Feroce, antipatico, geniale: praticamente Djokovic (Scanzi)

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Feroce, antipatico, geniale: praticamente Djokovic (Scanzi)

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Feroce, antipatico, geniale: praticamente Djokovic (Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano)

Fra qualche anno e anzi decennio, la sconfitta di Novak Djokovic nella finale del Roland Garros 2015 contro Stanislas Wawrinka apparirà ancora di più come ciò che innegabilmente è: una delle più grandi sorprese nella storia dello sport. Nessun tennista era parso così smisuratamente vicino al Grande Slam come il Djokovic attuale. Nemmeno Federer, che al Roland Garros è sempre partito ad handicap e quando l’ha vinto – grazie a un Soderling gigante coi Nadal e inutile coi Roger – era troppo tardi, perché nel frattempo era divenuto (persino lui) battibile sul veloce e financo sull’erba.

LA NOTIZIA non è che Djokovic abbia vinto il terzo Wimbledon, ma che non abbia dominato anche a Parigi. Oggi è imbattibile o giù di lì: nel 2015 vanta 48 vittorie e 3 sole sconfitte. Ha trionfato in due Slam su tre (ed è favoritissimo agli Us Open), ha vinto i 4 Masters 1000. Negli ultimi 20 Slam ha ottenuto otto titoli, sette finali, quattro semifinali e un quarto (fermato ancora da Wawrinka, Australian Open 2014). Da junior era già fortissimo, ma non quanto Nadal (che ha mantenuto le aspettative) e Gasquet (che in buona parte le ha disattese). Ha impiegato più tempo di Rafa – più grande di lui di un anno – a colmare il gap con Federer, ma oggi guarda tutti dall’alto. Gli Slam vinti sono nove, il primo agli Australian Open 2008 contro Tsonga, ma cresceranno ancora. La carriera del serbo, nato a Belgrado il 22 maggio 1987, è quella del predestinato. A quattro anni viene notato da Jelena Gencic, scopritrice di Ivanisevic e Seles: Jelena impiega pochi minuti per capire che quel bambino è un potenziale fenomeno. Ha due fratelli, entrambi più giovani ed entrambi tennisti. (…)

Djokovic accompagna un istinto ostentatamente istrionico nella sua vita extra-sportiva. Fa di tutto per apparire simpatico, quasi che avvertisse il bisogno di dimostrare che nella vita di tutti i giorni non è così stronzo come sembra in campo. Da qui le imitazioni dei colleghi (quelle di Nadal e Sharapova sono straordinarie), le partecipazioni ai Late Night with Jimmy Fallon, gli sketch con Fiorello. Dopo aver vinto Wimbledon ha mangiato erba e finto di trasformarsi in Hulk, poi ha ballato (malissimo) con Serena Williams sulle note della Febbre del sabato sera. La sua guittezza non pare mai veramente spontanea. Gli ultrà di Federer lo detestano, lasciando intendere che uno che corre così non può non aiutarsi in qualche modo, ma sono solo rosicamenti da “federasti” inconsolabili. A Djokovic, casomai, va imputato quel vizio – un po’ perso nel tempo – di chiamare il medical time out quando si trovava sotto nel risultato: fingeva un malanno, interrompeva il match e faceva perdere la concentrazione all’avversario. Un maestro del “chiagni e fotti”. Uomo scaltro anche negli investimenti, ha creato una catena di bar e ristoranti (Novak Café e Restaurant) e nel 2012 ha comprato tutta la produzione di formaggio d’asina della Serbia. Dal 2011 è cresciuto anche grazie alla paternità (“Ti cambia le prospettive. Ai miei colleghi dico: sposatevi, fate figli e apprezzate la vita familiare”) e alla scoperta di essere intollerante al glutine (…)

 

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