Fognini-Paire, psicoanalisi del tennis e della nostra vita

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Fognini-Paire, psicoanalisi del tennis e della nostra vita

Tutti aspettiamo che Fabio Fognini confermi con Benoit Paire il gran match giocato contro Feliciano Lopez. Ma è il Fognini irascibile che detestiamo quello più simile a noi

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Fabio Fognini ha iniziato il 2017, l’anno dell’ultima spiaggia per il definitivo salto di qualità, così come aveva finito il 2016, perdendo male con Kohlschreiber a Sydney sia di tennis che di testa (sempre che le due cose si possano scindere). A Melbourne, contro Feliciano Lopez, dopo la lezione di tennis in controtempo presa allo US Open 2015 (appena dopo aver incantato l’Arthur Ashe in quella calda notte newyorkese in cui rimontò due set a Rafa Nadal realizzando la più grande impresa di un tennista azzurro a Flushing Meadows) e la lotta tribale persa a Wimbledon lo scorso anno, abbiamo finalmente visto la versione migliore del tennista di Arma di Taggia. Tennis solido, esplosivo, ottima in ogni fondamentale e soprattutto continuo, mano calda e testa fredda e concentrata, senza l’ombra di alcuna intemperanza. Sul finire di un match in cui è stato dominato, Feliciano, con la forza della disperazione, ha annullato 7 match point con ace di seconda e attacchi all’arma bianca che 9 volte su 10 portano sotto la doccia. Cosa è successo a questo punto? Nulla, Fabio non ha alzato un sopracciglio e con una tranquillità sconosciuta forse anche a Flavia Pennetta ha chiuso il match, vendicando senza appello le due sconfitte precedenti.

Adesso questo Fognini, così concreto e composto, affronta Benoit Paire. Dal ligure possiamo aspettarci di tutto, dal francese pure. Ve lo ricordate alle Olimpiadi di Rio, quel match tra i due squinternati di talento? Paire che domina il primo set e Fabio che per cambiare volto al match butta la palla in cielo quasi a chiederlo lui, il warning che lo scuote completamente, consentendogli di andare sicuro al set decisivo. In mezzo quella geniale follia funambolica con cui Paire sacrifica un punto fatto sull’altare dello spettacolo circense, con un tweener frontale in salto che fa finire lui nel campo di Fognini e la palla oltre la riga di fondo. A quel punto i due, che da vicino riconoscono l’uno nell’altro le stesse patologie psichiche, si siedono e si danno il cinque, trattenendo solo il grido: “Fratello mio, che bello non essere soli in questo mondo di normali!”. Poi il terzo set con Fabio che torna con la testa sottacqua e alla fine esce vincitore, quasi senza sapere come se non col cuore e la benedizione di Olimpia.

Proviamo allora a tracciare tre scenari di un match che è aperto almeno a ventisette diverse soluzioni.

1 – Il solito Fogna. Fabio gioca alla grande, scherza l’avversario sul campo con dritti perfetti e rovesci lungolinea d’antologia, poi su un buon servizio al primo net chiamato con un attimo di ritardo perde in successione il punto, la racchetta e infine la testa. Allora Benoit comincia il suo show fatto di rovesci illegali, smorzate improbabili e veroniche da circo, col ligure che tira fuori il suo lato nevrotico e irreversibile ormai tristemente noto. Prima fase di dominio tennistico di Fognini su Paire, seconda di esuberanza transalpina del ventisettenne di Avignone e sceneggiate irrecuperabili del taggiasco che il 24 Maggio compirà trent’anni. Solito match buttato via, ma divertimento assicurato e declinato in mille sfaccettature: grande tennis in senso tecnico (Fognini nella prima fase), spettacolare (Paire nella seconda), nervoso (Fabio dal net in poi, ça va sans dire).

2- La prova del 9 giocata da 10 e lode. L’assistito di Franco Davin ripete la grande prestazione di martedì notte, mostrando una continuità e una solidità mentale che per due partite di fila non vedevamo da chissà quanto. La seconda volta al terzo turno degli Australian Open (dopo gli ottavi persi con Novak Djokovic nel 2013) ci lascia sperare in un grande torneo, il prologo migliore a un 2017 a questo punto davvero promettente come non mai.

3 – Delusione senza appello. Fabio comincia male e finisce peggio. Paire parte bene, si ricorda di essere stato n.18 del mondo giusto un anno fa e limita le licenze cinematografiche, confermando il rovescio mortifero e sorprendendo con un dritto raramente così solido. All’ex n.13 ATP non riesce nulla, solo qualche bel vincente in un mare di errori e frustrazione. Ancora una volta un match perfetto rimane un evento isolato.

Delle tre soluzioni, molti troverebbero solo la seconda come auspicabile. Per quello che è il talento mai veramente sfruttato di Fognini in effetti non può che essere così. Eppure, la prima ipotesi, quella già vista non sappiamo più quante volte, non sarebbe così funesta. Certo, anche quest’anno Fognini sembrerà non essere cambiato di una virgola. D’altra parte, quel ragazzo maleducato finchè si vuole, insopportabile per mille ragioni, continuerà a essere seguito ardentemente e non solo perché rimane il nostro giocatore di maggior talento. L’interesse attorno a Fognini, al solito Fognini, non farà che confermare che in fondo, qualunque cosa facciamo nella vita, c’è un piccolo Fognini in ognuno di noi. Una giornata in ufficio perfetta, la battuta del collega al momento giusto per sollevare l’umore che sta traballando, l’elogio del capo per un lavoro finalmente apprezzato, accompagnato da una riunione in cui l’insperato sguardo soddisfatto dei dirigenti ci ripaga di oscuri sacrifici che sono sempre sembrati ignorati. Sono le 11:15 e va tutto alla grande, quando alla pausa caffè dal distributore entrano 50 centesimi ed esce il bicchiere vuoto con una generosa quanto inutile dose di zucchero. Un nervoso assurdo e razionalmente inspiegabile ci assale e da quel momento va tutto storto: torniamo in ufficio, la casella delle mail è piena di lavori noiosi che i soliti due o tre maledetti ci hanno scaricato, la stampante è rimasta senza carta e la segretaria poco avvenente ma sempre cortese ci manda al diavolo. Dal nulla la giornata perfetta si trasforma in un incubo e anche in noi sale il grido, necessariamente trattenuto, “vorrei spaccare tutto. La differenza con Fognini è che lui è più spesso oltre le righe e più ricco e di mestiere fa quello che più amiamo, giocare a tennis.

Anche se, solo dopo una profonda analisi interiore, trovate risibile e sciocco questo acuto accostamento tra il pazzo Fognini e il nostro mondo di seri professionisti, siete così sicuri di spendere la notte riposandovi come serve per fare una mattinata di lavoro piena di soddisfazioni umane e professionali, prima di vedere l’autostima frantumata in un amen dal solito, immutabile, gelido e distaccato sguardo della bellona inarrivabile dell’Ufficio Vendite? Davvero vale la pena ignorare una notte in compagnia di Fabio Fognini e Benoit Paire e una birra corposa? L’effimera gioia sul lavoro è meglio della compagnia socio-tennistica dell’energumeno talentuoso e del funambolo scapestrato? Buon Dio, ci state ancora pensando?

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