Il bilancio dell'ATP Cup: il pubblico e i giocatori hanno risposto, Davis sconfitta

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Il bilancio dell’ATP Cup: il pubblico e i giocatori hanno risposto, Davis sconfitta

La manifestazione a squadre ha attirato oltre 220mila spettatori in dieci giorni e offerto grandi partite. La Davis esce con le ossa rotte dal confronto

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Novak Djokovic - ATP Cup 2020 (via Twitter, @ATPCup)
 

Sarà anche nata essenzialmente con lo scopo di indebolire la Coppa Davis, manifestazione principe di uno degli altri organi di governo del tennis mondiale che risponde al nome di ITF, ma è indubbio che l’ATP Cup abbia avuto un grosso impatto sull’inizio della stagione. Il tipico avvio soft a base di tornei “250”, magari preceduti da una passerella alla Hopman Cup, è stato rivoluzionato con l’introduzione di un evento a ventiquattro squadre che ha coinvolto – con poche eccezioni – i migliori tennisti del mondo. Un ricco montepremi, la possibilità di incamerare parecchi punti e di farli valere come 19° risultato sono stati tra i fattori determinanti per il successo dell’evento. Diventano così tre le competizioni a squadre nell’arco di una stagione in uno sport individuale per antonomasia; eppure, a giudicare dall’atteggiamento dei giocatori in campo e dei compagni (scimmiottature lavercupiane a parte), è un numero che non pare troppo elevato – per il momento, perché la sensazione è che qualcuno sia destinato a saltare in un futuro non troppo lontano. Su questo torneremo fra breve.

Almeno a parole, l’approccio dei protagonisti era stato anche molto differente: per Rafa Nadal, “l’ATP Cup non è una preparazione all’Austalian Open. La preparazione sarà la settimana prima con il torneo di Adelaide”, mentre Novak Djokovic aveva detto “penso che sia la preparazione perfetta per Melborune”. Opinioni iniziali ben diverse che si sono tuttavia risolte con il prevedibile, enorme impegno profuso da entrambi sul rettangolo di gioco e con la finale raggiunta dalle rispettive squadre.

QUANTI SOLDI? – Il prize money, dicevamo, è di tutto rispetto con i suoi 15 milioni di dollari Usa. Per una trattazione dettagliata ed esaustiva, vi rimandiamo senz’altro a questo articolo, mentre qui preferiamo concentrarci su alcuni esempi partendo dall’alto. Djokovic, mattatore assoluto e imbattuto con sei vittorie in singolare (di cui la metà contro top ten) e due in doppio, ha lasciato Sydney con un assegno da un milione e 83mila dollari, oltre ai 665 punti che resteranno nella sua cassaforte per un anno. È andata decisamente peggio a Rafa Nadal, che ha pagato le sconfitte con lo stesso Nole e David Goffin ($ 377.000) per un incasso appena superiore ai 600.000 dollari. Negli stessi giorni, vincendo anch’egli quattro match per essere campione a Doha, Rublev ha ricevuto 228.000 dollari. Il numero due di Spagna e sempre vittorioso Roberto Bautista Agut (724.000 dollari) era anche il secondo singolarista meglio classificato in assoluto della manifestazione; ciò lo ha portato a incrociare avversari anche non all’altezza (con rispetto parlando, ci mancherebbe) praticamente fino alla semifinale, dove ha dimostrato il suo valore superando nettamente Nick Kyrgios ($ 336.000), peraltro sempre a suo agio quando gioca anche per i compagni.

Ma veniamo ai contestati ultimi della classe, i numeri due (e tre) di nazioni come Grecia, Uruguay e Moldavia. La spalla di Tsitsipas, il n. 486 ATP Michail Pervolarakis, con solo sconfitte (tre in singolare e due in doppio), ha comunque raccolto 15.000 dollari, 4.000 in meno del suo intero montepremi dello scorso anno. Stesso discorso per il moldavo Alexander Cozbinov. Sono stati invece 7.500 i dollari destinati a Franco Roncadelli per aver perso due singolari sostituendo il Cuevas minore, il quadruplo di quanto vinto nella sua finora brevissima carriera. Per ultimo ma non certo ultimo, Fabio Fognini (una vittoria e due sconfitte in singolare, due successi in doppio) ha guadagnato circa 276.000 dollari. Ma non bisogna dimenticare il mezzo milione di dollari americani donato dai giocatori al Fondo australiano per la fauna selvatica e il recupero della natura del WWF.

ANCORA NUMERI – Fra i 118 giocatori partecipanti, la presenza di alcuni nomi pressoché sconosciuti come alcuni di quelli citati è stata forse la nota tecnica più dolente dell’intera manifestazione (per quanto il match Cozbinov-Darcis, per esempio, sia stato più che guardabile). Ciò non ha affatto impedito il successo di pubblico: 220.319 spettatori sono accorsi a vedere in azione otto top ten (con i primi due del mondo) e sedici dei primi venti. L’affluenza a Sydney ha superato quella del combined del 2019 già al termine della fase a gironi (43000 spettatori dopo i primi quattro giorni di ATP Cup contro i 55000 dell’intero torneo dello scorso anno; dati del Sunday Morning Herald) mentre a tenere alti i numeri di Brisbane ci hanno pensato i padroni di casa australiani.

Nick Kyrgios e Alex de Minaur – ATP Cup 2020

Solo Perth ha perso una quota consistente di spettatori nel raffronto con lo scorso anno, quando si è disputata l’ultima edizione della Hopman Cup (110,364 spettatori nel 2019 contro i 54,508 di quest’anno). Oltre ai fattori Federer e Serena, che lo scorso anno si esibirono anche in doppio insieme, c’è da evidenziare che quattro degli otto team impegnati nei gironi a Perth rispondevano al nome di Georgia, Uruguay, Giappone (senza Nishikori) e Norvegia. Non esattamente nazioni che pullulano di stelle.

Molte altre panchine, però, meritavano ben più di un’occhiata, con i capitani ex n. 1 Lleyton Hewitt e, squillo di trombe, Marat Safin. Sempre dalla pagina ATP dedicata, apprendiamo che la Ken Rosewall Arena ha registrato il tutto esaurito con i 10.223 spettatori della finale.

BASTA CON LE SQUADRE! – La giustificata perplessità di molti riguarda la presenza di due manifestazioni molto simili a poco più di un mese di distanza l’una dall’altra. Un mese di off season, peraltro, quindi sostanzialmente contigue. Ma quanto sono simili le due Cup? Il nuovo formato ideato dal gruppo Kosmos per la Coppa Davis propone 18 squadre a darsi battaglia in sede unica nell’arco di una settimana. I principali problemi emersi sono stati dovuti proprio all’eccessiva concentrazione e compressione dell’evento, con tie che si sono allungati ben oltre la mezzanotte, tanto che la risposta alle lamentale di Rafa “non si può finire alle 2.30” è stata tirare le quattro del mattino con il doppio Italia-Usa. La soluzione ideale, spalmare le Finals su più giorni mantenendo chiaramente la finale di domenica, significherebbe erodere un’altra settimana di ferie/preparazione ai giocatori; la domanda su quanti si presenterebbero senza neppure il “ricatto” della partecipazione ai Giochi Olimpici rischia di essere retorica. Per quanto strumento largamente accettato nei tornei, nel caso delle Finals di Davis non convincono le wild card destinate a due nazioni che non sono riuscite a qualificarsi.

Totalmente differente è il discorso qualificazione delle squadre per l’ATP Cup, basato sulla classifica del primo singolarista e che ha dato luogo a storture e relative critiche da parte di tennisti come Opelka, Tsonga e Rublev che non hanno trovato posto nelle rispettive formazioni perché avevano due compatrioti meglio classificati. Resta però priva di senso la loro posizione secondo cui, forti del loro ranking, sarebbero titolari in molte altre squadre: se fossero nati in Grecia, Moldavia o quello che è, forse non avrebbero quella classifica o nemmeno giocherebbero a tennis. In ogni caso, la differenza fondamentale con la Coppa Davis in tema di composizione delle squadre ATP è l’assoluta mancanza di identità con le federazioni nazionali, tanto che i giocatori non possono avere il nome del loro Paese sulla divisa. Il capitano è il primo singolarista (o è da lui scelto), mentre in Davis è nominato dalla federazione di appartenenza e decide le convocazioni.

La durata di dieci giorni permette più respiro alla ATP Cup e i gironi da quattro squadre sono senz’altro preferibili a quelli da tre per assicurare esiti, diciamo così, più accurati. Sul campo, se la formula con due singolari e un doppio accomuna le due competizioni, è la specialità di coppia a esaltare le differenze, con il “punto secco” dell’una che è invece un punto a favore dell’altra. Nei doppi ATP, infatti, arrivati al 40 pari non ci sono più i vantaggi e il killer point finisce con l’uccidere l’essenza del tennis. D’altra parte, questa regola, unita al match tie-break in luogo del terzo set, ha il pregio di abbreviare gli incontri e quindi i tie. Un pregio per chi vuole vedere del tennis ma non troppo.

In definitiva, i momenti di bel gioco e di emozioni non sono mancati in entrambi gli eventi, ma sempre più voci si levano in favore dell’unificazione, come già auspicata dall’ex presidente ATP Chris Kermode, comprese quelle di Rafa Nadal e Novak Djokovic.

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