US Open prima closed e ora, post Djokovic ko, mai così open

Editoriali del Direttore

US Open prima closed e ora, post Djokovic ko, mai così open

Il mio favorito ora è Medvedev. Ma forse è Berrettini è l’avversario più insidioso per il russo. Ma prima c’è, stasera, Rublev. Cosa deve accadere perché non si metta un asterisco accanto al nome del vincitore

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Novak Djokovic lascia il campo dopo lo squalifica - US Open 2020 (via Instagram, @djokernole)
 

C’era un favorito unico all’US Open, closed al pubblico ma davvero non al numero 1 del mondo imbattuto in tutto l’anno Covid. Ciò soltanto fino a ieri, quando a battere Novak Djokovic, 33 anni, è stato lui stesso, per aver lasciato partire il dritto più preciso e sfortunato da lui mai tirato nel corso di una lunga carriera.

Come ho scritto subito a commento sotto all’articolo, addirittura quando era ancora in aggiornamento – abbiamo infatti scelto di dare subito in tempo reale e in poche righe la clamorosa notizia della squalifica, per poi corredarla dei vari dettagli, del regolamento, delle sanzioni, dei primi commenti, delle interviste dei vari Carreno Busta, Zverev…si è trattato di una squalifica inevitabile. Qualsiasi altra decisione sarebbe stata francamente inaccettabile. Novak ha cercato di opporvisi sul campo, com’era umanamente comprensibile, ma poi ha capito e accettato il verdetto.

Si può discutere, forse e dico forse, sulla adeguatezza della regola a situazioni che si possono presentare e che potrebbero non meritare sempre le stesse drastiche conseguenze, la squalifica immediata – ricordo l’esempio della junior italiana Maria Vittoria Viviani che nell’Australian Open 2017 tirò alle sue spalle una palletta innocua verso terra e questa, fuori inquadratura, finì addosso a un raccattapalle: quella squalifica fu davvero ridicola – ma se la regola non fosse stata applicata in questo caso, con la giudice di linea colpita alla gola e a terra, quasi soffocata e comunque sotto choc, sarebbe stata una decisione sbagliatissima. Avrebbe costituito un pessimo precedente, che avrebbe giustificato il famoso detto “la legge non è uguale per tutti”.

Ciò detto Djokovic era un minimo recidivo. In 919 vittorie e 188 sconfitte da “pro” (1.107 partite!), suvvia ragazzi ci sta di lanciare rabbiosamente qualche racchetta o qualche pallata. Infatti non era proprio la primissima volta che Djoko si era lasciato andare. Aveva rischiato grosso già a Parigi nei quarti contro Berdych nel 2016 quando una sua racchetta lanciata improvvidamente era rimbalzata a terra e avrebbe colpito un giudice di linea se questi non avesse avuto i riflessi più che pronti per scansarsi.

Sempre nel 2016 durante le finali ATP alla O2 Arena un altro episodio simile di cui era stato protagonista Novak aveva suscitato una domanda di un collega piuttosto aggressivo che al campione serbo aveva fatto quasi saltare i nervi.

Certo ieri se la sua pallata di dritto fosse finita due centimetri più a destra o a sinistra o anche e la giudice di linea colpita (e affondata) l’avesse vista arrivare un decimo di secondo prima, non sarebbe successo granché. Insomma è stato anche ipersfortunato, anche se i tifosi di Federer e Nadal, più inappuntabili, sosterranno che Djoko se l’è meritato. Lui si sarebbe beccato quel warning che sarebbe stato sacrosanto già pochissimo tempo prima per un’analoga intemperanza (forse ancor più rabbiosa), magari anche una successiva multa, ma avrebbe potuto continuare a giocare quel set in cui aveva avuto tre set point consecutivi sul 5-4. Ma dei se e dei ma sono piene le fosse.

Non mi ha in fondo sorpreso che Novak abbia disertato la conferenza stampa. Cosa avrebbe potuto dire a caldo? Si sarebbe ripetuta forse la scena sopra ricordata delle finali ATP di Londra 2016, anche se via Zoom i colleghi dei tabloid inglesi non li ho finora visti spesso a lanciare provocazioni. Comunque appena tornato nella villetta affittata a caro prezzo a Long Island Nole ha postato su Instagram le sue scuse. Com’era giusto e saggio che facesse. In conferenza stampa sarebbe stato bombardato di domande in risposta alle quali non avrebbe potuto dire granché.

Sull’episodio Ubitennis ha registrato alcune reazioni – anche quelle sardoniche dell’ineffabile Nick Kyrgios – e ricercato i numerosi precedenti. Tutti – se non erro – conclusi con la squalifica dei “lanciatori di palle e racchette”, tranne quello che aveva visto protagonista una settimana fa Aljaz Bedene alle prese con Medvedev nel Western&Southern Open di Cincinnati/New York. Una pallata dello sloveno aveva finito per colpire, perdendo peso dopo aver rimbalzato sul telone di fondo, un cameraman appostato fuori del campo. Uno dei pochi presenti, vista l’assenza del pubblico. Non si era ritenuto di dover squalificare Bedene, considerate le circostanze. E chissà, magari c’è chi pensa che si sarebbe dovuto farlo.

Chiuso l’argomento Djokovic – con qualche dubbio che a seguito della sua caduta sulla spalla permane sulle sue condizioni fisiche e sulla sua partecipazione agli Internazionali d’Italia prima ancora che al Roland Garros – resta in piedi il torneo che adesso è davvero molto più Open.

Per prima cosa avremo alla fine di questo Slam numero 470 della storia degli Slam (a partire dal primo di Wimbledon 1877) un vincitore inedito: il vincitore n.150 della storia per la gioia di Luca Marianantoni che a cavallo del 2019-2020 ha pubblicato il libro “150 volte Slam” edito da Pendragon… quando ancora i vincitori erano solo 149. All’amico Luca (grande tifoso di Federer di cui vorrebbe preservare il record dei Majors a danno di Nadal e Djokovic) gli ha detto bene. Una recensione del suo bel libro che vi consiglio di acquistare la scrissi all’interno di questo articolo.

Questo vincitore dell’US Open 2020 sarà anche il primo nato negli anni Novanta, a meno che il torneo lo vinca Auger-Aliassime che è nato dopo, l’8 agosto del 2000. Djokovic (classe 1987) era il più anziano dei tennisti in gara fra quelli giunti agli ottavi. Il secondo più anziano, per l’appunto il co-president della neonata PTPA al fianco di Djokovic, Vasek Pospisil, è già classe ’90 per aver compiuto i 30 anni nel giugno di quest’anno. Ovviamente senza più Djokovic in lizza ora sono tanti a sperare nel grande exploit. Di certo più degli altri hanno diritto a crederci i primi quattro che lo seguono in classifica e nell’ordine delle teste di serie: Thiem n.2, Medvedev n.3, Zverev n.5 e… sì, anche il nostro Matteo Berrettini n.6. E dai!

Ad essersi alleggerita particolarmente è ovviamente la metà alta del tabellone, quella dove adesso al posto di Djokovic c’è Carreno Busta che nessuno oggi pronosticherebbe potenziale vincitore del torneo, sebbene ieri lo spagnolo non stesse giocando affatto male e fosse anzi sul punto di portare a casa il primo set. Chi sembrerebbe avere più le carte in regola, un CV adeguato, per raggiungere la finale di questa metà alta ora che lì sono giunti al traguardo dei quarti di finale, secondo me è il solo Sascha Zverev. Incostante fin qui negli Slam il tedesco è l’unico fra tutti che si sia dimostrato capace di vincere eventi importanti, dai Masters 1000 a – soprattutto – le finali ATP.

Nella metà bassa dove ancora siamo fermi agli ottavi di finale – in programma oggi si trovano giocatori che hanno le credenziali di Thiem e Medvedev, oltre a Berrettini e Rublev attesi dall’ottavo tecnicamente più interessante ed incerto. Come abbiamo convenuto nel nostro abituale incontro via Zoom con il collega “Hall of Famer” Steve Flink, Daniil Medvedev, finalista un anno fa, sembra il candidato più autorevole fra tutti a ereditare il titolo che lo scorso conquistò Rafa Nadal battendolo a fatica. Più di Thiem, direi.

A parte il fatto che Thiem dovrà stare già molto attento ad Auger-Aliassime, Medvedev a mio avviso dominerà Tiafoe. Poi potrebbe perdere più facilmente con un Berrettini in giornata di gran vena al servizio piuttosto che con il coetaneo e connazionale Rublev che conosce e affronta dall’età di 11 anni e a livello professionistico ha battuto due volte su due, senza perderci un set, sempre piuttosto nettamente. Troppo più regolare Medvedev per perdere da un giocatore brillante ma anche discontinuo come l’amico Rublev. Anche se i duelli fra amici possono sempre riservare sorprese.

Berrettini per lui, ripeto, può essere più temibile e pericoloso. Però Berrettini deve prima battere Rublev e non è affar semplice. Matteo troverà nel russo pel di carota un avversario ben diverso da quelli battuti fin ora. Un avversario che di sicuro è in grado di rispondere meglio di loro, oltre che più capace di prendere l’iniziativa del palleggio con entrambi i colpi. Il russo è più forte di dritto ma potrebbe prevalere sulla diagonale del rovescio. Il dritto bomba a sventaglio di Berrettini dovrà essere particolarmente continuo e centrato per procurargli la stessa messe di punti conquistata con i vari Soeda, Humbert e Ruud. Avversari di minor caratura.

Un po’ di paura francamente Rublev, pur battuto da Matteo tre volte su cinque (e tre su quattro da “pro”, perché una sconfitta il nostro la subì al secondo turno junior di Wimbledon), Gstaad, Vienna e proprio qui a Flushing sempre negli ottavi un anno fa, a me la fa. È migliorato tantissimo Matteo, ma lo stesso può dirsi del rosso e russo Rublev. Torno a dire che un Medvedev eventuale semifinalista secondo me avrebbe un posto quasi sicuro in finale. Non lo vedo capace di perdere con nessuno dei quattro ancora in gara in basso, Pospisil-De Minaur e Aliassime-Thiem che giocano oggi nel Labour Day.

Forza Matteo allora, facci questo regalo, batti un russo dopo l’altro. Matteo è consapevole della sua forza, ha proprio più consapevolezza della sua forza che il timore di avvertire la pressione che gli potrebbe trasmettere quanti sognano per lui. Poi si vedrà.

Infine però, dopo l’uscita di scena di Djokovic, mi e vi chiedo: accanto al vincitore di questo US Open ci vorrà un asterisco? Un asterisco promemoria di quanto è accaduto a Djokovic, nonché l’assenza contemporanea di Federer e Nadal, la prima di… un secolo? Finora di porre un asterisco accanto al nome del vincitore si era parlato soltanto per il torneo femminile, orfano fin dall’inizio di sei top-ten e con una Serena Williams a caccia del 24mo titolo ma in condizioni assai incerte. Rispondo qui quanto ho anticipato a Steve Flink: l’asterisco gli verrà apposto se il vincitore sarà e resterà un “One-Slam Winner”. Se, cioè, non sarà capace di ripetersi negli anni a venire. Se invece infilerà un filotto di Slam, almeno altri due o tre, beh allora di asterischi a ricordo di assenze e squalifiche non ci sarà bisogno. E la gente fra qualche anno dimenticherà. Quanti ricordano ancora l’anno della squalifica di John McEnroe, più che il teatro dove si verificò?

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