Australian Open 2020: delusioni e sorprese - Pagina 2 di 4

Al femminile

Australian Open 2020: delusioni e sorprese

Da Osaka a Jabeur, da Williams a Swiatek, protagoniste in positivo e in negativo dello Slam di gennaio. E per concludere una teoria sulle ultime vincitrici dei Major

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Coco Gauff e Naomi Osaka - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

2. Naomi Osaka e Serena Williams
È sorprendente scoprire quanto il destino di due giocatrici così lontane per età come Osaka e Williams si stia intrecciando negli ultimi tempi. Osaka ha sempre dichiarato di avere avuto Serena come idolo di infanzia. Poi l’ha incontrata e sconfitta in uno dei primi match del ritorno di Williams dopo la maternità, a Miami. E naturalmente il clou del loro rapporto è stata la finale dello US Open 2018, indimenticabile per le vicende durante la partita, e anche dopo.

Al via di questo Australian Open per i bookmaker erano le prime favorite, ma non avrebbero potuto incontrarsi in finale perché il sorteggio le aveva collocate nella stessa porzione di tabellone. Se tutto fosse andato secondo le previsioni, si sarebbero dovute incrociare a livello di quarti di finale: testa di serie numero 3 contro testa di serie numero 8. Si parlava già di quel match come di una finale anticipata.

E invece il “loro” quarto di finale è stato disputato da Sofia Kenin e Ons Jabeur (chissà a quanto era quotato un accoppiamento del genere); sia Naomi che Serena sono state infatti eliminate al terzo turno. Ed è accaduto contro due giocatrici che avevano sconfitto nettamente allo US Open 2019. Osaka a New York aveva lasciato tre game a Coco Gauff (6-3, 6-0). Williams uno solo a Wang Qiang (6-1, 6-0).

Come ha detto Osaka in conferenza stampa:: “Impari di più quando perdi. Il vincitore non impara davvero tanto”. Per entrambe il fresco precedente così favorevole potrebbe aver contribuito a farle affrontare il match senza la giusta prospettiva. Il contrario per le avversarie: aver perso con un punteggio tanto severo potrebbe aver funzionato come uno stimolo in più per dare tutte se stesse nel tentativo di prendersi la rivincita.

Naomi Osaka
A mio avviso Osaka ha perso contro Gauff innanzitutto sul piano tattico e mentale. Ha sbagliato l’interpretazione del match, forse ingannata proprio dalla netta vittoria newyorkese. Penso che Naomi avrebbe dovuto capire che non era la sua giornata, e non poteva ripetere la partita di Flushing Meadows, nella quale aveva dominato in ogni ambito.

A ogni tennista capitano partite in cui sente poco la palla; in quei casi occorre prendere atto che la vittoria non può arrivare per KO ed è necessario trovare strade differenti per prevalere. Del resto proprio nell’Australian Open vinto nel 2019, Naomi aveva dimostrato di saper uscire dalle sabbie mobili di situazioni difficili, rimontando match complicati contro Sevastova e Hsieh. E lo aveva fatto con la pazienza e l’umiltà: aveva allungato gli scambi, accettando che i quindici potessero essere vinti anche al termine di punti più articolati e costruiti tatticamente.

A distanza di dodici mesi, invece, nel match contro Gauff Osaka non ha nemmeno provato a cambiare atteggiamento, e ha testardamente continuato a regalare gratuiti su gratuiti. Mi viene anche il dubbio che questa testardaggine fosse causata da una errata interpretazione delle caratteristiche della sua avversaria: forse il fatto che Gauff sia una giocatrice che dispone di una prima di servizio molto potente potrebbe avere fatto pensare a Naomi di essere di fronte a una tennista spiccatamente di attacco a cui non si doveva in ogni caso lasciare l’iniziativa. In realtà Coco è una giocatrice che ricorre anche al palleggio interlocutorio, quando non direttamente alla difesa, in attesa dell’errore della avversaria.

Insomma, a mio avviso si poteva anche pensare di affrontare Gauff con più pazienza, provando a sondare la solidità del suo dritto, come avrebbe fatto nel turno successivo la vincitrice del torneo Sofia Kenin.

Il 6-3, 6-4 conclusivo è perfino generoso per come è stato condotto il match. A un certo certo punto mi è sembrato che Naomi quasi volesse (inconsciamente) perdere, liberandosi dallo stress che l’affrontare il torneo le stava procurando. Ha commentato in conferenza stampa: “Mi sarei dovuto aspettare che Coco giocasse così bene, ma in realtà non ero pronta a fronteggiarla”.

Per poi concludere con parole severe verso se stessa: “Non so, per me è stato uno di quei giorni in cui avevo la sensazione non mi riuscisse nulla di buono. Il rovescio è il mio lato più consistente, e invece ogni palla mi volava via. Anche se mi stavo dicendo, “so cosa devo fare per farlo entrare”. E invece proprio non entrava. Per questo penso di non avere ancora la mentalità da campionessa. Significa, ad esempio, riuscire a fronteggiare la situazione anche quando non si gioca al 100%. Ho sempre voluto essere così, ma credo di avere ancora molta strada da fare”.

Serena Williams
Attribuirei invece l’eliminazione di Serena Williams a cause più esecutive che tattiche. Serena ha sbagliato veramente troppo, e questi errori hanno pesato in modo irreparabile sul bilancio del match. Era difficile immaginare che Williams si sarebbe fermata proprio contro Wang Qiang. Cinese non solo di nascita ma anche di impronta tennistica: una giocatrice che ama il tennis “ping pong”, sviluppato attraverso scambi di ritmo medio-alto con palla lineare e poco lavorata. Se ne ha la possibilità, Wang preferisce condurre il gioco, ma non disdegna nemmeno di appoggiarsi alla potenza delle avversarie se queste le propongono una palla tesa. Fatica invece molto di più a gestire le parabole più cariche di top spin, che sono una delle opzioni di Serena.

In sostanza contro una giocatrice come WIlliams, Wang non avrebbe dovuto avere né qualità sufficienti per fare partita di attacco, né capacità difensive tali da permetterle di allungare oltre misura gli scambi, come saprebbero fare tenniste molto più forti nel contenimento, in stile Wozniacki o Kerber. Invece questa volta è bastata una buona mobilità e la grande applicazione agonistica a mandare in crisi una Williams davvero in cattiva giornata (6-4, 6-7, 7-5).

Per questo la sconfitta suona particolarmente grave: perché dà la misura di una notevole distanza con il livello di gioco necessario a misurarsi con le migliori. Qualche statistica del match. In tre set, Wang ha perso una sola volta la battuta: quando nel secondo set ha servito per il match sul 6-4, 5-4. Saldo vincenti errori non forzati: Wang +5 (25/20), Williams -13 (56/43). Williams ben 10 errori in risposta, Wang solo 2, con un eccezionale 60% di punti vinti sulla seconda, contro il 50% di Williams.

Forse le parole di Serena in conferenza stampa sono sembrate poco generose nei confronti della sua avversaria, ma va sottolineato come siano state innanzitutto brutalmente sincere verso se stessa: “Oggi ho fatto troppi errori. Errori che non si aspettano da un’atleta professionista. Non ho certo colpito come a New York né come faccio di solito. Lei ha servito bene, ma io non ho risposto da Serena Williams. Onestamente: è tutta colpa mia. Ho perso io la partita. Giocare in questo modo non è accettabile, non è nemmeno professionale. Sembro meno triste di altre volte? Sono migliorata come attrice: faccio finta di non voler più dare un pugno al muro per il disappunto, ma poi in realtà lo faccio”.

Questa eliminazione è il segno di un declino ineluttabile? Se paragoniamo l’Australian Open 2019 (con la vittoria su Halep e l’uscita nei quarti al termine di un match rocambolesco contro Pliskova) con quello del 2020 la differenza è notevole; questo torneo non è stato un buon segnale in vista dei i prossimi impegni. Ma di fronte alle doti straordinarie di Serena è sempre un azzardo intonare il De Profundis.

a pagina 3: Pavlyuchenkova, Jabeur, Swiatek, Gauff

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