La rabbia del tifoso anti-Fognini e anti-Giorgi. Il mini-caso Federer

Editoriali del Direttore

La rabbia del tifoso anti-Fognini e anti-Giorgi. Il mini-caso Federer

L’Italtennis è passata da un record all’altro. Quale conta di più? Ci vuole uno psicologo. Kyrgios e una difesa sbagliata. Federer e la gaffe sulla Davis con mini retromarcia. Wozniacki KO

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La rassegna stampa odierna

Come vorrei che avessero ragione i miei lettori più malevoli e profondamente persuasi che io tifi contro Fabio Fognini e magari pure contro Camila Giorgi. Se avessero potuto incontrarmi a Flushing Meadows avrebbero finalmente capito quanto si sbagliano. Ero molto più arrabbiato che deluso quando ho visto perdere a quel modo Camila da Venus e Fabio da Millman. Direi furibondo.

È certo vero che gli avversari non sono comparabili: sebbene abbia trentotto anni con Venus ci sta di perdere, altro che. Un anno fa Venus era qui in semifinale e mancò la finale di poco, dopo aver raggiunto la finale in Australia contro la sorella, loro penultimo duello. E nell’ultimo, quest’anno a Indian Wells è stata lei a battere Serena. Inciso: stasera giocano contro per la trentesima volta e una vera favorita forse non c’è, perché sulle condizioni di Serena non scommette nessuno. Ma detto ciò i 41 errori di Camila sono stati in massima parte terribilmente gratuiti. Diversi erano proprio quasi rigori. Per questo, pur ricordando che in Australia 2015 l’opportunità era stata ancora più favorevole in termini di punteggio, ero furioso mercoledì. Perché quella Venus la si doveva battere.

John Millman invece è niente di più di un gran pedalatore, coriaceo, irriducibile, regolarissimo di rovescio pur senza essere capace di farci un punto vincente, più intraprendente di dritto ma – come diceva maestro Tommasi – in relazione a quel colpo “un esempio di regolarista falloso”. Ma Fognini gli ha regalato primo e quarto set, 12 game a 2 per il doppio 6-1, ha commesso una scatafascio di errori gratuiti (anche se questi a differenza di quelli di Giorgi non arrivavano in genere già al primo o secondo tiro), addirittura 78! Ma come si fa? Ne fa 41 in due set Giorgi che è n.40 del mondo in procinto di salire a n.35 e sfiorare il suo best ranking che è n.30, ne fa 78 Fognini in 4 set (ok la media è meno di 20 a set, ma Fognini – che nonostante questa sconfitta potrebbe ritrovarsi a n.12 a fine US open, cioè alla pari del best ranking di Paolo Bertolucci – aveva di fronte un avversario che non vale più della posizione che occupa, la n.55).

Per me, e lo scrivo sapendo di attirarmi un subisso di critiche, sia Camila sia Fabio avrebbero proprio bisogno di un bravo psicologo. Non è possibile veder giocare due talenti come i loro in questo modo così scriteriato. Camila gioca senza minimamente ragionare, le hanno detto di picchiare sempre a tutta forza e lei picchia. Chiunque sia l’avversaria, qualunque siano le sue caratteristiche, la superficie, il clima, la stanchezza di chi le sta davanti, quale che sia il punteggio. Al momento buono si innervosisce quel tanto che basta e perde l’ultimo game di ogni set, quando potrebbe vincerlo, cioè senza che l’avversaria faccia cose trascendentali. Fabio entra in campo già persuaso che a lui questo US Open non piace. Ricorda tutte le sconfitte – sono 9 in 11 partecipazioni fra primo e secondo turno (e spesso cita quella con il pivello Ram che gli lasciò una miseria di giochi dominandolo in un baleno, poco più di un’ora) – ed entra in campo già scuotendo la testa, raccoglie 2 punti sui primi 22 in 5 game, nemmeno stesse giocando contro il miglior Federer, il miglior Nadal. Regala così il primo set. E quando vince in modo abbastanza rocambolesco il secondo, proprio perché Millman è un modestissimo giocatore dalla mano agricola, si convince a tal punto di giocare male – ok è vero, però si può reagire no? – che comincia il terzo set regalando un break d’avvio. Ma si può? Non ha spaccato racchette, anche se le ha fatte volare diverse volte, non ha insultato né arbitri né giudici di linea neppure quando gli chiamavano il fallo di piede, ma era un continuo gesticolare, parlarsi addosso autoflagellandosi. Ho seguito un paio di set e mezzo proprio a bordo campo, accanto all’orologio della Rolex: tutti soliloqui tutti improntati alla massima negatività. Per questo ritengo che lui debba trovare – e può ancor farlo – qualcuno (più che un coach tecnico) che sappia trasformare quella negatività in positività. Un compito non facile, ma neppure impossibile per Bacco. Vi assicuro che nel vederlo perdere a quel modo ho sofferto. E mi immagino quanto debba aver sofferto la sua Flavia, con la pettinatura ormai da signora, capelli corti corti.

Una rabbia che è montata poi quando ho constatato che Kukushkin, n.84 ATP, aveva eliminato il non ancora ripresosi Chung e, insomma, quale tabellone avrebbe potuto presentarsi più favorevole per andare a incontrare in ottavi il vincente fra Federer e Kyrgios? E certo a quel punto Fabio non sarebbe più stato a un migliaio di punti dall’agognato traguardo dei top-ten! Ci si deve allora consolare con il fatto che negli Slam quest’anno Fabio ha raccolto 9 vittorie, più delle 7 del 2014? Più di sempre? Mah… è come dire oggi che all’US Open il tennis italiano ha battuto con 8 ragazzi in tabellone tutti i suoi precedenti record di partecipazione maschile, e poi però sono usciti tutti (più Giorgi) fra primo e secondo turno. Che bel record! Sono trascorsi 11 anni dall’ultimo US Open senza un italiano, uomo o donna, al terzo turno… Come si fa a citare l’altro record di partecipazione se il risultato finale è questo?

Sono imbufalito, davvero. Perché questo sembrava proprio l’anno buono per noi, quello della rinascita. Me ne ero accorto dalle attenzioni per il tennis della gente, dei capiredattori ai giornali, delle radio. Uffa, uffa, uffa. Avessimo dei brocchi incapaci beh, ci rassegneremmo. Ma non lo sono, Fognini gioca dieci volte meglio di Millman. Ho guardato un piccolo spezzone del match accanto a Davide Sanguinetti e lui non faceva che ripetere, mentre gridava “forza Fabio!”, che “Fognini ha il tennis di un top 5”. Già, ma quante volte all’anno? E quante volte per tutto un match? A questi interrogativi temo non troverò mai risposta. E a quelli su Camila? Mah, ha 5 anni di meno, ma mi sembra un’adorabile testarda. Cambierà? Io temo che non succederà soprattutto perché lei non ne avverte l’esigenza. E se non l’avverte lei che si può fare per aiutarla?

IL CASO KYRGIOS-LAHYANI

Ne abbiamo scritto un pezzo assai esauriente, con Vanni Gibertini, e ne ho parlato a lungo nel video in inglese con Steve Flink che è stato quasi tutto incentrato sull’episodio di Lahyani che scende in campo dal suo seggiolone per incoraggiare quella testa matta (ma quanti ce ne sono?) di Kyrgios a impegnarsi, a non dare un brutto spettacolo, chè la gente stava già abbandonando le tribune per andare a vedere tennis lottato. Con Flink – vi raccomando ancora di andare a leggere Ubitennis.net se capite un po’ d’inglese e con Steve riusciamo forse a centrare maggiormente uno o due argomenti topici del giorno, forse perché non dobbiamo parlare degli italiani…quindi da domani sarà forse più interessante anche il video del sito italiano, visto che di italiani non ce ne sono più…e ovviamente gli ottimi Vanni Gibertini e Luca Baldissera non hanno colpa se finora nel video di Ubitennis.com abbiamo dovuto abbracciare più argomenti senza poterli approfondire troppo – abbiamo esaminato in lungo e in largo quasi tutte le questioni legate all’arbitro che di fatto ha certamente sbagliato a scendere dal suo seggio e a intrattenere per 68 secondi Kyrgios spronandolo a giocare con impegno.

Nessuno può sapere quanto le sue parole abbiano inciso, ma Kyrgios che era indietro 3-0 e aveva perso il set precedente 6-4… dei successivi 4 game ne ha fatti 2 come Herbert, quindi un maggior equilibrio c’è subito stato. Dopo di che ne ha fatto tre di fila, per risalire da 2-5 a 5 pari, e insomma degli ultimi 25 ne ha fatti 19. Chiunque al posto di Herbert sarebbe stato furibondo. E ancor più quando l’USTA con il comunicato che voleva coprire Lahyani ha cercato di far passare il francese, e tutti noi, da imbecilli. Ora io non credo che il buon Moahmed si sia reso conto dell’errore commesso. Lo ha fatto in perfetta buona fede. Solo che ha clamorosamente esagerato, ha dimenticato che i microfoni sono dappertutto e che ogni parola pronunciata va misurata bene – Cassano che si copriva sempre la bocca quando l’apriva sapeva bene che le sue parole erano tutt’altro che misurate o ben articolate – e ha peccato anche un po’ della sua vanità. È un bravissimo arbitro, lo svedese di origine marocchine, sta simpatico a quasi tutti i giocatori, si prende a cuore in particolare quelli di difficile gestione (Kyrgios, Fognini per citarne due solo), ma anche quando declama i punteggi, chiama il Falco, o il tiebreak, tende un po’ troppo a fare il personaggio. Mentre l’arbitro invisibile è sempre il migliore.

Lo puniranno? Se lo facesse l’USTA smentirebbe il suo primo comunicato. E gli stessi giocatori non hanno poi tanta voglia di infierire. “Chi non sbaglia mai?” ha detto lo stesso Herbert, salvo poi aggiungere: “Però spero che venga a scusarsi con me, sono io che ho perso la partita, che mi sono fatto strappare giocando male il game di servizio sul 5-4 e se andavo avanti 2 set a zero probabilmente Kyrgios sarebbe stato un altro Kyrgios… ma chi può saperlo con assoluta certezza?”. Molto corretto davvero il francesino che ora, insieme a Mahut tenterà di rifarsi nel doppio. Specialità in cui è stato il n.1 con Mahut. E proprio con Mahut dovrà affrontare domani sabato i nostri Fognini e Bolelli con i loro pantaloni che fanno tanto sorridere gli americani. Mercoledì Cindy Shmerler del New York Times gli ha dedicato un pezzo sul web, e ieri lo ha fatto anche John Jeansonne sul Daily News.

Nell’articolo scritto da Vanni però ci sono tanti pareri di vari giocatori, da Federer (cui ho strappato a fatica un commento ben chiaro e ben critico nei confronti di Lahyani dopo che in precedenza aveva tentato di rifugiarsi in corner con la prima risposta, ribadita due volte nel match fra me e Kyrgios non succederà” quando gli avevo chiesto se dovendo affrontare Kyrgios era preoccupato di un altro coach seduto sul seggio dell’arbitro – è chiaro che la domanda era scherzosa e preludeva a uno suo commento sulla vicenda che lui sulle prime preferiva non dare -) a Roddick, dai francesi solidali con Herbert, all’ex arbitro Ings. In tutto quel che è stato detto non ho approvato minimamente la linea difensiva di Kyrgios: “Io che do retta a Layani? Io che non ho un coach da anni ? Mohamed è ovviamente un incredibile giocatore… eh sì, ha raggiunto grandi risultati nella sua carriera tennistica…”. Caro Nick capisco l’ironia, ma dovresti sapere che non è necessario essere grandi giocatori per essere ottimi coach. Non era questo il punto su cui difendersi. Ne ho conosciuti a decine di ottimi coach scadenti tennisti. Bob Brett? Patrick Mouratoglou? Tre dei 4 spagnoli, Duarte, Perlas e un altro che guidarono la Spagna alla prima Coppa Davis?

ROGER FEDERER SULLA NUOVA DAVIS

Durante la giornata resa concitata per l’episodio Kyrgios e tutte le varie implicazioni che gli sono seguite, è venuta fuori anche una presunta dichiarazione di Federer che avrebbe ribattezzato la nuova Davis come “la Coppa Pique” arrivando poi a dire con insolita crudezza che mai si sarebbe aspettato che un calciatore potessi intromettersi nel “nostro sport”. Gli spagnoli hanno subito reagito all’intervento a gamba tesa sostenendo che Federer avesse parlato come Cicero pro domo sua, essendo lui direttamente coinvolto nella Laver Cup. E anche la sua proposta di trovarsi tutti assieme attorno a un tavolo, ATP, ITF e Laver Cup, ha suscitato non poche critiche. Giustificate a mio avviso. Con tutto il rispetto per Federer, la Laver Cup – manifestazione alla quale un anno fa mi sono peraltro divertito moltissimo – è un evento appena nato e che non dovrebbe avere alcun ruolo in una decisione da eventualmente concordare fra i massimi poteri del tennis contemporaneo, ITF e ATP (più WTA). Però però io ero presente, da solo, a una successiva intervista di Roger alla tv svizzera. In questa ha detto tutte altre cose, è stato molto più circospetto e guardingo.

La nuova Davis? È stato fatto un cambio un po’ brusco. Tutti noi eravamo abituati a una manifestazione diversa che avevamo sognato di poter giocare fino da piccoli e che quando ho giocato mi ha dato immense soddisfazioni, prima con Marc (Rosset… più che Chiudinelli, suppongo n.d UBS), poi con Stan, fino a che l’abbiamo vinta nel 2014. Così sembra un po’ una… fine triste, anche se è vero che negli ultimi anni aveva vissuto vari problemi, con molte assenze dei top-players. Mi si era chiesta tante volte cosa ne pensassi ma avevo preferito non rispondere perché non sapevo suggerire una soluzione. Era difficile perché il circuito è cresciuto come tornei e soprattutto come intensità, ritmi,  quindi era difficile riuscire ad accontentare tutti, soprattutto pensare che tutti potessero giocarla anno dopo anno complicando la preparazione ad altri tornei importanti per via di calendari e superfici non sempre gestibili… Adesso l’ITF ha preso una strada, ancora è presto per capire come andrà, direi che bisogna dargli una chance, ancora non conosco benissimo tutti i dettagli di come si dovrebbe svolgere, spero ci sarà tempo per apportare eventuali correzioni…”. E questa volta, insomma, Roger si è ben guardato dal fare alcun accenno alla Pique Cup, né al fatto di doversi sedere tutti insieme allo stesso tavolo, ITF, ATP e Laver Cup. Roger, anche come diplomatico, è uno che non smette mai di imparare.

WOZNIACKI (quando le cover non aiutano) E KASATKINA KO, SHARAPOVA OK

Con tutte queste storie, italiane e non, ho finito per trascurare le gare. Ma già sono stato fin troppo lungo. Certo che dopo il k.o di Halep al primo turno, quello della n.2 Wozniacki (sei game appena fatti, 6-4 6-2 con Tsurenko!) sembra aver provocato uno sconquasso nel torneo, sia pure ai due lati opposti del tabellone. Ma dopo le dieci teste di serie uscite a Wimbledon nella prima settimana dei Championships chi si sorprende ancora? Eppoi Wozniacki era ieri sulla copertina del programma quotidiano ufficiale del torneo. Tutti i giocatori quando gli capita di ritrovarcisi si fanno il segno della croce, anche quando non sono cristiani. Io non sono superstizioso ma ogni anno qui all’US Open quando una testa coronata rotola a terra, quasi sempre è successo nel giorno in cui ha fatto la cover! Ieri l’altro è andata bene, benissimo a Stephens: era sulla cover e aveva perso il primo set. Poi era stata sotto 4-2 nel secondo. Ouf… è andata. Non auguro a Maria Sharapova di fare la cover fra un paio di giorni. Oggi però non possono sbagliare. Giocano le due Williams. Una perderà. Oggi è il mio compleanno, il trentacinquesimo (eh sì, io conto solo quelli all’US open)… l’ho celebrato finendo di scrivere alle 3,30 del mattino. Se stasera non andrò al tennis a vedere le sorelle Williams spero che mi perdonerete.

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