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“Solo” un quarto di finale, che vale però il vestito da sera. Novak Djokovic e Rafael Nadal si prendono il prime time sul Philippe Chatrier (in campo alle 20.45) e nella programmazione televisiva europea. La collocazione oraria non ha entusiasmato Nadal e chi lavora con lui (QUI le lamentele di Carlos Moya), ma è più che comprensibile la scelta del Roland Garros per l’incrocio più atteso da quando è stato sorteggiato il tabellone maschile. Djokovic comanda 30-28 nei precedenti complessivi, ma è sotto 19-8 sulla terra e nello specifico 7-2 su quella parigina, dove i due si ritrovano per la terza edizione consecutiva. Nelle ultime due stagioni hanno dato vita alla finale del 2020 vinta da Nadal per lo storico tredicesimo trofeo da queste parti e alla semifinale dello scorso anno, con la rimonta in quattro set del serbo. E’ dal 2015, in effetti, che non si incrociano così lontani dal luccichio di una finale: anche in quel caso un quarto di finale, come questo che apre una finestra sulla semifinale contro il vincente tra Alexander Zverev e (speranza di molti) Carlos Alcaraz.
COME CI ARRIVANO – Per Djokovic, spinto dal vento di rinascita che soffia nelle sue vele dalla settimana d’oro di Roma, l’arrivo tra i primi otto è stato agevole: nemmeno un set lasciato per strada nel superare gli ostacoli Nishioka, Molcan, Bedene e soprattutto Schwartzman. La partita con l’argentino, che sembrava la più insidiosa, è stata comunque superata agevolmente pur senza raggiungere i migliori standard di gioco. Da quinta testa di serie, Nadal ha superato con autorità i primi tre turni (Thompson, Moutet, Van de Zandschulp) prima di risolvere l’enigma dello scontro generazionale – in mezzo zio Toni, coach del canadese – con Felix Auger-Aliassime. Non è mancato lo spirito battagliero – oltre quattro ore di partita -, come anche la capacità di adattarsi a un freddo che non è mai stato suo alleato. Nadal, in una versione da alti e bassi, è stato trascinato al quinto set appena per la terza volta (!) in 112 partite al Roland Garros dove ha dato la spallata decisiva. Ed è ciò che conta, per goderci la sfida più attesa.
QUALCHE DATO – L’orientamento dei bookmaker a favore di Djokovic trova sponda, evidentemente, più da valutazioni sull’attualità che sullo storico o sui massimi sistemi. Come accennato, il serbo arriva dal trionfo di Roma preceduto dalla semifinale persa a Madrid contro Alcaraz. Contro l’erede spagnolo si è fermata, nello stesso torneo, la corsa di Nadal che i segnali più preoccupanti a livello fisico li ha mostrati al Foro Italico. Agli Internazionali, l’ormai cronico problema al piede l’ha condizionato nella sconfitta con Shapovalov disseminando anche dubbi sulle condizioni di atterraggio a Parigi. Nel percorso in questo torneo, Djokovic è stato in campo complessivamente due ore e mezza in meno e – per quello che valgono i numeri, quando di fronte ci sono leggende – ha reso meglio in diversi fondamentali a partire dal servizio. Un largo 31 a 7 nel conteggio degli ace, ma anche il 94% dei game in battuta tradotti in punto (85% per Nadal) e un consistente 82% di palle break salvate (per il maiorchino, 9 su 18). Inclinazione del pronostico pronta, in ogni caso, a essere ribaltata dal migliore di sempre quando si gioca a Parigi. “Ogni partita che gioco qui – le parole di Nadal, in avvicinamento – non so se sarà l’ultima al Roland Garros nella mia carriera da tennista“. La certezza è che lotterà, con ogni energia, affinché non sia così. Almeno adesso.