Fognini è risorto? I meriti di Franco Davin e di… Paolo Lorenzi

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Fognini è risorto? I meriti di Franco Davin e di… Paolo Lorenzi

Un Fabio Fognini così sereno e concentrato non si vedeva da tempo. Tra i motivi della sua ripresa anche la rivalità italica col meno talentuoso Lorenzi e l’amuleto Christian Vieri…

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Fabio Fognini torna finalmente nei quarti di un Master 1000, con ottime prospettive per un significativo balzo nel ranking. Intanto, è ritornato al n.1 d’Italia e non è evento trascurabile nel 2017 del ligure, specie in termini di morale. Il primo pensiero, ora che è tra i migliori otto di Miami, potrebbe malignamente andare al tabellone benevolo, che non gli ha messo davanti avversari durissimi. Ebbene, proprio questo è l’aspetto nuovo a favore di Fognini: questa volta non ha buttato via la grande occasione, l’ha colta in pieno. Quante volte negli ultimi anni – per non dire da sempre – ci siamo mangiati le mani per le opportunità che Fabio ha sprecato? A ben guardare, peraltro, nel percorso del tennista di Arma di Taggia troviamo una vittoria di enorme importanza, superiore anche a quelle contro avversari più prestigiosi come Feliciano Lopez a Melbourne o Jo-Wilfried Tsonga a Indian Wells. Il successo nel turno precedente contro Jeremy Chardy ha un peso specifico maggiore: non si è trattato dell’exploit cui spesso ha fatto seguito il fallimento della prova del nove, ma di una vittoria in rimonta contro un avversario centratissimo, cui sembrava davvero difficile togliere una battuta molto efficace. Dopo aver perso il primo set, alzi la mano chi si aspettava una determinazione e una concentrazione come quelle che l’azzurro ha mostrato nella domenica sera italiana. La stragrande maggioranza di appassionati e giornalisti – compreso chi scrive – avrebbe scommesso almeno una birra immaginandosi un Fognini riottoso e indolente, pronto a rompere racchette e imprecare ad ogni punto sbagliato. Invece, anche di fronte a due pericolosi break-point al momento di chiudere, l’attuale n.40 ATP non ha fatto una piega e ha giocato con la sicurezza di un top ten. Legittimo ora, dopo questa prima parte di stagione così positiva, sperare in un bel 2017, sebbene col costante terrore di rivedere da un momento all’altro quel Mister Hyde che accompagna costantemente il campione di doppio dell’Australian Open 2015. Intanto, godiamoci il momento e chiediamoci quali fattori abbiano permesso all’ex n.13 del mondo di tornare a livelli più consoni al suo talento.

Non è da sottovalutare il “fattore Lorenzi”. Fabio è una testa calda, in campo ha spesso avuto atteggiamenti a dir poco sopra le righe, non è mai riuscito ad essere costante né a trattare adeguatamente il rapporto con la stampa (chi legge Ubitennis conosce bene gli accesi contrasti con questa testata, in particolare col suo direttore). Di sicuro, però, Fognini non è uno stupido, tutt’altro. Essere stato sopravanzato, tra i tennisti azzurri, da quel Paolino Lorenzi che è di 6 anni più vecchio e di 10 anni luce meno talentuoso non poteva andargli giù. Intendiamoci, nulla a che vedere col rapporto personale tra i due, che proprio per i caratteri così diversi non hanno difficoltà a legare, ma la sofferenza nello stare dietro a Lorenzi era certificata, in particolare da un match. Montecarlo, Aprile 2016. Al primo turno va in scena sul Court des Princes un derby azzurro dal sapore molto particolare. Il cavallo pazzo, già semifinalista nel 2013 nel Principato, contro la formichina dalla pazienza granitica. Genio e sregolatezza contro fatica e perseveranza. Il risultato di quel match, in particolare il modo incredibile con cui arrivò, con il ligure letteralmente prosciugato dal nervosismo e dalla tensione, erano figli di quella sofferenza, di quel disagio a ritrovarsi dietro un tennista con mezzi fisici e tecnici decisamente inferiori ai suoi. Il resto della stagione, naturalmente, nulla c’entra con Lorenzi, Fabio si è fatto i suoi tornei e il proseguimento nefasto della stagione scorsa è storia a sé. Probabile comunque che tra i suoi propositi per il 2017 c’era il recupero del trono di n.1 d’Italia. Troppa la differenza tecnica tra lui e il resto degli azzurri, Fognini doveva tornare nel posto che la logica imporrebbe.

Per farlo, era necessario un miglioramento nella tenuta mentale. Ecco perché partite come quella contro Chardy sono più importanti di scalpi prestigiosi come quelli di Lopez e Tsonga. Specie se vi fa seguito una prestazione impeccabile contro Young, la famosa prova del nove. Magari facile finché si vuole, ma finalmente portata a casa. Quando invece in Australia dopo Feliciano arrivò la sconfitta contro Paire (seppure al quinto set di un match quanto mai rocambolesco) e in California la scialba prova contro la solidità di Pablo Cuevas.

Difficile, per non dire impossibile, individuare un fattore più profondo che spieghi una ritrovata maturità: il matrimonio con Flavia e la vicina nascita del figlio? Non pochi – tra cui il nostro Luca Baldissera – avevano ipotizzato, all’indomani della vittoria su Lopez all’Australian Open, un Fognini determinato a fornire all’erede un’immagine degli ultimi anni di carriera diversa da quella che l’ha accompagnato finora. Oppure la presenza al suo fianco di Franco Davin, che finora ha fallito solo con Grigor Dimitrov, ma prima aveva portato Gaston Gaudio al successo al Roland Garros 2004 e del Potro al trionfo agli Us Open nella finale del 2009 contro Roger Federer. In un’intervista a “La Stampa” a inizio anno l’argentino aveva insistito sulla necessità del rigore in allenamento e sulla capacità di non uscire dal match in caso di filotto di punti dell’avversario.

In ogni caso, vale la pena godersi questo torneo senza interrogarsi troppo sui motivi di una rinascita che deve ancora tutta essere confermata, conoscendo le oscillazioni di umore e rendimento cui Fabio ci ha abituato da sempre. Con un Nishikori finora non certo irresistibile ha la grande opportunità di centrare la seconda semifinale di un 1000 in carriera, ma anche un’eventuale sconfitta non può essere vista come battuta d’arresto. Semmai, è fondamentale che Bobo Vieri lo accompagni anche in Europa: al di là delle formidabili doti di amuleto che l’ex bomber azzurro sta rivelando, è fondamentale che l’alter ego “loco” del Fognini ora maturo trentenne e quasi padre rimanga sempre visibile e presente – è una questione d’identità! – purchè sia confinato agli spalti e non prenda possesso del n.1 azzurro mentre sta giocando…

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