Djokovic si apre: “Sento il peso degli anni"

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Djokovic si apre: “Sento il peso degli anni”

Nole è sicuro di poter dare ancora molto sul campo da tennis. “Magari farò come Federer”. Lo racconta in questa lunga, e molto intensa, intervista

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Pare sia passato chissà quanto tempo, ma solo dodici mesi fa Djokovic era costretto al ritiro a Dubai nei quarti di finale contro Feliciano Lopez, a causa di una infezione all’occhio, interrompendo così una striscia di 14 vittorie consecutive dall’inizio dell’anno e di 17 finali consecutive dal gennaio 2015. La sconfitta contro Kyrgios negli ottavi ad Acapulco, dopo quella contro Istomin al secondo turno degli Australian Open a Melbourne e la bruttissima prestazione in Davis, dove ha rischiato contro il giovane russo Medvedev, ha subito riacceso il dibattito, peraltro mai sopito, in merito alla questione se il Novak Djokovic che abbiamo visto letteralmente dominare per un lungo periodo il tennis maschile appartenga ormai al passato oppure se il 29enne fuoriclasse di Belgrado potrà tornare ad essere il “Robonole” che era.

Le poche parole dopo la sconfitta, in cui si è limitato a congratularsi con il 21enne tennista di Canberra e a dire che non poteva sentirsi bene dopo aver perso per l’ottava volta in otto mesi, mentre nei diciotto mesi precedenti era successo solo nove volte, non hanno contribuito a rassicurare i tifosi del dodici volte campione Slam sul fatto che il loro beniamino possa tornare ad esprimersi ai livelli del suo incredibile 2015 o del primo semestre 2016. Tanto che uno degli addetti ai lavori più famosi in Serbia, l’ex capitano di Coppa Davis Bogdan Obradovic, si è proposto per aiutarlo a superare questo periodo critico.

Giovedì scorso è andata in onda su RTS1, il primo canale della TV nazionale serba, una lunga intervista esclusiva proprio a Novak Djokovic. E a giudicare da quanto ha raccontato alla televisione del suo paese, il 29enne fuoriclasse di Belgrado tutto è sembrato fuorché un atleta non più convinto di poter essere ancora il tennista vincente che tutti avevano conosciuto. Ma dalle sue parole emerge anche chiaramente il fatto che i grossi cambiamenti nella vita privata, in primis la nascita del figlio Stefan, hanno influito significativamente sulla sua vita professionale e sul suo modo di approcciarsi al tennis.

Tanti i temi toccati nel corso dell’intervista, svoltasi tra il parco nazionale del Kopaonik e Belgrado e durata complessivamente un’ora e un quarto circa. La prima parte è stata registrata proprio sul massiccio del Kopaonik, nel centro sciistico dove Djokovic è cresciuto. Dove Nole ha raccontato tanto di sé e della sua famiglia. Di come proprio su quelle piste si siano conosciuti i suoi genitori, con il padre – maestro di sci – che per attirare l’attenzione della mamma finse di cadere proprio davanti a lei. Di come proprio il ristorante che i suoi aprirono in quel comprensorio turistico fu la fonte di reddito che permise alla famiglia di finanziare la sua carriera fino ai primi guadagni da professionista. Per poi ricordare la sua prima allenatrice, la grande Jelena Gencic, passando davanti al campo da tennis dove la vide per la prima volta e dove lei gli insegnò a giocare a tennis e notò da subito che quel bambino aveva qualcosa di particolare. Significativa in tal senso la riproposizione della prima intervista fatta a Novak quando era bambino – aveva 7 o 8 anni – in una trasmissione tv per ragazzi (“Ho imparato prima a giocare a tennis, poi a leggere e scrivere” “Il mio obiettivo nel tennis è quello di diventare il n. 1”).

Ecco nel seguito il riepilogo, per punti, dei passaggi più interessanti dell’intervista

I rapporti con gli altri
Cerco di mantenere i rapporti con le persone e con cui sono cresciuto. Ad esempio, quando sono andato a sciare con mio fratello Marko sul Karaman (una delle cime del Kopaonik, ndr), abbiamo incontrato il signor Dragan, il suo primo istruttore di sci, e suo figlio Luka. È bello mantenere i legami dell’infanzia. Con gli amici e soprattutto con la famiglia.

La famiglia e l’educazione
I miei genitori mi hanno supportato incondizionatamente quando ho iniziato a giocare a tennis e di questo sono loro estremamente grato. Era un periodo difficile: i bombardamenti, le sanzioni contro la Serbia. E loro sono riusciti a trovare le risorse finanziarie, non so come, per permettermi di giocare tornei anche all’estero fino ai 14-16 anni. Che non portavano soldi, ma erano fondamentali per la mia crescita come giocatore. Questo è solo un esempio del loro supporto. Io oggi mi impegno affinché ci sia sempre armonia nel rapporto tra noi e soprattutto cerco di prendere le cose migliori dalla educazione che ho ricevuto da loro e di trasmettere questi valori a mio figlio e alla mia famiglia.

La lontananza da casa
Non c’è una risposta alla domanda sul come fare a compensare il fatto che sono spesso assente, lontano da casa. Questa è un problema che ha chiunque abbia uno stile di vita simile al mio, che viaggia, che ha una professione che lo obbliga a stare molto in giro. Questa lontananza, la mancanza del tempo passato insieme, è probabilmente la cosa più difficile che dobbiamo affrontare come famiglia. Ma cerchiamo di adeguarci per quanto possibile.

L’arrivo di Stefan
Finché non è nato Stefan, per me il tennis era al primo posto. Tutti lavoravano attorno a me, si sacrificavano per me e per i miei successi, e all’improvviso tutto è cambiato. Non è che non lo volessi, tutt’altro. Perché non può essere che tutto ruoti attorno alla tua vita. Mi sono impegnato e mi impegno per ricambiare queste attenzioni e questo amore, però per il tipo di professione che ho, mi sono reso conto di aver sviluppato un certo egoismo: come tennista hai le tue routine, i tuoi tornei, le tue programmazioni. E spesso capita che mi dimentichi del resto, vengo come avvolto da una nebbia in cui mi metto solo a seguire la mia strada. Ecco che allora è importante che tutta la mia famiglia – moglie, fratelli, genitori – mi ricordi che la mia vita è cambiata, che non sono più solo: ho un figlio, una moglie, una famiglia. Sono incredibilmente grato per la benedizione dell’essere diventato padre: è la cosa più bella che è accaduta nella mia vita.

Dare il meglio di sé
Sono in una fase in cui cerco di fare il meglio possibile, come marito, padre e tennista! Impegnativo, ma non impossibile. Ognuno di noi cerca di essere la migliore versione di se stesso. Allo stesso tempo, so che non posso essere ogni giorno al 100% delle mie capacità e dare il mio massimo sempre in ogni ruolo, anche se cerco di farlo… Non posso dare magari quello che gli altri si aspettano da me, ma posso sempre dare quello che io mi aspetto da me stesso. Questo è un qualcosa che ho bene in mente: cerco di dare il massimo ogni giorno, anche se agli occhi di qualcun altro può sembrare che non sia così.

La priorità è Stefan
Per me e Jelena è molto importante che Stefan sia sano, che abbia le migliori condizioni per crescere, psico-fisiche ed emotive. Partendo da questo, adeguiamo tutto quello che gravita attorno a lui, compreso il mio tennis. Per questo capita spesso che non siano con me ai tornei. Ma è una decisione che abbiamo preso insieme, consapevolmente, perché riteniamo sia la cosa migliore per lui. Lui ha priorità, su tutto.

Il sostegno dei tifosi
Sono consapevole del sostegno che ricevo. E anche di quanto talvolta faccia saltare i nervi alla gente, perché capita che me lo dicano quando mi incontrano per strada. Mi dicono che si sono innervositi per qualcosa che hanno visto durante un mio incontro, per qualche mia sconfitta o qualcosa di simile. Sento i commenti anche quando sono in campo, e sento una pressione enorme, perché percepisco le loro emozioni e la loro voglia di vedermi vincere. So che molta gente in Serbia mi guarda e questo mi dà energia. Ad esempio, se durante una partita sento che sto sbattendo la testa contro un muro, che sono in difficoltà, penso a quanta gente c’è dietro di me. E allora sento questa energia e tutto diventa diverso, tutto diventa migliore. Questo sostegno è qualche cosa che non do assolutamente per scontato e sono sinceramente grato alle persone che tifano per me.

La pressione
La pressione esiste, ma è anche un privilegio, perché vuol dire che sto facendo qualcosa di importante e che sono arrivato in una posizione in cui posso lottare per delle grandi vittorie, per conquistare dei grandi trofei, e posso fare qualcosa che mi piace. Alla fine è una mia scelta e non posso lamentarmi perché la pressione è enorme, perché è difficile. È difficile per tutti i tennisti, per tutti gli sportivi, per tutte le persone che vogliono ottenere qualcosa nella loro professione. Per tutti la pressione è qualche cosa con cui bisogna confrontarsi. Una delle lezioni che ho imparato dallo sport è stata proprio quella di convivere con questa pressione e cercare di incanalarla nella maniera giusta, di usarla in modo tale che sia una motivazione, una forza, non qualcosa di negativo che non mi permette di dare il massimo. Ed è molto facile che capiti. Nei tanti match che ho giocato e ancora oggi, praticamente in tutti match, ci sono momenti in cui il dubbio attraversa la mia testa: ce la farò? Ce la farò oggi, in questo momento, a dare il massimo? E sarà sufficiente? Non siamo macchine, tutti questi pensieri passano per la nostra testa. Però secondo me la persona coraggiosa non è chi non ha paura, ma chi sa sa affrontare la paura. Con l’esperienza, con il tempo, con il lavoro di anni, soprattutto a livello psicologico, impari a motivarti a dare il massimo anche nelle giornate in cui senti che non sei al massimo. Ti motivi, ti dici che che stai bene, che sei il migliore, che sei consapevole della tua forza e che meriti di stare lì. Queste affermazioni, questi pensieri positivi che ripeti a te stesso non sono dei cliché, veramente: queste constatazioni, questi pensieri che incanali dentro di te poi si riflettono nella realtà. Quello che pensi, lo attrai.

Le critiche
Ne ho sentite tante di recente, di tutti i tipi. Sul mio team, sul perché c’è Pepe, sul perché è andato via Becker. Sul fatto che mi alleno di meno, su come mangio. Addirittura sulla catenina che indossavo, il cristallo invece della croce. Rispetto tutte le opinioni, ognuno ha il diritto di avere la propria opinione. Credo che le critiche costruttive mi possano aiutare molto, cerco sempre di vederla da questo punto di vista. Però non mi volto neanche se sento delle storie che so non avere alcun senso. Io so chi sono, da dove provengo, dove voglio andare e dove mi trovo. Punto ad indirizzare la mia attenzione a me stesso, alla mia crescita ed alla mia famiglia. E ognuno di noi ha diritto di fare le proprie scelte, di affrontare come meglio crede la sua vita.

La passione
Continuo a giocare a tennis con la stessa passione e lo stesso amore che avevo due, tre, sei anni fa. E che avevo vent’anni fa quando ho preso in mano per la prima volta una racchetta. Il tennis mi procura sempre quella stessa forte emozione, e finché sarà così continuerò a giocare.

Il primo posto in classifica e la voglia di vincere
Il primo posto in classifica è ancora nella mia testa, è ancora uno dei miei obiettivi. Voglio tornare in quella posizione, ma non è la mia priorità principale. Questo è quello che è cambiato in me. Sarò felicissimo se il n. 1 arriverà come conseguenza dei miei risultati, del mio gioco e naturalmente è quello che voglio. Non mi è mai piaciuto perdere, come non piace a qualsiasi altro sportivo. Magari a qualcuno dal di fuori, guardando come mi comporto, guardando la mia espressione, può sembrare di no, ma dentro di me non sono mai soddisfatto di una sconfitta. Mi chiedo sempre cosa ho fatto di sbagliato, cosa posso fare per migliorarmi. Io desidero migliorarmi e avere ancora una carriera lunga. Non mi vedo alla fine, anche se sto raggiungendo i trent’anni. Gioco a livello professionistico da più di dieci anni, sono orgoglioso dei risultati che ho ottenuto nella mia carriera ma sento che ho ancora molto da raggiungere e da dimostrare, non solo a me stesso ma anche agli altri. Sono però consapevole di tutte le altre cose che accadono nella mia vita, e ne tengo conto. Non posso separare la parte professionale, come tennista, dal privato, come padre, marito, figlio, fratello e amico. Tutte queste cose, nel loro complesso, fanno di me una persona, un individuo. Come ho già detto, da quando sono diventato marito e soprattutto da quanto ho avuto la fortuna di poter diventare padre, ho dovuto adattare determinate cose della mia vita a questo, perché per me è la priorità n. 1.

L’allenamento e il nuovo che avanza
Che il tennis non sia la priorità n. 1, non significa che in campo gioco con nonchalance, che lascio che il mio avversario abbia la meglio. Mi alleno intensamente come sempre, come ho sempre fatto. Le mie routine, i miei programmi di allenamento,non sono cambiati molto, a prescindere dal fatto che io sia a casa con la famiglia oppure in viaggio. Credo anzi di allenarmi in maniera più intensa rispetto a due anni fa. Anche perché sta arrivando una nuova generazione di tennisti che sono molto motivati a scalzarci dal vertice ed è questa una motivazione ulteriore, per me e per gli altri lì in vetta, per dimostrare che meritiamo di stare lì.

L’usura fisica
Agassi l’ha raccontato nel suo libro, e noi giocatori già lo sapevamo perché ce lo aveva detto, che per i dolori alla schiena era costretto a dormire per terra. Sono purtroppo le conseguenze della carriera sul fisico di uno sportivo, dei grossi sforzi a cui è stato sottoposto per un lungo periodo. Per quanto io abbia sempre prestato molta cura ed attenzione al mio corpo e per quanto mi senta bene a trent’anni, quanti ne avrò tra qualche mese, sento le ripercussioni sul mio fisico di tanti anni di carriera, giovanile e professionistica. Soprattutto degli 11 anni di professionismo.

L’esempio di Federer
La vittoria di Federer a Melbourne, il suo diciottesimo Slam a 35 anni, dimostra che è possibile, che tutto è possibile. Lui è l’esempio di una persona che lavora molto sulla prevenzione, su di sé, fa attenzione al suo fisico. Anche lui ha una famiglia ed ha saputo trovare un certo equilibrio nell’indirizzare le sue energie, la sua voglia, la sua motivazione, sui tornei più importanti e su determinate cose. Ecco, lui negli ultimi anni si impegna a dare il massimo in tutti i tornei in cui gioca e cerca di ottenere i suoi migliori risultati nei tornei del Grande Slam. Se poi la prima posizione in classifica arriva di conseguenza, okay. Non è che lo voglia copiare, ma credo che sia una situazione con la quale dobbiamo confrontarci quando arriviamo a questa tarda età. Sto scherzando, ovviamente (ride, ndr), ma è vero che ogni cosa ha il suo tempo.

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