Dopo l’amico Rafa, è toccato a Novak Djokovic prepararsi per gli Internazionali d’Italia 2024, torneo dove ha sempre avuto grande successo, di pubblico e in termini di vittorie. Arriva dopo un 2024 finora decisamente complicato, in cui non ha ancora vinto nulla e in cui c’è qualche dubbio sulle condizioni fisiche. Dubbi che ha fugato nella conferenza prima del torneo.
D: “Fisicamente come ti senti? Tutto bene rispetto a Montecarlo? C’erano dei problemi? Ci hai lavorato?“
Djokovic: “Sì, mi sono riposato, e mi sono allenato bene. Sono arrivato due giorni fa qui, e subito sono andato a colpire sul Centrale. Ovviamente allenandomi con top player prima di giocare, per quanto le partite siano diverse rispetto a quelle di allenamento. Spero di riuscire ad essere al meglio per il Roland Garros, e spero che qui giocherò meglio che a Montecarlo. É la prima volta in cui Roma e Madrid sono da 2 settimane, come Indian Wells e Miami, e spero che mi dia più tempo per recuperare, potrebbe essere utile“
D: “Volevo chiederti dei recenti cambiamenti nel tuo team perché tutti pensano che forse è una questione di motivazione, forse è qualcos’altro. Ti chiedo come è cambiato il lavoro fitness da allora“
Djokovic: “Attualmente sto lavorando con un preparatore atletico con cui lavoro da molti anni. Non ci è voluto molto tempo per adattarsi al suo programma e al suo approccio. Ci conosciamo davvero bene, ed ecco perché sento che siamo sincronizzati in termini di ciò che vogliamo fare, di come vogliamo affrontare il programma di allenamento dentro e fuori dal campo. Anche con Nenad, ovviamente. Sono soddisfatto di come sono andati gli ultimi 10 giorni in termini di allenamento, di preparazione, guardando a questo torneo, ma in particolare al Roland Garros, Wimbledon e ai Giochi Olimpici. Questo è il blocco per il quale ci stiamo preparando di più. Dobbiamo solo vedere se si trasformerà in una buona prestazione in campo. Come ho detto, l’allenamento che fai con gli sparring partner, magari non con i top player, è completamente diverso da quello che hai con i primi cinque, dieci al mondo, i tuoi più grandi rivali. Ieri ho giocato con Dimitrov, oggi con Rune. È una grande opportunità per me per provare quel tipo di sensazione di gioco“
D: “Molti dei giocatori più giovani hanno ampliato il proprio team. Vedi sempre più entourage, più persone intorno a loro. Quanto è importante per te avere accanto le persone giuste al momento giusto? Inoltre, c’è mai stato un periodo in cui forse c’erano troppe persone intorno a te?“
Djokovic: “Sono sempre un sostenitore di avere un team e un entourage di qualità intorno a te, persone esperte nel loro campo, che hanno esperienza, che hanno conoscenza, che capiscono anche la psicologia, che sanno come avvicinarti emotivamente quando hai bisogno di aiuto o di spazio. È importante anche che un preparatore atletico, un allenatore di tennis, abbia questo tipo di abilità perché trascorri molto tempo insieme nel tour. Li vedi molto più di quanto vedi la tua famiglia, soprattutto quando sei più giovane, quando viaggi letteralmente ogni singola settimana dell’anno. Naturalmente per me è diverso rispetto ai ragazzi più giovani. Non ho avuto il mio vero team finché non ho compiuto 18 anni. Fino a quel momento viaggiavo in gruppo. Inoltre sono cresciuto in Serbia, che a quel tempo stava attraversando molti momenti difficili.
Economicamente era quasi impossibile per noi. In realtà era impossibile avere un allenatore personale, soprattutto se non hai nessuno che ti sostenga. Per me, si trattava di circostanze diverse rispetto forse ad altri ragazzi che vediamo oggi. Ma se vieni da una federazione italiana, francese o americana o britannica, è diverso. Hai condizioni, infrastrutture e sistemi di supporto che ti semplificano la vita. Ma bisogna imparare anche attraverso le difficoltà. Ho davvero apprezzato il tempo trascorso in viaggio per un po’, le sfide che ho affrontato da solo, senza nessuno. Ho pensato che anche quella fosse un’esperienza di vita molto preziosa per me, capire come posso prendermi cura di me stesso, essere indipendente“
D: “Sarà l’ultimo Roland Garros di Rafa. Descrivi com’è affrontarlo lì“
D: “Probabilmente è una delle più grandi sfide che ci siano, giocare contro Rafa lì. Ci ho giocato probabilmente più al Roland Garros che da qualsiasi altra parte. Il campo è più grande, c’è più spazio per rispondere, e ciò influenza molto visivamente il gioco e la sensazione del giocatore in campo. Gli piace stare molto indietro, rispondere da lontano. E quando si pianta dietro fa pochi errori…sembra impenetrabile, un muro. La tenacia e la voglia che ci mette sono qualcosa che si è visto molto raramente. Sarà molto emozionante per lui a Parigi, visto il record che ha lì“