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05/10/2011 11:28 CEST - Tennis e scommesse

Perché beccano solo pesci piccoli?

TENNIS – La Tennis Integrity Unit ha squalificato a vita il serbo David Savic, numero 659 del mondo, per aver preso parte a tre partite “accomodate” nell’ottobre 2010. È il secondo giocatore nella storia a subire questa sanzione dopo Daniel Koellerer. Da quando è nata, nel 2008, la TIU ha quasi sempre colpito giocatori di seconda fascia: perché? Alessandro Mastroluca

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Un altro pesce piccolo nella rete. David Savic è il secondo giocatore squalificato a vita per aver violato tre volte l’Uniform Tennis Anti-Corruption Program, il programma anti-corruzione della Tennis Integrity Unit. Il serbo, classe 1985, era numero 659 del mondo e non era mai andato oltre la 363ma posizione. Aveva sempre giocato i tornei Challenger e Futures: nell’ATP Tour all’attivo solo cinque partite, ma in doppio.

La TIU non fornisce dettagli. Si limita a sottolineare che i capi d’accusa riguardano violazioni all’articolo D, ovvero: a) truccare o tentare di truccare l’esito di un evento; b) sollecitare un giocatore a non impegnarsi al massimo; c) sollecitare, offrire o procurare denaro, benefici o informazioni a qualunque giocatore o figura a lui collegata con l’intenzione di influenzare negativamente l’impegno di un giocatore.

La TIU fornisce un solo dettaglio aggiuntivo: i comportamenti “incriminati” risalgono all’ottobre 2010. In quel periodo, Savic ha giocato solo quattro partite di singolare. Ha perso 61 61 da Pashanski al Futures Croazia F7 e ha raggiunto i quarti al Futures Croata F8: ha battuto Norbert Gombos 63 61, Mate Pavic 64 36 76 e ha perso da Alexander Flock 61 60. In entrambi i tornei era iscritto anche al tabellone di doppio, con Ivan Bjelica e in entrambi i casi sono arrivati in semifinale.

Dopo un anno di indagini, il caso è stato discusso a Londra lo scorso 12 settembre. La sentenza, ufficializzata l’1 ottobre, prevede anche 100 mila dollari di multa per il giocatore serbo, 13273 in più di quelli guadagnati in dieci anni di carriera. Il primo a subire la squalifica a vita era stato Daniel Koellerer, lo scorso maggio: le tre violazioni contestate sono avvenute tra ottobre 2009 e luglio 2010. Era già stato sospeso per tre mesi a fine 2010 perché sul suo sito ufficiale venivano fornite le quote per scommettere e il link a una nota società di betting.

Il tennis e le scommesse
L’ATP inizia a collaborare con le agenzie di scommesse, nello specifico Betfair, nel 2005, per il “caso Labadze-Fuhrer”. Martin Fuhrer è uno scommettitore professionista amico del giocatore georgiano, con cui spesso cena durante i tornei. La prima volta che si sente parlare di lui in relazione a partite dall’andamento sospetto risale al torneo di Palermo 2003 quando perde 60 62 da Tomas Tenconi: sul match si erano raccolti 362.741 dollari di puntate, sei volte di più del totale che normalmente si registra per match di primo turno di questo livello. Labadze, più volte richiamato dall’arbitro, viene multato di 7.500 dollari. Quello che molti non sanno, all’epoca, è che lo scommettitore che ha puntato di più contro Labadze è proprio Fuhrer.

La stessa scena si ripete a St.Poelten, nel 2004. Fuhrer punta sulla sconfitta di Labadze per due set a uno contro Knowle, ma la società di betting austriaca CashPoint rifiuta di pagargli la vincita perché un cassiere aveva origliato Fuhrer mentre diceva a un amico che quella era una giocata sicura. CashPoint vuole citare Fuhrer per tentata frode e chiede l’aiuto dell’ATP, che coinvolge Richard Ings, allora vicepresidente esecutivo per le regole e la competizione, che scopre che Fuhrer nel 2003 aveva vinto 45 mila dollari puntando sulle sconfitte di Labadze su Betfair. Dopo poco, però, Ings lascia l’ATP e il dossier non viene presentato al processo. Perciò, nel 2007, la corte ha stabilito che CashPoint doveva a Fuhrer i 25.353 dollari della vincita più il 4% di interessi più 13.419 dollari di spese legali.

Ma il fenomeno non si arresta, anzi. “Il tennis è uno sport facile da truccare: un giocatore da solo controlla tutto” diceva Michael Franzese, ex capo del Clan Colombo, uno dei venti boss della mafia più potenti negli anni Ottanta secondo Fortune, assoldato dall'ATP per contattare i giocatori e dissuaderli dall’avere rapporti con il crimine organizzato che, secondo il boss, avrebbe grandi interessi (leggi fiumi di dollari investiti) nel pilotare i risultati delle partite. “Il business delle scommesse è il più grande che c’èspiegava in un’intervista concessa a Stefano Semeraro nel 2007. “Temo che le scommesse clandestine esisteranno sempre. Ci sono dietro interessi troppo grossi. Fra l’altro è una situazione paradossale. Da un parte, molti fan seguono lo sport proprio perché possono scommettere. Togli loro il gioco, e li perderai. Dall’altra, le partite truccate sono il pericolo più grande, molto più del doping, perché tolgono credibilità allo sport professionistico. E così lo uccidono” proseguiva Franzese.

Proprio nel 2007 il tennis è stato “scottato” dal caso Davydenko-Vassallo Arguello. Due mesi dopo, a San Pietroburgo, Kolya perde da Marin Cilic (allora qualificato e numero 102 del mondo): dopo aver vinto il primo set, inizia a commettere una serie di errori gratuiti e doppi falli che spingono il giudice di sedia, il belga Jean Philippe Dercq a richiamare il russo per scarso impegno. Per questo verrà multato di 7 mila dollari.

Voci e confessioni di partite truccate effettivamente o solo nelle intenzioni nel tempo si sono moltiplicate. Il ceco Jan Hernych dice che gli sono stati offerti dei soldi per perdere due partite in Russia, il belga Gilles Elseneer confessa di aver rifiutato 100 mila dollari per perdere da Starace al primo turno a Wimbledon nel 2005 (il belga vinse in tre set prima di arrendersi a Gasquet al secondo turno).

Il 2008 è anche l’anno della morte di Mathieu Montcourt, che aveva portato il suo avvocato nel suo angolo al Roland Garros, stroncato da un attacco cardiaco mentre stava scontando sei settimane di squalifica comminategli dal CAS perché nel 2005 aveva scommesso sulle partite di Agassi, di Federer e della Sharapova.

Il 22 agosto 2008 viene introdotta la Tennis Integrity Unit: ATP, WTA, ITF e Grand Slam Committee nominano direttore Jeff Reese, che ha alle spalle 32 anni di servizio alla London’s Metropolitan Police e a Scotland Yard e sette come capo del programma anti-corruzione del cricket, già membro del panel indipendente che aveva segnalato 45 match sospetti prima del Roland Garros 2008.

L’operazione investigativa della TIU di cui più si è parlato è certamente quella che riguarda cinque tennisti italiani: Di Mauro, il primo squalificato della storia per aver scommesso su partite di tennis (anche se non è stato considerato responsabile di aver scommesso sulle proprie né di aver tentato di influenzare quelle di altri), Starace Bracciali, Galimberti e il compianto Federico Luzzi. I cinque, che hanno fatto causa all’ATP, hanno perso l’appello e si sono ritrovati a marzo una richiesta di pagamento delle spese processuali per 480 mila dollari.

Ci sono state poi la squalifica per un mese di Ekateryna Bychkova (best ranking di n.66 del mondo nel 2006), sospesa per 30 giorni nel gennaio 2010, che sarebbe stata contattata da Dmitry Avilov, scommettitore professionista che aveva lavorato anche nella divisione marketing di Betfair Russia, che l’avrebbe contattata per accomodare una partita. La giocatrice, secondo quanto lo stesso Avilov rivelava a Hanna Harp del Wall Street Journal nel 2009, avrebbe rifiutato ma è stata ritenuta comunque colpevole per non aver denunciato il tentativo di corruzione alla TIU.

Sempre nel 2010, a Newport, il numero 552 del mondo ha sconfitto Christophe Rochus in due set: la partita ha attirato giocate per oltre un milione di sterline, 15-20 volte più del normale, e l'underdog britannico è stato bancato inizialmente 1-4 poi addirittura 1-8. 

A gennaio di quest’anno è finito sotto la lente della TIU Volandri, che ha ricevuto una lettera durante gli Australian Open in relazione alla sconfitta contro Gabashvili a San Pietroburgo a ottobre 2010. Finita sotto indagine anche Tipsarevic-Zeballos, secondo turno del torneo di Mosca 2010, con il serbo dato a 1.35 in avvio, salito poi a 2.10 e schizzato a 4.6 pur essendo in vantaggio 6-4 3-2 prima di perdere al terzo.

Perché truccare i match
Perché un tennista possa essere favorevole a "truccare" un match serve soprattutto una forte asimmetria nella percezione degli incentivi alla vittoria. Ovvero, per un tennista vincere è fondamentale, per l'altro la differenza tra vittoria e sconfitta deve essere quasi nulla, come sostiene anche Stefan Szymanski, il principale studioso di economia dello sport del mondo. Ma è importante distinguere, nell’ambito dei match con uno scarso equilibrio competitivo, tra le partite “accomodate” e il fisiologico lack of commitment, la carenza di motivazioni, la mancanza di stimoli.

Nei casi di corruzione, prevedibilmente, è l’atleta favorito ad essere “invitato” a perdere, in cambio di denaro o di benefici di altro genere, che dovranno essere più alti quanto più bassa sarà l’asimmetria negli incentivi e quanto maggiori saranno i rischi di essere scoperti e i danni da lucro cessante.

Quello che colpisce della maggior parte dei match sotto indagine è che riguardano spesso tornei di fine stagione, dove è più facile riscontrare una asimmetria negli incentivi, e che colpiscono giocatori di fascia medio-bassa, pesci piccoli. Perché, ci si potrebbe chiedere. Credo che ci siano almeno due risposte possibili.

La prima è più “buonista”, sulla scia di quello che diceva anche Franzese nella citata intervista: “Nessuno offrirà mai soldi a Federer o Nadal per truccare le partite”, perché i big hanno troppo da perdere in termini di mancati guadagni e danni di immagine, perché è più difficile “accomodare” una partita in un grande torneo con una grande visibilità mediatica che aumenta le possibilità di essere scoperti. Più facile truccare i match di tornei minori nelle periferie del tennis.

La seconda è più maligna: non si scoprono i big “con le mani nella marmellata” perché la TIU deve sì prenderne uno per educarne mille ma l’uscita di quell’uno non deve essere troppo destabilizzante per il sistema.

Personalmente, sarò anche buonista, credo nella prima ipotesi.

Alessandro Mastroluca

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