US Open: la finale più probabile? Federer-Nadal

Editoriali del Direttore

US Open: la finale più probabile? Federer-Nadal

Dopo il KO di Djokovic e una notte di ‘buuh’ (discutiamone), la stanchezza di Medvedev, i complessi di Wawrinka, Roger che si sente di giocare fino a 40 anni (e a Torino fan festa), Rafa in gran forma, quale altra sennò? Pianeta donne: solo due Slam winner ancora in corsa

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Rafa Nadal e Roger Federer - Laver Cup 2019
 

da New York, il direttore

Quando la sera di Djokovic-Londero Nole disse che a un certo punto del secondo set non era sicuro che sarebbe riuscito a concludere il match, e a seguito di quella dichiarazione ho scritto che probabilmente Djokovic non era più il grande favorito di questo US Open, molti lettori di questo sito non ci hanno preso sul serio. Né Djokovic né il sottoscritto. Pazienza per il sottoscritto, ma Djokovic meritava più rispetto. Avevo anche scritto che anche un Djokovic all’80 per cento sarebbe bastato per Kudla, ma non per Wawrinka.

Voglio sperare che adesso coloro che hanno sostenuto, o anche solo pensato, che Djokovic facesse manfrina arrossiranno un po’. Come avrebbero dovuto arrossire coloro che a suo tempo ironizzavano sui ritiri di Nadal. Nessun grande campione mollerebbe mai uno Slam se potesse giocarlo al pieno delle proprie forze. Al tempo stesso l’orgoglio di questi campioni è tale per cui l’idea di perdere se non possono difendersi come vorrebbero li spinge al getto della spugna, piuttosto che a restare in campo a giocare in un modo che non è il loro. Eppoi, si sa, c’è sempre anche il fondato timore che il problema fisico si aggravi e prolunghi la convalescenza ritardando il ritorno in campo.

Novak Djokovic – US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)

Avevo seguito così così il primo set, distratto anche dalla conferenza stampa di Medvedev che non mi volevo perdere, e quando sono salito sull’Ashe alla del fine primo set vinto 6-4 da Wawrinka, ho visto Djokovic salire 4-1 nel secondo e sentito un collega piuttosto esperto che era lì dal primo 15 e profetizzava: “Adesso Djokovic vincerà in quattro set!”. Beh, quasi come me quando dissi che Federer non avrebbe mai potuto battere Berrettini 6-1 6-2 6-2 quel giorno a Wimbledon.

Ho stentato quindi un po’ a rendermi conto che se Wawrinka sembrava aver sempre in pugno il pallino del gioco era perché Novak non riusciva a spingere la palla come al solito. Ma quando, dal 4-2, negli ultimi sei game di quel set ho constatato con i miei pallini e i miei geroglifici sul block notes che Wawrinka ha fatto 27 punti e Djokovic 13, beh non ho avuto più dubbi sul fatto che Nole non era Nole. Senza con questo togliere merito a Stan The Man che ha tirato dei rovesci lungolinea terrificanti anche dopo scambi per nulla elementari e su palle profondissime.

Quando Novak ha subito il break nel terzo game del terzo set ho subito detto al mio vicino: “Vuoi vedere che si ritira?”. Stavolta la previsione l’ho azzeccata. Mica le sbaglio tutte eh. Adesso ne farò un’altra che farà toccare legno a tutti i tifosi di Federer e Nadal. Secondo me il torneo si sta incamminando verso un nuovo straordinario atto finale dal titolo FEDAL. Sì perché francamente non mi pare di vedere nessuno in grado di battere Rafa nella metà bassa del tabellone, anche se i buoni giocatori non mancano, a cominciare dall’avversario di stanotte, Cilic, che ha pur sempre vinto un US Open, non dimentichiamolo. E poi Zverev potrà continuare a fallire in tutti gli Slam che gioca? Vedremo intanto come se la caverà con quel cagnaccio di Schwartzman che quando ti morde alle caviglie poi non te le molla.

Lassù più in alto, ma sempre in quella metà, il più pericoloso secondo me è Rublev, ma io spero che il russo perda da Berrettini – anche se non ci credo molto – e così il problema non si porrebbe. Invece né Monfils né Andujar batteranno mai Rafa. Quindi, dopo aver… gufato Nadal in finale (so per certo che c’è chi godrebbe un sacco se io mi fossi sbagliato e non mancherebbe di sottolinearlo finché campo… e a 70 anni il tempo stringe), ora passo a… gufare Federer, che pronostico in finale contro Rafa, ben sapendo che i pronostici li sbaglia soltanto chi li azzarda… Vecchio detto del Maestro Tommasi.

Se le prime due partite di Roger Federer non avevano granché convinto sulle sue condizioni, dopo che a Cincinnati aveva perso da Rublev e qui aveva perso il primo set dai modesti Nagal e Dzumhur, nelle ultime due è invece apparso in grande spolvero. Ha perso nove game in set set! Cinque con il britannico Evans (6-2 6-2 6-1), addirittura solo quattro con la testa di serie n.15 Goffin (6-2 6-2 6-0) che due anni fa lo aveva battuto alle finali ATP di Londra, anche se quella era stata l’unica vittoria del belga in nove match. Non più tardi del 18 agosto Goffin era in finale a Cincinnati e aveva perso di misura, 7-6 6-4 da Medvedev (il giustiziere di Djokovic).

L’aspetto più impressionante, anche se i record di Federer ormai non si contano più, è che lo svizzero si trova per la cinquantaseiesima volta nei quarti di finale di uno Slam, di cui 13 a New York come anche Andre Agassi. Dietro a Roger in questa particolare graduatoria ci sono Djokovic con 45 quarti di finale nei Majors, Connors 41, Nadal 39, Agassi 36. Ma Roger ha buone possibilità a questo punto di raggiungere la sua quarantaseiesima semifinale perché al prossimo round trova il redivivo bulgaro Grigor Dimitrov, oggi solo n.78, ma ex n.3 che ha superato l’australiano De Minaur in tre set. Federer lo ha battuto sette volte su sette.

Mi sembra difficile che perda. Lui che, dopo aver esclamato un “oh no!!” divertito quando Gary Sussman (il conduttore delle interviste in sala stampa) e ha annunciato “last two question, ultime due domande, first you (a un collega) e ultimo Ubaldo” (non so perché ma a me mi chiama sempre per nome). A quel simpatico e amichevole “oh noo!” di Roger ho reagito: “Ehi, hai paura?”. E lui, sempre sorridendo: “No, di te non ho paura, io ce l’ho solo dei ragni!”. Beh, anche questa è una notizia. Voi lo sapevate?

Successivamente Roger ha risposto lungamente alla domanda che gli ho poi fatto sui suoi 15 anni e la differente esperienza rispetto a Coco Gauff e della cui risposta avete ampia documentazione nella trascrizione firmata da Luca Baldissera.

Dimitrov aveva cominciato la stagione sul cemento perdendo dal n.405 Kevin King al primo turno di Atlanta.“Ho raggiunto i quarti all’US Open? Credetemi, nessuno è più sorpreso di me! ha detto facendosi una bella risata il simpatico Grigor. Precipitato al 78 del mondo, con questo risultato intanto è risalito nei top 50. Essere n.3, come dopo le vittoriose finali ATP del 2017, è un’altra cosa, ma va già molto meglio. Però di qui a battere l’Old Fed, ce ne corre. Lui più di Baby Fed non è mai stato. Anche perché l’Old Fed non pare aver alcuna intenzione di mollare: “Se riesco a giocare così, e non ho alcun malanno (if I keep being pain-free), non è impossibile che io continui a giocare fino a 40 anni. Uao, non l’aveva mai detto finora!

Sembra che a seguito di questa notizia a Torino per le finali ATP del 2021 siano già arrivate le prime pressanti richieste di biglietti. Ah ah, non è vero, è una fake news confessa, ma mi divertiva scriverla. Non mi stupirebbe tuttavia che qualcuno non ci abbia davvero già pensato. Di certo, organizzatori per primi, non saranno pochi a sperare in una presenza di Sua Maestà Roger. Il Pala Alpitour, tappezzato ovunque di striscioni della Barilla, con Rolex regalati ai giornalisti – (una volta usava farlo a Torino: chi era, Moggi agli arbitri? O era a Roma da casa giallorossa?) dovrebbe pensare a creare degli strapuntini.

Ma torno a bomba sul Federer probabile finalista (maledetti incisi!). Lo vedo vittorioso su Dimitrov e in semifinale. E lì o trova l’amico e (un po’) vassallo (psicologicamente eh) Wawrinka, che ha quasi sempre battuto, o trova Medvedev che già mi pare abbastanza alla frutta, è magro rifinito, ha vinto più di tutti quest’estate, ha ultimamente spesso accusato i crampi, è stato messo in difficoltà da Koepfer… Insomma se sopravvive a Wawrinka secondo me il russo arriva spento a Federer e Roger lo rimanda a casa. Vabbè, adesso tifosi di Rafa e Roger, fate tutti gli scongiuri che volete.

Roger Federer – US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)

Ci sono stati tanti “buuh” all’indirizzo di Novak Djokovic, all’uscita dal campo. Fra chi aveva pagato il salato biglietto (più di 20.000 spettatori) c’erano tanti che non si sono resi conto che Djokovic non era il vero Djokovic se non era più riuscito a difendersi dal 4-2 per lui (come dicevo, 27 punti a 13 per Wawrinka, uno più della metà in sei game), ma anche alcuni che avrebbero voluto che Djokovic giocasse fino in fondo il terzo set per non togliere soddisfazione a Wawrinka, il quale si è forse sorpreso ma ha in fondo capito. A nessun campione piace trascinarsi sul campo senza minime prospettive di successo. Prima di osservare che vincere l’US Open è bello, ma porta male al vincitore nell’edizione successiva, passo al capitolo Medvedev.

I “buuh” all’indirizzo di Nole sono stati all’acqua di rose a confronto con quelli rovesciati sulla testolina di Daniil Medvedev. Tanti “buuh”, molto più intensi, sono arrivati anche a Daniil che, battuto il sorprendente qualificato tedesco Koepfer, ha ripetuti gesti che sono apparsi sfottenti ai più. Il russo che l’altro giorno aveva mostrato il dito medio alla folla, sia pur nascondendolo con birichina furbizia dietro una tempia ma immediatamente smascherato dalle immagine televisive e di conseguenza prontamente multato (9.000 dollari), è un tipo con la testa dura. Anche nell’ultimo match, vinto in quattro set, Medvedev ha continuato a irridere il pubblico, anche se in sala stampa negherà di averlo fatto, ringraziandoli del tifo contro.

“Avevo perso il primo set e stavo sotto 2-0 nel secondo. I vostri fischi al mio indirizzo hanno stimolato la mia reazione, mi hanno dato le giuste energie per vincere, grazie, grazie” dichiarava con grandissima faccia tosta, ma tranquillo come una Pasqua, a chi lo intervistava sul campo. Inevitabile che si beccasse così una valanga di “buuuhh” e ancora “buuuh” fino a che è uscito dal campo. Ciò detto anche in questa vicenda, senza che lo si debba applaudire per come si è comportato non fraintendetemi – ha dimostrato di essere un tipo tosto, di personalità. Discutibile, ma pur sempre di personalità. E, tutto sommato, estroso nei suoi modi di protestare, come quando a Wimbledon lanciò tutte le monetine che aveva in tasca all’arbitro. Cose che non avevo mai visto fare a nessuno.

Daniil, che all’apparenza se lo incontri fuori dal campo e in sala stampa, ha la faccia del ragazzino perbene, educato, sorridente, simpatico, si è premurato di chiedere scusa per l’altro giorno, perché l’aver mostrato il dito medio era imperdonabile, ma poi ha ripetuto pari pari ancora il concetto espresso l’altro giorno, sia pur affermando – come quando ha caracollato con le braccia aperte muovendole come se volesse invitare il pubblico a scendere in campo – di aver stavolta voluto soltanto scherzare. Gli americani non hanno gradito. Forse non hanno lo stesso sense of humour dei russi.

Non ce ne hanno troppo neanche gli officials: Mike Bryan, uno dei celebri gemelli doppisti, è stato multato di 10.000 dollari. Che aveva fatto di così grave? Beh, a seguito di un presunto errore di un giudici di linea, aveva imbracciato la racchetta dalla testa, come se fosse un fucile, e aveva finto di sparare al giudice di linea. Nell’America di Trump, strenuo difensore delle armi e soprattutto di chi le fabbrica, mi è parsa una decisione ridicola, ma ammetto di non aver visto il video.

Chiudo questo solito mappazzone osservando che:

a) Coco Gauff e Cathy McNally (che per il momento sembra quasi avere più talento, soprattutto a rete, di Coco, ma ha due anni di più e fa meno notizia) hanno battuto sull’Armstrong che non aveva una sedia libera, le teste di serie n.9 del torneo, Melichar/Peschke, e in sala stampa hanno suscitato grande ilarità quando si sono trovate a dover rispondere se sapevano chi fosse quell’Armstrong che ha dato il nome allo stadio. Naturalmente, così giovani, non ne avevano la minima idea, anche se erano stato frettolosamente istruite da un coach. Coco aveva capito che accanto al nome di Armstrong c’era un nick name, Satchmo, e l’ha ripetuto un po’ a pappagallo con aria dubitativa (del tipo: ma sarà così?), mentre Cathy avendo afferrato le lettere iniziale del nick name, nella sua testa l’aveva storpiato e, indovinato che si trattava di un musicista, garantiva: “È un suonatore di sax!”. Ilarità generale in sala stampa, con le due bambine che nascondevano la testa, ridendo, dietro il banco della sala stampa scomparendo alla nostra vista. Divertente siparietto. Ci si diverte con poco da queste parti. Si torna tutti bambini a frequentarli.

b) Chi ha avuto la pazienza di leggere il mio editoriale di ieri avrà visto tutti gli esempi che ho fatto di recenti vincitrici di Slam che non si sono poi dimostrate all’altezza di trasformarsi in eredi di Serena Williams e leader di un nuovo corso. Da Kerber, a Muguruza, da Kvitova a Stephens e anche Halep. Ieri si aggiunta all’elenco delle Slam-winner di modesto carisma e personalità anche Ash Barty, battuta dalla cinese Wang Qiang con un punteggio che non ammette repliche: 6-2 6-4. A Wimbledon la campionessa del Roland Garros non aveva fatto meglio. Dio ci salvi Osaka.

c) A proposito di Osaka (che rischia grosso con Bencic che l’ha battuta due volte quest’anno) nel torneo femminile ci sono solo due giocatrici ad aver vinto uno Slam, fra le otto che hanno raggiunto i quarti in basso e le sedici ancora in ottavi in alto: Naomi Osaka, appunto, in alto e, indovinate chi?, Serena Williams in basso. Ad maiora.

Serena Williams e Naomi Osaka – US Open 2018 (foto Art Seitz c2018)
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