Dire che papà Giorgi è un buon coach non è salire sul carro del vincitore

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Dire che papà Giorgi è un buon coach non è salire sul carro del vincitore

Papà Sergio Giorgi, oltre a preparare atleticamente Camila in modo superbo e ad essere un grande motivatore, può avere il difetto di non predisporre un “piano B”, ma cura un’infinità di dettagli. E la Giorgi di anno in anno è sempre cresciuta. Anche Sharapova e Wawrinka prendono sempre molti rischi…e hanno vissuto alti e bassi

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Burbero, spavaldo e spiazzante in pubblico, iper-protettivo, esigente e ambizioso con la figlia, che segue “dal primo giorno in cui ha preso la racchetta in mano”, tanto per citare un recente comunicato. Sergio Giorgi, padre e allenatore a tempo pieno di Camila, è certamente un personaggio difficile da inquadrare, assolutamente fuori dagli schemi. Membro di una lunga lista di genitori onnipresenti nella carriera tennistica dei figli, in particolare nel circuito femminile, concepisce il gioco a modo suo ed è poco incline a scendere a compromessi.

Per molti appassionati e commentatori di tennis italiano la figura paterna rimane un freno alla carriera della talentuosa tennista azzurra. A Sergio Giorgi viene imputata una mancanza di esperienza come coach ad alti livelli, oltre che un eccessivo coinvolgimento emotivo. Per fortuna su questo sito è già stata spezzata una lancia in suo favore come allenatore di Camila e artefice della sua ascesa. Dopo il suo primo titolo WTA sull’erba olandese di s’Hertogenbosch (dedicato al papà e chi altrimenti?) forse il discorso merita di essere approfondito. Più per sfatare quello che ormai è un luogo comune che per saltare sul “carro del vincitore”, una pessima abitudine tricolore.

Innanzitutto bisogna constatare che la crescita della nativa di Macerata di origini argentine è stata costante e inesorabile. Eccetto per la stagione 2013, la prima vera e propria sul circuito maggiore, Camila è sempre salita nel ranking. La scorsa stagione ha compiuto forse il passo più significativo e complicato, quello da top 100 a top 50 (n. 31 per l’esattezza come best ranking), con vittorie di prestigio come quella contro Maria Sharapova ad Indian Wells o quella su Caroline Wozniacki a New Haven. Quest’anno, con molti più occhi puntati addosso, ci sono stati alti e bassi ma finalmente, dopo tre finali perse consecutivamente, è arrivato il tanto agognato primo titolo. Dopo questo acuto ora Camila è tornata molto vicina alla sua miglior classifica, con ampie possibilità di miglioramento, dato che ora si torna sul cemento, superficie più consona alle sue caratteristiche rispetto alla terra battuta.

Tuttavia le critiche alla direzione tecnica impressa da Sergio non hanno mai riguardato i risultati ma piuttosto il modo di giocare della figlia. Sul campo da tennis Giorgi è sempre in spinta, col servizio (che le ha dato qualche grattacapo di recente) di dritto e di rovescio. Non esistono altre opzioni e piani B. Esiste solo il piano A e prevede aggressività e ricerca del vincente ad ogni costo. Che dall’altra parte della rete ci sia n.1 o la n.100 al mondo non importa. È Camila a fare la partita, nel bene e nel male, con un margine di rischio sempre molto elevato. Troppo elevato per i detrattori del Sergio Giorgi in versione allenatore. Tanti osservatori infatti pensano che questa tattica – sempre che di tattica si possa parlare poiché il gioco della marchigiana appunto non si adatta alle avversarie – conduce e condurrà irrimediabilmente a risultati altalenanti.

Nonostante Sergio, cocciuto com’è, non abbia nemmeno mai preso seriamente in considerazione queste osservazioni, avrebbe buoni argomenti per ribattere agli “haters”, come va di moda chiamarli ora. Svariate tenniste di vertice giocano esattamente come la Giorgi. Sharapova e Williams in primis ma non solo. Loro se lo possono permettere e Camila no? Fatta eccezione per la fuoriclasse statuintense, la pesantezza di palla dell’azzurra classe 1991 non ha nulla da invidiare a quella di chi le sta davanti in classifica, dati alla mano. Come se non bastasse il paragone femminile ora c’è anche un esempio di tennista vincente nel circuito ATP con un gioco che di conservativo ha ben poco: Stan Wawrinka. Anche lo svizzero non è certo un mostro di continuità ma i picchi di rendimento sono eccezionali e ineguagliabili per quasi tutti i suoi colleghi. Insomma, per farla breve, Giorgi non è l’unica tennista a giocare un tennis da “tutto e subito” e questa strategia paga. Non sempre ma paga. Poi non si sa mai che magari quelle palle che oggi nelle giornate storte vanno fuori rimarranno in un futuro prossimo sempre più dentro le righe. E allora saranno davvero guai grossi per le sue rivali.

Inoltre Sergio Giorgi come coach di tennis ha dimostrato almeno un altro paio di qualità. La prima è una volontà evidente di aggiungere nuove soluzioni al bagaglio tecnico della figlia. Come nuove angolazioni, con  traiettorie sempre più strette che vanno a mettere in difficoltà chi si aspetta colpi più profondi. Ma soprattutto con una maggiore propensione alla rete, per andare a raccogliere i frutti delle “pallate” da fondo campo. Queste nuove opzioni non fanno che rendere più completo il gioco di Camila, pur in un contesto coerente e ben preciso di percorso tecnico da seguire. In poche parole, si migliora senza stravolgere la natura e le attitudini del tennista. Una regola d’oro per un coach di alto livello. Non bisogna poi dimenticare la perfetta preparazione atletica e l’impressionante forza muscolare di Camila, condizioni indispensabili per il suo tipo di gioco. La seconda qualità è l’incrollabile entusiasmo e positività che riesce ad infondere alla giovane tennista. Giorgi sr. appare sempre fiducioso e ottimista riguardo alle prospettive della sua ragazza e pronto a fare da parafulmini per qualunque attacco dall’esterno. Quasi una concezione calcistica del rapporto allenatore-allenato. Naturalmente si potrebbe far notare che Camila magari è più disponibile ad accettare i suggerimenti rispetto ad altri giocatrici perché vengono da suo padre. Oppure che Sergio è influenzato da una normalissima tendenza a sovrastimare le capacità della propria figlia di avere successo. Ma tant’è che il rapporto indubbiamente funziona dal punto di vista sportivo e professionale.

In conclusione quindi bisogna cominciare a dare a Cesare ciò che è di Cesare. Sergio Giorgi ha compiuto e continua a compiere un lavoro di spessore con Camila. E non si sta facendo riferimento a ingenti sacrifici economici o a poco agevoli scelte di vita. Si disquisisce di tennis in senso stretto e di direzione tecnica. Gli scettici, nella Federazione e non solo, che bramano di poter mettere le mani su quel potenziale che deve maturare definitivamente, si mettano l’anima in pace. Anche perché i Giorgi lo hanno ribadito: loro vanno per la loro strada, “ancora e sempre insieme”. Buona fortuna.

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