar via, ma la batosta subita nella finale di Coppa Davis potrebbe avere qualche strascico. Nel 2016, almeno un’altra occasione d’oro è sgusciata dalle mani di Marin, il match perso contro Federer nei quarti di Wimbledon, subendo più la personalità e la grinta da campione dello svizzero, palesemente acciaccato a livello di forma fisica, che il suo tennis. Considerando che poi, in semifinale, lo stesso Roger a mezzo servizio per poco non fregava anche Raonic, il rimpianto per Cilic risulta notevole, sarebbe stato un buon “corridoio” per un risultato di grande prestigio. Quantomeno, regalarsi la chance di giocarsela sarebbe stato importante. Lo stesso si può dire del singolare di Zagabria contro del Potro, l’impressione è stata che nel momento decisivo il croato abbia ceduto di testa. Marin è nella fase potenzialmente migliore della carriera, dopo l’exploit del 2014 agli US Open si è pure levato la pressione del primo successo al massimo livello, quello che dovrebbe fare a partire dal prossimo anno è semplicemente ritrovare convinzione e fiducia nei propri mezzi. Tecnicamente, dopo il lavorone fatto con Goran Ivanisevic, dovrebbe prendersi maggiori rischi con il dritto. Il servizio è ottimo, potrebbe essere più continuo considerando soprattutto il fisico che ha, il rovescio è da sempre il colpo naturale. Ma a New York due anni fa Marin ha vinto a forza di buchi sul cemento fatti con il dritto, in quei giorni per lui magici lo chiudeva da qualsiasi posizione del campo. Recentemente, l’ho visto impantanarsi troppo spesso in scambi lunghi sulle diagonali, senza il coraggio di azzardare l’anticipo e l’accelerazione: Cilic deve ritornare all’esplosività, ai rischi calcolati del tennis percentuale, e sparare il vincente entro tre-quattro colpi al massimo. Quando in passato l’ha fatto, a momenti è stato inarrestabile.

Gael Monfils - ATP Finals 2016 (Alberto Pezzali © All Rights Reserved)

Gael Monfils – ATP Finals 2016 (Alberto Pezzali © All Rights Reserved)

Gael Monfils

Se c’è qualcuno dei top-10 che avrebbe un bisogno disperato, ma disperato davvero, di un coach di grandissima personalità, quello è proprio “testamatta” Monfils. Tecnicamente, ha tutto, fondamentali esplosivi, servizio e dritto in particolare, dal punto di vista fisico è semplicemente il migliore in assoluto, unendo potenza e reattività ad agilità ed elasticità straordinarie. Il problema, però, è che l’essere tanto istrionico e “showman” a livello di carattere gli fa perdere troppo spesso di vista la lucidità tattica, arrivando addirittura a far dubitare che creda poco lui per primo di poter vincere i match che pesano. Per imbrigliare, indirizzare e tenere sotto controllo una “bestiaccia” simile, Mikail Tillstrom (parlando con tutto il rispetto e la stima possibili) è forse troppo tecnico e non abbastanza punto di riferimento comportamentale ed emotivo. Ci vorrebbe un Bresnik, un Norman, un Piatti, gente che ne ha viste di tutti i colori e che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, oppure un grande ex alla Lendl o Becker. Qualcuno in grado di “salire sopra” a Gael come carisma, insomma, e capace di tenerlo in riga quando necessario. Rendiamocene conto tutti: questo, giocando praticamente a caso, tipo “oggi tiro tutto, domani invece solo slice, dopodomani serve&volley, e sparare spesso la seconda palla a 200 all’ora mi piace troppo” è 7 del mondo, top-15 da una vita. Se mettesse insieme i pezzi del puzzle, e sarebbe ora visto che ha trent’anni, sarebbe da semifinale Slam fissa ovunque, come minimo.

Dominic Thiem - ATP Finals 2016 (Alberto Pezzali © All Rights Reserved)

Dominic Thiem – ATP Finals 2016 (Alberto Pezzali © All Rights Reserved)

Dominic Thiem

Anche per il giovane (ormai relativamente) austriaco, il 2017 deve essere l’anno della svolta definitiva, del salto di qualità decisivo, se vorrà sedersi una volta per tutte alla “tavola dei grandi” e rimanerci a lungo. Tecnicamente, è tra i più completi nei fondamentali, rimando qui a una dettagliata analisi tecnica di qualche mese fa. Certo, come un po’ tutti i suoi colleghi ai piani altissimi del ranking andare a rete non solo a stringere la mano agli avversari male non gli farebbe, visto pure che se la cava niente male. In generale, però, Dominic dovrebbe cercare a tutti i costi di avanzare almeno un metro la posizione in campo. Così fa semplicemente troppa fatica, e alla lunga la paga. L’esempio è Stan Wawrinka: abituarsi a cercare la palla un passo avanti rispetto al solito (parliamo di colpire un metro fuori dal campo invece che due, eh, mica di diventare Davydenko e giocare a ping pong di controbalzo), ha significato la differenza tra essere un buon top-15-20 ed essere un plurivincitore Slam. Se Dominic lo capisse qualche anno prima di Stan, potrebbe fare anche meglio dello svizzero, il che non sarebbe poco a mio avviso. Collegato a questo problema dell’impostazione tanto fisica e dispendiosa sullo scambio, pallate su pallate su pallate a tutto braccio da lontanissimo, con conseguente tremenda fatica in ogni singolo match, c’è il problema della programmazione. Adesso come adesso, giocando in quel modo Thiem vince (e vincerà) tanto, ma regge sei mesi scarsi a stagione. O “snellisce” gli schemi tattici cercando di abbreviare appena possibile gli scambi, o diminuisce di brutto i tornei a cui si iscrive. Per il 2017, mi piacerebbe vedere almeno un mix delle due opzioni, perché un Dominic che gioca qualche evento in meno, e lo fa in modo più aggressivo e propositivo, potrebbe diventare un problema per tutti, dall’inizio alla fine dell’anno.

Rafael Nadal - US Open 2016 (foto di Roberto Dell'Olivo)

Rafael Nadal – US Open 2016 (foto di Roberto Dell’Olivo)

Rafael Nadal

Cosa aspettarsi dal 2017 di Rafa? Dal punto di vista tecnico, il Nadal di questa parte finale della carriera è alla ricerca della maggiore aggressività e incisività possibili, soprattutto con il dritto. Difficile pensare che il maiorchino, dopo una vita di lotta feroce da fondocampo, e innumerevoli avversati stritolati a forza di pressione asfissiante, top-spin spaventoso, e rincorse a perdifiato, possa approcciare queste ultime stagioni da professionista con lo stesso piano tattico di sempre. Certamente, se il fisico sarà a posto, sulla prediletta terra rossa un Rafa in palla potrà anche impostare qualche torneo “alla vecchia”, imponendo la sua proverbiale grinta, la tenuta atletica, la difesa e il contrattacco, ma sarebbe dura farlo per tutto l’anno, su ogni campo. In ogni caso, come già ampiamente analizzato, moltissimo dipenderà proprio dalla fiducia e dall’efficacia del suo colpo più devastante: le ultime volte che l’ho visto da vicino a New York l’attenzione dedicata all’allenamento del dritto era evidente. Essendo tale esecuzione molto “costruita”, per quanto sia incredibile come arma nello scambio, è anche un indicatore decisamente chiaro dello stato di forma di Rafa, in particolare la profondità delle traiettorie. Se Nadal si presenterà ai nastri di partenza del 2017 portandosi in dotazione il suo “vero dritto”, e per questo ci vorrà ottima preparazione atletica, e positività mentale, potrà sicuramente dire la sua, e togliersi diverse soddisfazioni. Sono passati gli anni in cui a Parigi si giocava per il secondo posto, ma Rafa è Rafa, e fase calante o meno, chiunque se lo troverà in tabellone al Roland Garros non sarà tranquillo per niente. Chiunque, Djokovic e Murray compresi.

Tomas Berdych - Australian Open 2016 (foto di Jason Heidrich)

Tomas Berdych – Australian Open 2016 (foto di Jason Heidrich)

Tomas Berdych

Uno dei più grandi colpitori puri che il circuito ATP abbia mai visto, dritto, rovescio, servizio, tutto perfetto, uno spot per la scuola tennistica della Repubblica Ceca, come – al femminile – nel caso di Karolina Pliskova. Ma dopo una carriera intera passata facendo (magnificamente!) sempre e solo lo stesso identico gioco, è difficile pensare che Tomas possa evolversi in un tennista più vario e duttile tatticamente. Un po’ come Marin Cilic, o Juan Martin del Potro, lui spara tutto con relativamente poca rotazione in top-spin, quando colpisce con gli appoggi stabili è ingiocabile, ma per l’appunto fa solo quello. Il che comunque, data la qualità tecnica, è stato sufficiente per raggiungere la quarta posizione del ranking, e una finale a Wimbledon. Non è facile andare in fondo agli Slam giocando così pulito e lineare, prima o poi un top-player che ti scardina il gioco e le certezze lo trovi sempre, e nel caso di Tomas, l’eterno piazzato, è andata esattamente così. Rimane, dal punto di vista tecnico, un notevole rimpianto che un giocatore di tale livello non abbia mai piazzato la zampata vera in un Major, se lo sarebbe meritato almeno quanto, per l’appunto, Cilic e del Potro, che il loro “momento magico” lo hanno avuto e meritatamente sfruttato. Nel 2017 è difficile aspettarsi da Berdych granché di più o di diverso di quanto mostrato finora, ma lo spettacolo di pulizia e potenza degli impatti che è in grado di offrire sarà comunque da apprezzare, almeno per gli spettatori più attenti ai dettagli della tecnica e alla qualità delle esecuzioni. Probabilmente, uno degli ultimi anni di circuito anche per Tomas, che a mio avviso andrebbe rivalutato in generale come giocatore, ed è pure un tipo simpaticissimo, spiritoso e alla mano se conosciuto di persona.

Roger Federer - Wimbledon 2016

Roger Federer

“Guest star” obbligatoria in una preview come questa, anche se inizierà l’anno da numero 16 del mondo. Esattamente come nel caso di Rafael Nadal, il grande rivale con cui la carriera del fuoriclasse svizzero si sovrappone e si interseca da sempre, bisognerà vedere a che punto sarà Roger fisicamente. Il tempo per rientrare al massimo possibile della forma se lo è preso tutto, i colpi e la tecnica non si discutono. Mi aspetto da Federer grande intensità in pochi appuntamenti mirati, soprattutto nei tornei su erba e sul cemento americano in estate. Il gioco dovrà necessariamente essere più aggressivo e arrischiato che mai, il che comporterà certamente diverse sconfitte quando le cose non dovessero girare tutte per il verso giusto. Ma stiamo parlando di Roger Federer, con un braccio del genere basta azzeccare le proverbiali due settimane di picco di forma, e nessun traguardo è precluso. Un vantaggio non indifferente sarà anche la totale assenza di pressione, tutto quello che arriverà di buono sarà un “di più”. Roger ha anche una grandissima capacità di focalizzarsi e dare il massimo negli appuntamenti che contano davvero, quest’anno pur in condizione fisica ben lontana dal top, nei due Slam che ha giocato ha fatto semifinale: come minimo, bisognerà considerarlo una mina vagante pazzesca nei tabelloni finché non risalirà verso le teste di serie più alte. Oltre a questo, posso solo immaginare il sostegno e il tifo sfrenato di cui godrà ovunque, contro chiunque, la favola del campionissimo che si gioca le ultime possibilità di una carriera leggendaria è da sempre il massimo per entusiasmare gli appassionati. Dovesse invece andare male, pazienza: anche solo qualche “Federer moment” durante il 2017, di quelli che fecero saltare David Foster Wallace (e mezzo mondo) dal divano, sarà un regalo di cui essere grati tutti.

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