Australian Open 2020: delusioni e sorprese - Pagina 4 di 4

Al femminile

Australian Open 2020: delusioni e sorprese

Da Osaka a Jabeur, da Williams a Swiatek, protagoniste in positivo e in negativo dello Slam di gennaio. E per concludere una teoria sulle ultime vincitrici dei Major

Pubblicato

il

Coco Gauff e Naomi Osaka - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

4. L’effetto Serena Williams
Per concludere espongo una teoria di cui mi sono convinto negli ultimi tempi, e che prova a trovare un filo comune in grado di spiegare le vincitrici degli ultimi Major.

Postulato di base: gli Slam sono tornei speciali. E lo sono anche per le donne, malgrado si disputino in match al meglio dei tre set, come qualsiasi altro torneo del circuito. I Major per importanza e prestigio non si possono paragonare ai Premier o agli altri eventi WTA. Ho provato a spiegare la specificità degli Slam in questo articolo, a cui rimando per spiegazioni più estese e dettagliate.

Definito il postulato che riguarda la specificità degli Slam, si può sviluppare il tema delle ultime vincitrici. La mia teoria è questa: comincio a pensare che Serena abbia inciso in modo diretto o indiretto sulla gran parte dei Major delle ultime stagioni, perfino quando non è scesa in campo.

Abbiamo visto come Williams abbia giocato troppo tesa tutte le recenti finali: quattro presenze dopo il rientro post maternità, e zero set conquistati. Il desiderio di tornare a vincere e raggiungere il primato di Margareth Court (24 titoli) l’ha caricata di una tensione soverchiante, da cui hanno tratto vantaggio Angelique Kerber, Naomi Osaka, Simona Halep e Bianca Andreescu.

Questo per quanto riguarda l’influenza diretta. Poi ci sono gli Slam in cui Serena non era presente (in finale, o al via), e che però a mio avviso sono stati ugualmente condizionati da lei. Come?

Dobbiamo partire da un ragionamento generazionale. Sia le giocatrici più anziane che quelle della età di mezzo, sono cresciute con Serena come punto di riferimento. Al via di uno Slam, qualsiasi Slam fosse, era lei la prima favorita, nessuna poteva esercitare il ruolo di leader che spettava solo a Williams.

Negli ultimi anni, da quando Serena ha smesso di dominare, queste giocatrici si sono trovate con più spazi di vittoria potenziali. Però senza aver potuto sviluppare la mentalità necessaria ad affrontare al meglio le fasi finali di uno Slam da favorite. Quello era il ruolo che spettava a Williams, che in questo modo ha impedito alle avversarie di sviluppare un carattere più solido.

In più, soprattutto per le giocatrici con alle spalle molti anni di attività, è cresciuta la sensazione che raggiungere una finale Slam fosse una occasione quasi irripetibile, da non lasciarsi sfuggire assolutamente.

E proprio per questo le tenniste di una certa età che si sono avvicinate alle finali Slam contro le giovani, sono uscite sconfitte. Le giovani avevano infatti un duplice vantaggio psicologico: partivano spesso sfavorite, con poco da perdere; e non avevano la sensazione di trovarsi di fronte a una occasione irripetibile (visto che avevano comunque tutta la carriera davanti). E così match che in un torneo WTA “normale” le giocatrici più navigate avrebbero forse vinto, una volta disputati nel contesto degli Slam si sono trasformati in ostacoli insormontabili.

Ostapenko contro Halep nel 2017 a Parigi, Muguruza contro Venus nel 2017 a Wimbledon, Osaka contro Kvitova nel 2019 a Melbourne, Kenin contro Muguruza qualche giorno fa. Se a questi tornei aggiungiamo le quattro finali perse da Serena, vediamo come otto degli ultimi dodici Slam si sono sviluppati con una dinamica simile, con la più giovane sempre vincente.

Dal 2017 a oggi, quattro finali hanno fatto apparentemente eccezione. Dico apparentemente perché in realtà tre finali vedevano in campo giocatrici sostanzialmente di pari status, con condizioni mentali equivalenti: Stephens contro Keys (US Open 2017), vale a dire due amiche che avevano vissuto la loro crescita tennistica in parallelo. Wozniacki contro Halep (Australian Open 2018), cioè due giocatrici con carriere molto simili e un solo anno di differenza. E infine Barty contro Vondrousova (Roland Garros 2019), due tenniste ugualmente esordienti a quel livello, e arrivate all’atto conclusivo assolutamente a sorpresa.

A conti fatti, forse solo una finale ha parzialmente smentito “l’effetto Williams”: il Roland Garros 2018 vinto da Halep contro Stephens. Perchè Halep ha affrontato quella partita da testa di serie numero 1 e da favorita, anche se in fondo la sua avversaria un Major lo aveva già vinto (US Open 2017), mentre Simona no. E quindi anche in questo caso non era poi tanto diverso lo status delle due protagoniste.

Dodici Slam, una sola (mezza) eccezione. E così, anche quando non vince, Serena dimostra di aver lasciato un segno indelebile sul circuito e su tutte le principali protagoniste degli ultimi anni.

Pagine: 1 2 3 4

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement