Matteo, la crisi in 3 punti (Azzolini)

Rassegna stampa

Matteo, la crisi in 3 punti (Azzolini)

La rassegna stampa di venerdì 16 giugno 2023

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Matteo, la crisi in 3 punti. Fiducia e pazienza le cure (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Sono i giorni della pazienza, per Matteo Berrettini. E dopo il brutto tonfo e l’uscita dal campo in lacrime di Stoccarda contro Sonego, il torneo che non lo aveva mai visto battuto (due partecipazioni, due titoli), ci sta. Lo pensa anche lui, anzi, lo scrive… benedetti social che ti avvolgono in un sudario di critiche, per lo più fesse, ma se devi rispondere, replicare, precisare, o dar vita a manovre ben più impegnative, tipo mandarli a quel paese, sempre da loro devi passare. Tant’è… Nei giorni della pazienza, del «datemi tempo, aspettatemi», e dei «ritornerò» più bello e più forte che prima, di solito ci si allena e si pensa. Ma allenarsi troppo non sempre conviene, e pensare a lungo, a volte, nemmeno. Perché non è facile pensare sempre positivo, e perché i pensieri negativi sono quelli a più alta concentrazione di sostanze adesive. Ti si appiccano addosso e per staccarli è peggio che farsi cancellare un tatuaggio. Se l’operazione rinascita ha un senso, e soprattutto, può davvero puntare a una rapida uscita dalla crisi, vale la pena sgomberare il campo dal pensiero più negativo fra tutti, quello di essere il tennista più sfortunato del mondo. Talmente perfido da apparire — a chi vi si concede — caldo e accogliente come un involucro protettivo, suadente come un consigliere che riesca a inoculare la convinzione che non vi siano colpe da condividere, né sforzi particolari da compiere, ché tanto fa tutto lei, la sfiga. Bene, sappia Berrettini, che vi sono stati tennisti ben più sfigati di lui. Basta citare un nome, James Blake. Quando cadde su uno dei campi del Parioli, in allenamento, sbattendo la testa su uno dei paletti che tengono la rete, il rumore fu talmente devastante che i soci del circolo uscirono convinti che due auto si fossero scontrate. Si rimise dopo un anno, Blake, aveva dei bei boccoli rasta ed era il tennista più fotografato dalle riviste. Perse tutti i capelli, divenne pelato come una zucca. Una sera, davanti al cinque stelle Hyatt, a New York, tre tizi enormi, usciti dall’hotel gli saltarono addosso con mosse da difensori di football americano, avendolo scambiato per un malvivente. Spalla lussata, due denti rotti e due giorni di carcere, prima del rilascio. Alla fine, acquistò una villa in Florida, la casa dei suoi sogni, l’affittò a una bella famiglia. Il mese dopo, l’uomo cui l’aveva data fece fuori moglie, figli e dette fuoco alla casa. Malgrado ciò, Blake fu numero 4 del mondo. Se Matteo vuole un buon consiglio, butti via certi pensieri e vada dritto alle cause del proprio disagio. La pazienza è un buon inizio. Ma anche il resto dovrà mettercelo lui. A cominciare dal costante monitoraggio del proprio fisico, incline a infortuni prevedibili (quasi sempre) essendo il nostro un atleta tanto bello quanto imperfetto. Ha le gambe […] lunghe e magre che poco interagiscono con il peso di un tronco decisamente sviluppato. Caviglie (già due stop), ginocchia, tendini, saranno sempre sotto pressione. Il servizio, meno sorretto dall’agilità di due gambe salterine, esprime potenza poggiando su muscoli e schiena. E lo stesso dritto, non è di quelli avvolgenti, è più simile a una frustata. Gli infortuni agli addominali (tre) ne sono il naturale portato. Matteo deve fare i conti con tutto questo, senza disperdere le qualità più tipiche del suo tennis, quel gioco su due colpi che risulta devastante per molti avversari. Forse dovrà scegliere i momenti in cui rischiare di più, e imporre una velocità di crociera alta ma meno faticosa per il proprio fisico. C’è da mettere da parte anche le guerricciole con i social, le cattiverie, le battutacce sulle sue storie personali. In particolare la relazione con Melissa Satta ha sollevato uno tsunami ridicolo, perché simili vicende non hanno mai inciso sul rendimento in campo di nessuno. Chiuderli, e se gli accordi pubblicitari (che sono tanti, per sua fortuna) non glielo permettono, imparare a ignorarli del tutto. Ma il vero problema, quello che le lacrime di Stoccarda hanno così bene sottolineato, è di fiducia in se stesso, nel suo tennis e nel suo fisico. Aveva abituato, Matteo, a risorgere dagli infortuni con rapide vittorie. A Stoccarda, l’anno scorso, giunse dopo quattro mesi di stop e sbaragliò il campo. Stavolta non è accaduto, e forse non poteva nemmeno accadere. Negli ultimi due anni Berrettini ha giocato meno di un quarto di quanto abbiano fatto Musetti, Sinner e Sonego. Nel 2022 i ripetuti stop l’hanno visto fuori causa da fine febbraio a fine giugno, dalla vigilia di Wimbledon a Gstaad, l’hanno costretto a un’estate americana sotto tono, e si sono ripresentati dalla finale del torneo di Napoli fino alla ripresa di gennaio. E nel 2023 le cose, finora, non sono andate meglio. Non giocando mai, si disperde quel corredo che è di supporto ai match, dal colpo d’occhio, alla reattività su certi colpi e in determinate situazioni. Ed è questo che sta pagando Berrettini. Dunque pazienza, sì, a ogni costo. Mettercela tutta e non pensare che una vittoria basti a decretare trascorsa la nottata. Servono ago e filo, per cucire insieme le prime vittorie e su quelle ritrovare stimoli e buone sensazioni. Un po’ alla volta. […]

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