Nei dintorni di Djokovic Down Under: Sweet Home Australia, la seconda casa di Nole - Pagina 3 di 3

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic Down Under: Sweet Home Australia, la seconda casa di Nole

Risveglio di Cilic a parte, pochi gli squilli dei rappresentanti dei paesi dell’ex Jugoslavia all’Australian Open. Ma c’è lui: Novak Djokovic, che in finale rimonta Thiem e si laurea campione per l’ottava volta

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OTTAVI DI FINALE – CILIC SENZA BENZINA (E SENZA ELMETTO)

Djokovic continuava a viaggiare sul velluto e dopo aver vendicato Djere vendicava senza grosse difficoltà anche Lajovic, imponendosi in tre set su Schwarztman. Che sul cemento non riesce mai a creare grattacapi al serbo – due nette sconfitte in tre set, l’altra era stata a New York nel 2014 – a differenza della terra rossa, dove invece lo ha sempre costretto al set decisivo: al quinto a Parigi nel 2018, al terzo a Roma lo scorso anno.

La resurrezione di Cilic si fermava davanti alle bombe di servizio scagliate da un altro nobile decaduto, Milos Raonic. Nella sfida tra ex n. 3 del mondo il canadese di origine montenegrina aveva infatti nettamente la meglio anche grazie ai 35 ace realizzati in sedici turni di battuta. Forse potremmo dire soprattutto grazie a quelli, perché partire praticamente da 30-0 in ogni game di servizio indubbiamente aiuta parecchio… Il 31enne tennista di Medjugorje pagava inoltre la stanchezza delle due maratone con Paire e Bautista Agut, non riuscendo di conseguenza ad imporre la sua teorica superiorità negli scambi da fondo. Anche a causa di qualche problemino fisico, come rivelerà al termine dell’incontro. “Nel match contro Paire c’era molto vento, mi disturbava nel lancio di palla nel servizio tanto che ho stirato un po’ la schiena. Ovviamente non mi hanno aiutato i cinque set giocati contro Bautista” ha dichiarato infatti Marin dopo il match, riconoscendo però i meriti dell’avversario” ma indipendentemente da questo Milos ha meritato, sta giocando un ottimo tennis e non mi stupirei di vederlo arrivare fino in fondo.” La delusione per la sconfitta in uno Slam stavolta per Cilic è svanita rapidamente, perché sostituita da una delle gioie più grandi nella vita: pochi giorni dopo, infatti, la moglie Kristina ha dato alla luce il loro primogenito, Baldo.

QUARTI DI FINALE – NOVAK DISINNESCA MILOS

Per dare ragione a Cilic, a Raonic sarebbe servito partire da 30-0 anche contro Djokovic e invece contro il serbo si è dovuto “accontentare” di un bonus di un punto a game, visti i “soli” diciotto ace messi a referto nei tre set persi contro il campione in carica. Che non è comunque poco se giochi contro i comuni mortali, ma non poteva bastare contro il fenomeno serbo, anche considerato che rispetto al match contro Cilic il 29enne nativo di Podgorica ha messo meno prime in campo (62% rispetto al 73%). E quando si entrava nello scambio non c’era molta storia, con Nole che sistematicamente infieriva sul rovescio dell’avversario, storico punto debole di Raonic. Djokovic poteva così onorare la nomina – ufficializzata poche ore prima del match – del suo coach Goran Ivanisevic nella Hall of Fame: “Mi congratulo con lui. Per me è un onore poter lavorare con lui. La nostra amicizia risale a tantissimi anni fa, a quando potevo scambiare con lui qualche palla all’Accademia di Nikki Pilic.

SEMIFINALI – FEDERER NON STANCA DJOKOVIC

Subito dopo il sorteggio, era uno dei match che appassionati e addetti ai lavori speravano di poter vedere: il 50esimo capitolo della sfida Djokovic-Federer. Con ancora negli occhi il loro ultimo incontro a livello Slam, l’incredibile finale di Wimbledon, e la vittoria dello svizzero alle ATP Finals, a suffragare l’idea che il 38enne svizzero avesse ancora la capacità di contrastare Nole negli appuntamenti che contano. Ma già allora c’erano le statistiche relative ai loro head to head ad evidenziare impietosamente che sul cemento outdoor la storia era diversa, dato che Federer non ci vinceva contro Nole dal 2015, e a livello Slam addirittura dallo US Open 2009. Ed una volta giunti al match, il modo in cui c’erano arrivati non faceva che rafforzare la convinzione che anche stavolta tra i due non sarebbe finita diversamente su quella superficie. Difficile infatti pensare che un Federer stanco e acciaccato dopo le durissime battaglie contro Millman e Sandgren potesse mettere in difficoltà un Djokovic che invece non aveva dovuto faticare più dello stretto necessario fino a quel momento. E così è stato, seppur la partenza a razzo di Roger aveva illuso i fan dello svizzero che potesse avverarsi l’ennesimo miracolo agonistico del fuoriclasse di Basilea. Ma annullate le tre palle break consecutive dell’1-5, Djokovic alzava i giri del motore e saliva in cattedra, mentre le difficoltà fisiche di Federer non potevano più essere compensate dalle magie del suo braccio. Vittoria in tre set per il serbo, che rendeva onore al suo grande avversario per aver giocato in quelle condizioni (“Grande rispetto per questo”) ma allo stesso tempo probabilmente era molto soddisfatto di non aver dovuto investire troppe energie fisiche e mentali per ottenere la 27° vittoria sul campione svizzero.

Roger Federer e Novak Djokovic – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

FINALE – NOLE NON MUORE MAI

E chissà che proprio le energie risparmiate contro Federer non siano state quelle che è riuscito a trovare in finale nel momento decisivo, quando alla fine del terzo set si è ritrovato sotto nel punteggio e ancora a corto di energie (“Incomprensibile quello che mi è successo con quei capogiri ed il calo di energia all’inizio del terzo set. Ero andato a cambiarmi e quando sono rientrato in campo ho sentito che qualcosa non andava, pensavo fosse momentaneo, invece è durato un set e mezzo. Semplicemente ogni volta che lanciavo la palla per servire mi girava la testa, quasi da cadere a terra. Veramente strano. Dopo alcuni interventi del medico si è capito cosa avevo – ero disidratato, anche una cosa molto strano. Avevo infatti bevuto molto, ho un mio protocollo ben preciso prima di entrare in campo. Avranno sicuramente  inciso altri fattori – emozione, stress. Ero deluso nel sentirmi così in una finale Slam” ha dichiarato ai media serbi nel dopo partita). Ma soprattutto quando si è ritrovato a difendere una palla break all’inizio del quarto set e pareva ormai inevitabile che la prima sconfitta in una finale a Melbourne stesse per arrivare da lì a poco, cancellando così la statistica della sua invincibilità nell’ultimo atto dello Slam australiano.

Invece Djokovic ha trovato la forza di ribellarsi a un finale che in quel momento sembrava già scritto. Significativo un passaggio in conferenza stampa al riguardo: “Io sono cresciuto in Serbia durante le guerre degli anni ’90. Erano tempi difficili, c’era l’embargo e dovevamo aspettare in fila per pane, latte, acqua e altri beni di prima necessità. Questo tipo di cose ti rendono più affamato di successo in qualsiasi cosa tu scelga di fare. Penso che da qui sia nato tutto, dal fatto che assieme alla mia famiglia sono emerso da circostanze molto difficili Mi ricordo sempre da dove sono partito e mi dà la motivazione per andare avanti. È sicuramente una delle ragioni per cui trovo sempre una marcia in più nelle avversità.Avversità alle quali stavolta si è ribellato utilizzando una tattica non usuale per lui, il serve and volley. E forse ora saranno di meno quelli che si continuano a chiedere perché ha chiamato Ivanisevic fa parte dello staff: a quei livelli, si lavora su migliorare dettagli e su certi dettagli, leggi servizio e volée, Goran ha un po’ di cose da dire. Annullata così la grande occasione di Thiem, da quel momento il fuoriclasse belgradese ha ripreso in mano le redini del match fino a tirare una riga su un’altra statistica, quella che non lo aveva mai visto vincitore in una finale Slam risalendo da uno svantaggio di due set a uno.

Diciassette Slam, settantotto tornei ATP (quinto all time, staccato McEnroe), quinta riconquista del trono mondiale, primo giocatore dell’Era Open a vincere uno Slam in tre decenni diversi. Le tredici vittorie in terra australe, tra ATP Cup e Australian Open, portano in dote tutto questo (e anche qualcosa d’altro, ma dobbiamo sintetizzare) a Novak Djokovic. Che ha ammesso pubblicamente come ora il suo obiettivo sia uno solo: superare Federer e Nadal nel numero di Slam vinti. Non sarà facile, si tratta di una lotta tra giganti e inoltre Thiem ha dimostrato – come già Medvedev nella finale di New York – che i giovani si stanno avvicinando sempre di più ai Big Three. Ma dopo quel serve & volley con il (e da) capogiro, qualcuno è disposto a scommettere che si tratta di un’impresa impossibile per Novak Djokovic? Chi scrive no di certo…

Novak Djokovic – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

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