L'addio al tennis del soldato John: l'ultima partita di Millman, il metronomo che fece impazzire Federer

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L’addio al tennis del soldato John: l’ultima partita di Millman, il metronomo che fece impazzire Federer

L’ex numero 33 del mondo ha perso l’ultimo match della carriera nelle qualificazioni dell’Australian Open: la wild card negata, l’impresa della vita con Federer, il titolo a Nur-Sultan

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John Millman - Sofia 2020 (foto Ivan Mrankov)
 

“Finiscono anche le cose più belle”: cominciava con queste parole il post con cui John Millman, l’8 novembre 2023, aveva annunciato il ritiro dal tennis professionistico al termine dello swing australiano, la cosiddetta “Australian Summer”. Millman, 34 anni e attualmente numero 484 del ranking ATP, non ha ricevuto una wild card dagli organizzatori per il tabellone principale dell’Australian Open e per la sua “last dance” ha quindi deciso di partecipare alle qualificazioni del primo slam stagionale grazie al meccanismo del ranking protetto, superando il primo turno (vittoria con Alessandro Giannessi) per poi perdere sul campo 3 con lo slovacco Alex Molcan (26 anni e numero 118 del mondo) con il punteggio di 6-4 6-3. Uno dei primi commenti sotto il post su Instagram con cui Millman annunciava l’addio al suo sport è stato curiosamente proprio di Andreas Seppi, anche lui “dimenticato” e snobbato dalla sua federazione proprio nel momento più simbolico, ovvero quello dei saluti : “Complimenti per la tua fantastica carriera, amico mio”.

Una fantastica carriera cominciata un po’ a scoppio ritardato, col primo ingresso in top 100 nel 2015, all’età di 26 anni e proseguita scalando il ranking un passo alla volta, come una delle tante formichine del circuito ATP, fino a raggiungere il best ranking di numero 33 nell’Ottobre del 2018 dopo gli splendidi quarti di finale allo US Open. Fu proprio in quel torneo che John firmò l’impresa di una vita, eliminando negli ottavi di finale il numero 2 del mondo Roger Federer con il punteggio di 3-6 7-5 7-6(7) 7-6(3) in una di quelle serate newyorchesi in cui l’umidità ti soffoca e ti impedisce di giocare a tennis: Roger, mai visto così affaticato e sudato, crollò sia fisicamente che mentalmente (eloquente, da questo punto di vista, l’ultimo dritto dell’incontro, il 77esimo errore gratuito del match, completamente buttato via), sfinito da un avversario che non cambiò mai faccia nel corso di tutto l’incontro, nemmeno dopo il match point: concluso il lavoro, si tolse con calma il cappellino e camminò verso la rete quasi a chiedere scusa ad un Roger sorridente.

Il campione svizzero si prese la sua rivincita, in casa dell’avversario, all’Australian Open del 2020: Federer, nell’arco della sua carriera e specialmente nelle giornate in cui le gambe giravano meno del solito, ha spesso sofferto questa tipologia di giocatori, veri e propri metronomi (una palla da una parte, una palla dall’altra, per sempre) che soffocavano e per certi versi annoiavano il talento dello svizzero. Possiamo fare gli esempi di due tennisti con caratteristiche indubbiamente diverse ma in qualche modo riconducibili alla categoria dei metronomi, ovvero Guillermo Canas e Gilles Simon, che hanno spesso infastidito Re Roger.

Ma stavolta al terzo turno dell’ultimo slam prima della pandemia Roger riuscì in qualche modo a salvarsi, vincendo il super tie break ai 10 del quinto set (una novità di quella stagione) col punteggio di 10 a 8, recuperando uno svantaggio di 4 a 8 e chiudendo l’incontro con un parziale di sei punti consecutivi: 4-6 7-6(2) 6-4 4-6 7-6(8) dopo 4 ore di gioco. La fotografia di quella partita sono gli occhi di Lleyton Hewitt, seduto in tribuna nell’angolo di Millman: occhi spiritati ma soprattutto pieni di gioia, quelli di Rusty, come se dopo le delusioni dei vari Tomic e Kyrgios- spesso completamente piatti dal punto di vista agonistico- avesse finalmente trovato un erede, un erede in grado di apprezzare l’importanza del punto, la sofferenza della vittoria e l’orgoglio della sconfitta.

Millman è stato uno dei soldati per eccellenza del circuito ATP: un soldato a livello di look, di postura (iconica la sua camminata tra un punto e l’altro, precisa e ordinata, proprio come una marcia, sempre col petto in fuori) e di gioco, aggrappato alla lotta e allo scambio. Chiude la sua carriera con un titolo a livello ATP, conquistato a Nur-Sultan nel 2020 battendo in finale Adrian Mannarino, e con altre due finali, perse con Marco Cecchinato a Budapest nel 2018 e con Novak Djokovic a Tokyo nel 2019.

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