La top 10, l’Olimpo dei primi 10, l’obiettivo che ogni tennista si pone, e che sogna, finché non appende la racchetta al chiodo. Un sogno che non ha età, che fino alla fine può diventare realtà, come dimostra Fabio Fognini, entrato per la prima volta in questo club esclusivo a 32 anni, nel luglio del 2019. Un’annata, il 2019, che vide ben 6 giocatori timbrare il proprio esordio in top 10, di cui un altro italiano (Matteo Berrettini, grazie a un finale di stagione da sogno), i futuri fissi inquilini Daniil Medvedev e Stefanos Tsitsipas, la fiammata di Karen Khachanov e un altro veterano come Roberto Bautista Agut. Due giocatori in meno del 2006, annata record, cinque in più del 2023, che ha visto arrivare per la prima volta così in alto il solo Frances Tiafoe.
Non basta infatti vincere qualche partita, disputare un grande torneo o trovare una semifinale Slam. Per arrivare così in alto, dove solo ai migliori tennisti del pianeta è concesso stare, un lusso che soli 181 giocatori hanno potuto concedersi, servono tante qualità. Costanza, solidità mentale ma anche fisica, capacità di tenere un alto livello settimana per settimana. Basti pensare che un giocatore come Fognini, capace di tanti acuti nella propria carriera, neanche dopo aver vinto il Master 1000 di Montecarlo è entrato in top 10, ma ha dovuto aspettare altri tre mesi.
Può però bastare una grande annata per tagliare questo traguardo? Il 2022 ha detto di sì a Taylor Fritz, campione ad Indian Wells e molto costante in tutti i tornei, tanto da chiudere a n.9. Così vicino, eppur così lontano, dall’altro esordiente del 2022, Carlos Alcaraz, poi n.1 a fine stagione. Lo spagnolo, esattamente 17 anni dopo Rafa Nadal, ruppe il ghiaccio della top 10 il 25 aprile 2022, con già un 1000 in cascina e 20 anni ancora da compiere. Un percorso che, in termini di giovane età, potrebbe essere ripercorso nel 2024 da due giocatori che hanno impressionato nel 2023, e da un altro che non sarà più così giovane, ma ha comunque mostrato grandi picchi, e gran costanza, nell’annata appena trascorsa. Seguiremo rigorosamente l’ordine di classifica (che, neanche a farlo apposta, è anche l’ordine di età dal più “anziano” al più “fanciullo”).
Demon De Minaur e la rincorsa di un Paese
Essere un tennista australiano porta con sé un peso che per molti è stato insopportabile (Tomic), per altri un’occasione di galvanizzarsi e fondersi con il pubblico (Kyrgios), per altri ancora semplicemente un’eredità troppo forte da sopportare (Millman, Groth, Kubler). L’Australia vanta 32 Coppe Davis, l’unico giocatore a realizzare più di una volta il Grande Slam, eppure non vede un proprio giocatore in top 10 da un’infinità, o quasi. L’ultimo aussie tra i migliori giocatori al mondo è infatti Lleyton Hewitt, che fu n.9 il 3 luglio 2006. Da 17 anni a questa parte tanti sentieri, tante piste, tante promesse, e soprattutto tante delusioni. Ma quest’anno qualcosa sembra essere cambiato.
Alex De Minaur da Sidney, un altro ragazzo con il cappellino (lui però con la visiera in avanti) che copre tutto il campo alla velocità della luce e possiede un gioco di piedi che fa storia a sé, ha ingranato la marcia, con decisione. Il 2 ottobre è addirittura arrivato a una sola posizione dai primi 10 al mondo, è stato l’ultimo a salutare le chance di qualificazione alle ATP Finals, e solo un Sinner ingiocabile, versione secondo miglior giocatore al mondo, ha negato a lui e alla sua Australia la vittoria della Coppa Davis. Un’annata condita dal titolo di Acapulco, e da tre finali: la prima in un 1000, sempre persa con Jannik a Toronto, la quarta in un 500 sull’erba del Queen’s, e sul cemento messicano di Los Cabos.
Un’annata a cui è mancata però una zampata importante negli Slam, con soli due quarti turni, in casa e allo US Open. E queste sono proprio le basi che danno forza alla candidatura di De Minaur come prossimo esordiente in top 10. Nei primi 6 mesi dell’anno non ha nessuna importante cambiale in scadenza, eccezion fatta per il 500 di Acapulco. Per il resto potrebbe già iniziare a macinare punti con i tornei di preparazione all’Australian Open, dove in passato ha raggiunto due finali (una vinta e una persa) a Sidney, la propria città natale. E raggiungere buoni risultati nei vari tornei della prima metà del 2024, sia i primi due Slam dell’anno, sia i vari tornei primaverili, vorrebbero dire quasi sempre tanti punti in cambio di poco.
Inoltre, e non è una questione da sottovalutare, parte molto vicino, in tutti i sensi, alla top 10. Inizierà infatti l’anno da n.12, ma soprattutto a soli 360 punti dal n.10 Taylor Fritz, che non è propriamente famoso per i grandi risultati ottenuti nei Major. Tradotto: una buona prestazione in uno dei 250 precedenti l’Australian Open potrebbe fargli bastare anche un “semplice” ottavo nello Slam di casa, sempre contando su prestazioni non indimenticabili di Fritz e Ruud (n.11), per arrivare in top 10 già a gennaio. Ma, al di là dei calcoli e della voglia di arrivare il prima possibile, è innegabile che De Minaur abbia enormi chance di rompere il muro dei migliori giocatori al mondo per la prima volta in carriera nel 2024. E che accada nei primi 6 mesi dell’anno, per una pura questione di punti e di cambiali di vantaggio rispetto ad altri, è una probabilità oggettiva. E, perché no, trovare anche la prima semifinale Slam. Per un giocatore che aspira ai primi 10 questi non devono essere sogni, ma obiettivi da tramutare presto in realtà.
L’uragano Ben e la forza del domani
19 gennaio 2023: Ubitennis raccontava, tramite la sua prima “gita fuoriporta”, la storia di un giovanotto americano figlio d’arte, che da poco aveva lasciato l’università. Undici mesi dopo quel ragazzo allampanato con i capelli ricci e un’espressione perennemente in bilico tra il divertito e il sorriso sornione di chi sta per giocare un brutto tiro, è tra i più famosi tennisti del mondo. Ben come tanti, Shelton come pochi, ha iniziato l’annata come n.96 del mondo, l’ha chiusa alla 17esima posizione, a poco più di 1000 punti dalla top 10. E definirne ampi i margini di crescita sarebbe terribilmente riduzionista.
L’epopea a grandi livelli dell’americano è partita proprio grazie al suo primo torneo fuori dagli USA, e cioè l’Australian Open, il secondo Slam della carriera. Pronti, via e arriva ai quarti di finale, arrendendosi solo a Tommy Paul dopo un bel match. Potenziale enorme, ma il diamante è ancora molto grezzo, eppure quelle traiettorie mancine ad uscire, con quella potenza, che spesso si sfoga nei colpi a rimbalzo, non sono un caso. Il prosieguo della stagione di Shelton non è niente di indimenticabile, fino ad inizio settembre, fino all’approdo nello Slam di casa, alle luci e al capogiro che appartengono ad una sola città al mondo: New York. Lì l’uragano Shelton prende forma e definitivamente posto nell’élite del tennis.
La semifinale allo US Open rappresenta la conferma delle qualità di Ben, che sì soccombe in tre a Djokovic, ma se la gioca e fa divertire, quasi certificando il suo tennis come di grande qualità ma anche con picchi di intrattenimento. Il primo titolo, a Tokyo, gli regalerà l’ingresso in top 20 e una chiusura di anno al n.17, 79 posti in più rispetto a dov’era solo 10 mesi prima. Onestamente è difficile non prevedere una carriera di livello alto, se non altissimo, per l’ex campione NCAA, dunque il suo ingresso in top 10 è più una questione di “quando” piuttosto che di “se”. Ma potrebbe avvenire già nel 2024?
Come nel caso di De Minaur, e anche di più, la prima parte dell’anno presenterà poche cambiali per l’americano, con la chance concreta di fare punti un po’ ovunque senza perderne poi chissà quanti. Eccezion fatta per i quarti in Australia, risultato comunque non impossibile da pareggiare, fino praticamente allo US Open il risultato più importante da difendere è la semifinale al Super Challenger di Cagliari. Ma la trasferta europea primaverile, che l’anno scorso lo ha visto protagonista di uno dei colpi dell’anno, verrà affrontata da un giocatore completamente diverso. Per non parlare delle chance che potrebbe ora ottenere al Sunshine Double, considerando quanto mostrato sul cemento. Se avrà saputo limare, quantomeno in buona parte, quei limiti caratteriali che lo portano a usare troppo spesso più l’estro e l’istinto che la razionalità, e riuscito a dare più consistenza al rovescio da fondo, è difficile non prevederne l’approdo tra i primi 10. Unito, perché no, ad altri grandi risultati in uno Slam (ha già le stesse semifinali Major di Sinner, e più del povero Rublev).
Fils e la vengeance transalpina
Il 2023 ha riportato aria di tennis in Francia. Il movimento, grazie a Ugo Humbert che ha chiuso in top 20 e un Adrian Mannarino con picchi impressionanti, ha respirato di nuovo. Ma ciò che più fa dormire sonni tranquilli è il futuro, la promessa brillante di nuovi anni tra le potenze del tennis mondiale. E questa promessa, che di anni ne compirà 20 solo il prossimo giugno, ha un nome e un cognome ben precisi: Arthur Fils. Il nativo di Bondoufle, al primo anno nel circuito, ha rapidamente fatto capire di che pasta è fatto, scrivendo a caratteri cubitali il suo nome nelle stelle del tennis del futuro…e del presente. Eletto Newcomer of the Year, e con la saggezza al suo angolo di due ex campionissimi, è pronto ad azzannare il 2024 dopo un super 2023.
Il francese ha infatti iniziato l’anno da n.251 al mondo, e ha scalato ben 215 posizioni, chiudendo al n.36, con un titolo, a Lione, e una finale, ad Anversa. Aggiungendo a ciò anche la soddisfazione di battere due top 10 (3 se aggiungiamo il ritiro di Auger-Aliassime a Lione): Ruud, ai tempi n.4, ad Amburgo e il n.7 Tsitsipas ad Anversa. Dunque già ha provato l’ebbrezza della vittoria e già ha mostrato che sa come battere giocatori al top e con molta più esperienza e (attualmente almeno) qualità di lui. Un percorso che ricorda, molto da vicino, quello di Alcaraz: nel 2021 lo spagnolo chiuse da n.32 dopo aver iniziato da 141, con un torneo vinto e tre top 10 battuti. Il francese inizierà il 2024 con quattro posizioni in meno rispetto a Carlitos ad inizio 2022, anno della consacrazione.
Ma, al di là dei parallelismi, sono i numeri che parlano per Fils, e ne tracciano il sentiero. Il francese, non contando le Next Gen Finals, ha raggiunto cinque semifinali in tour nel 2023, vincendone due, perdendo a Montpellier contro Sinner, Marsiglia contro Bonzi, Amburgo contro Zverev. Tutte sconfitte (compresa quella contro Bonzi, arrivata ad inizio anno) che sono assolutamente normali, e fanno parte del percorso di crescita di Arthur, che ha ben dimostrato come sappia giocare settimane di altissimo livello. Ciò che gli è mancato è una certa costanza di rendimento, e un essere ancora troppo acerbo ad alti livelli. Infatti non ha raggiunto neanche un ottavo di finale tra Slam e Masters 1000. Il miglior risultato da questo punto di vista è il terzo turno a Shanghai, dove ha impegnato per quasi 3 ore Tommy Paul. Fisicamente è già più che pronto a giocare ad alti livelli, sia da un punto di vista propriamente atletico, sia di spinta.
Senza dubbio deve migliorare e la qualità del rovescio e l’arsenale, ancora troppo piatto: vanno aggiunte soluzioni alternative, che possano evadere dal colpo al rimbalzo post servizio o dallo scambio duro da fondo, che sui cinque set potrebbe far emergere la poca esperienza in partite lunghe. Il futuro di Fils è in ogni caso roseo, anche perché ha mostrato di cavarsela ugualmente bene su terra e cemento (soprattutto indoor) e ha un gioco che può mettere in difficoltà. Il non dover in pratica mai difendere risultati importantissimi in termini di punti, con le grandi prestazioni sempre sparse, tranne le semifinali di fila a Montepellier e Marsiglia, lo pone in un’ottima posizione per scalare la classifica. E la possibilità di poter giocare spesso e volentieri senza nulla da perdere, come “underdog”, gli gioveranno al momento di salire e piazzare il colpaccio. La sua ascesa in top 10, tra l’estate e l’autunno del 2024, dopo aver compiuto 20 anni, appare dunque più di una rosea aspettativa. Con l’esuberanza fisica che si ritrova (e contando qualche consiglio che avrebbe potuto lasciargli Nadal nei loro allenamenti in Kuwait) i primi 10 sono solo il primo passo.