Muguruza può ancora diventare n.1. Se Nadal perde e Federer vince non è ancora sorpasso

Editoriali del Direttore

Muguruza può ancora diventare n.1. Se Nadal perde e Federer vince non è ancora sorpasso

Che situazione con Pliskova e Svitolina ancora in lizza. Metà bassa: duelli sui due metri, Querrey-Anderson, e fra “pelotari”, Carreno Busta e Schwartzman. Federer e Nadal a tiro di schioppo

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NEW YORK – Se ne è andato l’ultimo pezzo d’Italia all’US Open, ma stavolta ne siamo usciti bene. A testa alta. Meno male. Infatti l’ultimo nostro rappresentante, Paolo Lorenzi, è uscito tra gli applausi dei presenti dall’Armstrong Stadium, battuto in 4 set 6-4 6-3 6-7 6-4 nonostante che a metà del quarto set si fosse trovato avanti di un break che aveva fatto sognare a noi e a lui una conclusione positiva al quinto.

SOLO APPLAUSI PER PAOLINO LORENZI

Paolo si è battuto al limite delle proprie possibilità contro il sudafricano lungo come una pertica, 2 metri e 03, e dal servizio intrattabile. Nei primi 10 turni di battuta, e cioè nei due set vinti 6-4 6-3, aveva concesso appena sei punti. E mai più di uno per game. La prima volta che Paolo è riuscito ad arrivare a 30 è stato sul 3-2 del terzo set, dopo un’ora e 35 minuti. E su quell’abbrivio è arrivato a 40 e poi addirittura al break. Il primo break subito da Anderson nel torneo: il sudafricano che soltanto due anni fa era n.10 del mondo, aveva tenuto 43 turni di battuta prima di affrontare Lorenzi. Quindi è rimasto “vergine” per 55 turni: 43 più i 10 dei primi 2 set, più i primi 2 del terzo. Impressionante. Ho seguito la partita in prima fila di un lato corto. Poiché la cronaca del match la potete trovare, puntualissima, nell’articolo scritto da Ferruccio Roberti, vi voglio solo dire che mi faceva impressione vedere da vicino nelle sue mani una racchetta che sembrava una racchettina per bambini tanto era lungo lui fra i suoi 203 cm e il lunghissimo avambraccio coperto da un manicotto nero (anch’esso Lotto) che pareva allungarglielo a dismisura.

KVITOVA È TORNATA. LA SITUAZIONE DEL RANKING WTA. MUGURUZA N.1 SE…

Riassumendo, al di là di quanto ho detto nei due video, quello in inglese con l’hall of famer Steve Flink – mi raccomando, se ogni tanto dimenticassimo di inserirlo andate a vederlo su ubitennis.net, la nostra home page inglese, con lui sviluppiamo ovviamente la parte internazionale – e quello in italiano dove mi sono soffermato maggiormente su Lorenzi, mi sembra particolarmente intricata la situazione nel tabellone femminile dopo la sconfitta di Garbine Muguruza con Petra Kvitova. Intanto di sicuro avremo una vincitrice diversa per ciascuno dei quattro Slam dell’anno, dal momento che in Australia aveva vinto Serena, a Parigi Ostapenko, a Wimbledon Muguruza. Era accaduto l’ultima volta 3 anni fa.

Poi c’è la questione del n.1: al momento è n.1 virtuale ancora Muguruza, ma se Pliskova e Svitolina arrivassero entrambe in semifinale l’una contro l’altra, allora chi vincesse fra loro diventerebbe n.1 anche nell’eventualità di una sconfitta in finale. Svitolina per sognare il trono deve arrivare quantomeno in semifinale e cioè battere sia Keys (0-1 i precedenti, ma risale al 2015) che poi la vincente di Kasatkina-Kanepi (1-0 Kasatkina anch’esso del 2015). E Pliskova deve arrivare quantomeno in finale, cioè battere Brady (0-0), poi la vincente di Vandeweghe-Safarova (3-1), infine chiunque arrivi dalla parte bassa della metà alta. Se Svitolina perdesse prima della semifinale e Pliskova prima della finale, allora Muguruza diventerebbe n.1 del mondo per la prima volta.

Certo è che Muguruza si morderà le dita per non aver saputo sfruttare le occasioni del primo set contro Kvitova: era avanti 4-1. E nel tiebreak 2-0. Vero però che la Kvitova aveva servito invano sul 6-5 nel primo set. La spagnola avrebbe cominciato bene il secondo set, con un break, ma subito reso. E sotto 5-2 avrebbe annullato un matchpoint per arrendersi però nel game successivo: 7-6, 6-3. 42 errori gratuiti per Petra contro i 25 di Muguruza, però Petra ha fatto più del triplo dei vincenti, 24 a 7. Insomma la gara l’ha fatta lei e il dato dei soli 7 vincenti di Muguruza un po’ sorprende. Di solito lei ne fa molti di più.

Kvitova affronterà Venus Williams n.9 del mondo, dopo averla battuta 4 volte su 5. Ma Venus, che ha sconfitto Suarez Navarro con lo stesso punteggio (6-3 3-6 6-1 e con 9 minuti in più, 1,51 invece di 1,42 con cui Stephens ha battuto Goerges), quest’anno ha giocato due finali di Slam: in Australia contro la sorella e a Wimbledon contro Muguruza. Niente male come… resurrezione per una ragazza della sua età, 37 anni. Un fenomeno. Due americane di colore quindi nei quarti della metà bassa e forse ha più chance Stephens di battere la lettone Sevastova, giustiziera di una Maria Sharapova semi-infortunata ma orgogliosa da non ammetterlo (molto fairplay?), che non Venus di superare una Kvitova di nuovo in forma. Anche se, a dire il vero, è quasi più costante sui suoi livelli Venus che non Petra.

SHARAPOVA OUT MA TORNERÀ PROTAGONISTA

Pochi si aspettavano che Maria perdesse a Sevastova, sebbene quest’ultima fosse giunta nei quarti qui già lo scorso anno. È una ragazza che difficilmente perde dalle tenniste dietro di lei in classifica, ma non ci ha abituato a troppi exploit. Tuttavia mi fa effetto pensare che un piccolo Paese come la Lettonia – che fino a poco tempo fa si era fatta notare in campo tennistica soltanto grazie a Gulbis – adesso possa contare su due ragazze di grande livello come Ostapenko e Sevastova. In Fed Cup meglio non affrontare la Lettonia, direi.

Maria aveva vinto questo torneo 11 anni fa, nel 2006. Qui non era certamente nel miglior stato di forma. Nei primi due match aveva fatto più di 100 errori gratuiti, più degli Swarovski che tempestavano i suoi abitini aderenti, neri o rosa pesca che fossero. E la vescica alla mano destra che l’ha obbligata a fermarsi due volte quasi certamente l’ha un po’ penalizzata. 42 vincenti a 20 non le sono bastati a compensare il maggior numero di errori gratuiti. Non si poteva pretendere che fosse subito super-competitiva al primo Slam dopo 19 mesi, con tanta pressione addosso. Ma credo che nel 2018 tornerà a essere una delle grandi protagoniste di un circuito femminile cui in questa seconda metà della stagione è certo mancata mamma Serena. La quale ha preannunciato il ritorno già per il prossimo Australian Open. Non mi stupirebbe che ce la facesse.

SHAPOVALOV: INESPERTO SUL CAMPO, GIÀ MATURO IN SALA STAMPA

In campo maschile, accennato doverosamente al bye bye dell’ultimo italiano, un vero guerriero (ascoltatene l’audio… è troppo genuino e simpatico perché non lo facciate), John McEnroe ha clamorosamente sbagliato il pronostico: Shapolavov, suo terzo favorito del torneo alle spalle delle due star Federer e Nadal, è uscito di scena dopo 3 tiebreak perduti e soprattutto il primo set in cui si è fatto rimontare da 5-2 da Carreno Busta. Il canadesino biondo mi ha fatto però una grande impressione, sia sul campo sia fuori nella conferenza stampa. Avreste dovuto sentirlo. Una maturità impressionante nelle risposte, sempre intelligenti. Equilibrate. Poi si dice che i tennisti italiani maturano tardi. Confesso che un diciottenne italiano capace di tenere testa con a 100 giornalisti e di esprimersi come Shapovalov non l’ho mai incontrato in 40 anni di professione. Chapeau.

Gli ho chiesto se avesse mai sentito parlare di Jimmy Van Alen, l’inventore del tiebreak, e se si fosse dispiaciuto che il tiebreak era stato inventato, e anche lì è stato bravissimo a rispondermi. L’intervista la trovate quiNon deve stupire che abbia guadagnato un centinaio di posizioni da 169 a 69 e che abbia già fatto vittime illustri come del Potro e Nadal a Montreal. Fino ad ora Carreno Busta, miglior classificato della metà bassa del tabellone con il suo n.19, ha incontrato curiosamente – e fortunatamente – soltanto qualificati! King, Norrie, Mahut, Shapovalov. Bel fortunello! Non era mai accaduto prima. Shapovalov peraltro è un qualificato sui generis che avrebbe meritato una wild card, ma quando glielo hanno chiesto, facendo riferimento alla semifinale raggiunta a Montreal, lui  ha risposto serenamente – di nuovo – con grande equilibrio: Questo torneo si disputa negli Stati Uniti, è normale che le wild card le diano agli americani. Così come se si fosse giocato in Canada l’avrebbero data probabilmente a me”.

Ha perso per inesperienza, in tre tie break ha raccolto briciole: 9 punti contro i 21 di Carreno Busta che ora sembra favorito contro il nuovo Diego d’Argentina… Schwartzman, con il suo metro e 72 il più piccolo quartofinalista a New York dai tempi del peruviano Jaime Yzaga (1994) che battè Pioline e Sampras per raggiungere i quarti. Due argentini negli ottavi qua non si erano più visti da 10 anni: nel 2007 furono Chela e Monaco. Il primo si spinse ai quarti, il secondo no. Schwartzman ha avuto anche un serio problema ad un ginocchio, zoppicava vistosamente, ma Pouille, testa di serie n.16 non ha saputo approfittarne. Anzi ne è apparso condizionato negativamente. Lui che aveva battuto 7-6 al quinto Nadal qui un anno fa ha finito per soccombere.

QUERREY FA SOGNARE GLI USA

Certo il forfait di Andy Murray, che ha indignato il novantenne Dick Savitt, vincitore di due Slam nel ’51 e da me intervistato (ascoltate l’audio se volete), nonché uno dei quattro americani con Don Budge, Jimmy Connors e Pete Sampras capaci di vincere l’Australian Open e Wimbledon nello stesso anno (“Non esiste che uno si ritiri il giorno prima dell’inizio del torneo rovinando un tabellone come ha fatto lui!”), ha favorito la possibilità di vedere arrivare in finale un giocatore che uscirà dal lotto di quattro giocatori senza quattro quarti di nobiltà tennistica: Querrey e Anderson, due giganti per una probabilmente noiosissima battaglia di servizi, Carreno Busta e Schwartzman, due regolaristi asfissianti da fondocampo per una non molto più eccitante sfida al centesimo palleggio. Ovviamente gli americani sperano che sia Sam Querrey, già semifinalista all’ultimo Wimbledon, a conquistare la finale della metà bassa. E direi che hanno buone chances a giudicare dalla facilità con cui Querrey si è sbarazzato del maggiore degli Zverev.

LA SITUAZIONE DEI CAMPI… VELOCI O LENTI?

I campi secondo alcuni giocatori sono più lenti del solito. Secondo altri sono le palle ad essere più lente. Altri ancora dicono che è il clima, l’umidità, gli orari, a rendere tutta una situazione più veloce o più lenta. Sono andato a chiedere se la mescola di sabbia, vernice e cemento fosse cambiata a un dirigente USTA che ha preferito mantenere l’incognito (perché altrimenti, mi ha spiegato, avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al direttore del torneo Brian Earley), mi ha risposto: “I campi sono stati tutti trattati con gli stessi criteri, ma la loro esposizione, al sole, al vento e ad altro, può modificare le loro caratteristiche. Però dal 2003 non abbiamo cambiato più nulla, anche se i nostri giocatori (Isner, Querrey, Johnson, Sock) li avrebbero voluti più veloci”. Perché quello del 2003 è stato prescelto?, ho chiesto. “Perché arrivarono in finale due tennisti dalle caratteristiche assolutamente opposte, Andy Roddick e Juan Carlos Ferrero… quindi fu valutato allora che la superficie garantiva uguali possibilità a giocatori con il grande servizio e a giocatori capaci di grande regolarità. Ragionamento che non fa una grinza. Ed apprezzabile, invero, che gli americani dell’USTA non si siano fatti condizionare dai loro migliori giocatori.

RAPIDO SGUARDO AGLI INCONTRI DI LUNEDÌ

L’Anderson dei primi due set contro Lorenzi mi ha molto impressionato. Prima e seconda di servizio erano da paura. L’Anderson dei secondi due set invece era nervoso e il dritto spesso è andato in barca, salvo che nel finale. Ma Lorenzi lo ha un po’ rimesso in corsa perdendo il servizio dopo aver conquistato il break nel quarto. Era un fatto curioso, trovo, che tre dei quattro ottavi di finale di domenica fossero duelli inediti. L’unico con precedenti era Anderson-Lorenzi (3-0 ora diventato 4-0). Oggi secondo me Federer batterà Kohlscrhreiber per la 12ma volta di fila (ci ha perso 3 set in tutto!) anche non sta giocando bene, mentre Nadal rischia più grosso con Dolgopolov (6-2… ci perse a Indian Wells e al Queen’s 2014 e 2015), mentre Goffin e Rublev si affrontano per la prima volta con il belga risanato e favorito. Fra Juan Martin del Potro, in ottima forma l’altro giorno contro Bautista Agut, e Thiem potrebbe uscirne una gran partita. Se Nadal perdesse e Federer – da poco sotto contratto con un nuovo sponsor – vincesse Rafa resterebbe ancora n.1 del mondo… a meno che Roger proseguisse a vincere.

Oggi il tempo promette cielo sereno, ma freschino. Peccato che non ci siano più italiani.

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