TENNISPOTTING marzo: il flectar non frangar di Novak Djokovic

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TENNISPOTTING marzo: il flectar non frangar di Novak Djokovic

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Senza considerare i tornei degli Slam, marzo è il mese più bello del tennis. Si gioca in America, sul cemento, senza lo stress del calendario ad accavallare tornei e con i migliori giocatori del mondo alle prese con la coppia di fatto del cemento, Indian Wells e Miami

Fin da ragazzini quando tutti ci riferivamo al torneo di Miami chiamandolo torneo di Key Biscaine, stavamo incollati davanti al televisore per vedere chi avrebbe dominato il mese del cemento, la superficie più democratica del tennis. All’epoca infatti non si vedevano in TV tutti i tornei come oggi, ma la doppietta americana era un appuntamento cruciale e quindi spendibile sul tubo catodico da parte delle TV. Indian Wells e Miami sono due tornei che hanno visto vincere specialisti del veloce come anche gli specialisti della terra battuta, per via delle superfici veloci ma non troppo. Nel corso degli anni poi Indian Wells è diventato – non giriamoci intorno – il miglior torneo del mondo, fra soldi, ospitalità e livello delle gare, che non hanno deluso neanche quest’anno visto che in finale sono arrivati i primi due giocatori del mondo. Miami, le sue palme e il pubblico di vecchietti che si gode il buen retiro della Florida sulle tribune dell’isola di Key Biscaine, vivono all’ombra del torneo che si svolge dall’altra parte del nuovo continente, nel deserto della California. Anche quest’anno il torneo non è stato eccezionale, perlomeno non come chi l’ha vinto.

TENNISTA DEL MESE
Claudio Giuliani: Chiariamo una cosa: il tennista del mese per me non è il più forte, quello che vince tutto. Quindi per me non è Novak Djokovic. Infatti, che il numero uno del mondo vinca Indian Wells in tranquillità surclassando la concorrenza e perdendo solo un set (contro Federer, che era in svantaggio e che comunque ha bruciato le energie di tre giorni per vincerlo), e poi bissi a Miami, seppur stanco, stante la situazione del tennis attuale ottimamente descritta da Luca Baldissera, è assolutamente normale. Su Djokovic ho già scritto qualche settimana fa: si è preso il tennis e solo un Rafael Nadal che torni al 100% potrebbe contrastarlo. Potrebbe. Ad ogni modo a marzo non c’è stato un tennista che si sia distinto in particolare in entrambi i tornei. Il migliore dopo Djokovic in termini di risultati è sicuramente Andy Murray, semifinalista in California e finalista in Florida. Tornato su buoni livelli, Murray si è accorto sul campo di quanto sia lontano dai livelli di Djokovic, che lo ha battuto in maniera imbarazzante a Indian Wells, e in maniera ancora più convincente – perché arrivava al termine di due tornei giocati fino in fondo – a Miami. Stante così le cose, Murray difficilmente potrà recitare altro ruolo che vivere all’ombra di Djokovic e altri, pronto a raccogliere le briciole (beninteso: e con lui tanti altri, eh).

Daniele Vallotto: Più si piega, meno si spezza. Come i judoki (judo, del resto, significa “arte della cedevolezza”) e come Sant’Agostino, anche Novak Djokovic ha voluto rovesciare uno dei più conosciuti motti latini, il “frangar non flectar”, mi spezzerò ma non mi piegherò. Per Novak Djokovic piegarsi non significa arrendersi, anzi. Significa arrivare dove gli altri non arrivano, recuperare palle impossibili e giocarle con la profondità, potenza, angolazione e rotazione che avrebbe dato a quella stessa palla se l’avesse giocata comodamente da fermo. Djokovic, il tiranno noioso, si muove sul cemento come nessuno prima di lui. Fatto sia di titanio che di gomma, questo fenomeno dell’hard court è già tra i primissimi al mondo su cemento e a breve, probabilmente, arriverà tra i primissimi di sempre in generale. Un po’ per quello che ci ha spiegato brillantemente Luca Baldissera, naturalmente, un po’ perché Nole è un fenomeno della racchetta con un fisico perfetto per il tennis di oggi. Un fisico che si piega ma non si spezza mai. È tra i primi due del mondo da quattro anni consecutivi (è arrivato al numero 2 il 21 marzo 2011 e non è mai andato più giù), numeri da Federer e Nadal. Siamo malefici e vogliamo fare un confronto con il suo gemello sempre più diverso, Andy Murray, distrutto per l’ennesima volta sul cemento dopo la finale degli US Open 2012: lo scozzese ha passato complessivamente ventuno settimane al numero due del mondo.

COLPO DEL MESE
Claudio Giuliani: Tutto il talento di Mannarino si vede nel colpo del mese per quanto mi riguarda. Colpi piatti appena appoggiati dall’altra parte del campo, sfruttando l’esuberanza fisica di Gulbis, e poi veronica, piroetta e poi un bel passante piazzato là, nella zona del campo riservata ai talentuosi. Sublime.

Daniele Vallotto: Dimitrov ha più video di YouTube che raccolgono i suoi colpi più spettacolari che titoli in bacheca. Questa è la magia di marzo con occhiolino finale (featuring. Mr. Nick Kyrgios, o Mr. Sono-Cresciuto-Di-Cinque-Centimetri-Pure-Quest-Anno). Tuttavia il premio di marzo per me se lo merita Philipp Kohlschreiber, che non vince due partite di fila da ottobre ma mostra ancora dei riflessi notevoli:

PARTITA DEL MESE
Claudio Giuliani: Di Federer-Djokovic parlerai sicuramente tu, che hai più tatto, quindi io scelgo due partite, entrambe con lo stesso protagonista: Dolgopolov. A Miami l’ucraino è protagonista di un gran torneo e si arrende solo a Djokovic in un match spettacolare. Qualche turno prima ha giocato un incontro meraviglioso contro Tommy Robredo, che ha provato a catturare nella sua ragnatela di schemi un Dolgopolov-ragno che lo ha fatto impazzire fra tagli, cambi di ritmo e traiettorie. Le partite più belle spesso sono figlie del confronto di stili di gioco, e così è con Robredo e Dolgopolov in campo. La pallina con l’ucraino cade spesso in zone del campo precluse ai più, e Robredo si slancia oltremodo per spedire la palla dall’altra parte della rete, quello che sa fare meglio. Alla fine Dolgopolov la spunta perché, lo si capisce, è in un periodo in cui ha continuità di gioco. Poi però trova Djokovic, o meglio, è Djokovic che trova lui e trova l’avversario più difficile del mese, più di Federer in California. Infatti mai come con Dolgopolov è vicino a perdere, sotto di un set e di un break (4-2) nel secondo set. Dolgopolov ha avuto, nel secondo set, anche la palla per il 4 a 0 che probabilmente avrebbe segnato il match in altra maniera. Ma Nole ha recuperato lo svantaggio correndo dietro i tagli esterni di Dolgopolov col back, oppure tirando dall’altra parte le accelerazioni di rovescio piatte più veloci delle sue. L’ucraino ha dato spettacolo ma è stato anche molto concreto e quindi ne è uscito un match avvincente per i primi due set. Dopo le due ore di gioco Novak diventa infatti ancora più forte e quindi il sei zero al terzo in suo favore è stato inevitabile. Divertimento assoluto comunque, e grazie a Dolgopolov.

Daniele Vallotto: Detto che per ora il tennis più spettacolare non si gioca per vincere i titoli (tutte abbastanza deludenti le tre finali più importanti giocate quest’anno), prendo comunque la finale di Indian Wells, per me la partita migliore vista in questo mese di cemento americano. Il merito è ancora dei primi due del mondo, Novak Djokovic e Roger Federer. Come l’anno scorso abbiamo avuto un match al terzo set ma la reazione d’orgoglio Federer l’ha dovuta tirar fuori verso la fine del secondo set, non verso la fine del terzo come nel 2014. Dominato per circa un’ora, ha saputo capitalizzare al massimo il piccolissimo calo di tensione di Djokovic e ha ripreso per i capelli un match che sembrava andato. Ma, proprio come a Wimbledon, lo sforzo fisico e mentale è costato a caro a Federer che nel terzo ha ceduto in maniera prevedibile (più velocemente che a Wimbledon, comunque, e non era un quinto set: segno che a livello mentale aveva speso davvero troppo). Federer ha giocato un match discreto, dove il servizio l’ha aiutato poco. Dall’altra parte, invece, c’era un Djokovic praticamente ingiocabile, specie sul suo servizio. Poi, però, la scintilla e per quasi un’ora si sono rivisti punti spettacolari e la tensione è tornata a salire dopo una prima parte di match piuttosto sonnacchiosa. Raramente il tennis mi fa ridere, ma è stato esilarante (letteralmente: scoppiavo a ridere) vedere Federer far quasi impazzire Djokovic con dei recuperi in difesa illogici per un quasi trentaquattrenne. Ma da questi due ci attendiamo qualcosa di più.

SORPRESA DEL MESE
Claudio Giuliani: Possiamo considerare i ritorni di Tomic e Isner a buoni livelli delle sorprese? Non mi sorprende che John Isner stia vivendo una “seconda giovinezza”, ovvero un ottimo periodo di forma all’età di trent’anni o giù di lì che lo sta facendo giocare ai livelli di quando era top 10 ATP. Non scopriamo di certo ora John e le sue peculiarità. La sorpresa del mese è John Isner che strapazza, domina e ridicolizza Kei Nishikori, uno dei “wannabe champion”. Chi ha visto il match si è strabuzzato gli occhi quando John Isner ha chiuso un lungolinea di rovescio piatto ad altissima velocità con Nishikori a due metri dalla palla immobile. Serve aggiungere altro? Se avessimo digitato le parole chiave “Isner chiude lungolinea rovescio” su Google fino al giorno prima, avremmo avuto in risposta zero risultati. Basta questo per descrivere il momento magico dell’americano durante il torneo, e poveraccio Nishikori che si è trovato dall’altra parte del campo proprio nello Zenith di questo momento. Si è rivisto finalmente Tomic, l’australiano più dotato sotto il punto di vista del talento puro. Peccato per il ritiro contro Djokovic nei quarti di finale a Indian Wells. Menzione anche per Mannarino, altro giocatore che dimostra che col talento puro si può competere e vincere anche contro chi ha i mezzi (fisici) pesanti sul campo da tennis. Non vincere troppo, e troppo spesso, però.

Daniele Vallotto: Ho visto molto bene Dominic Thiem a Miami e devo dire che sono rimasto sorpreso. Il Thiem che ho visto contro Murray, ad esempio, è un Thiem molto convinto di sé, che gioca bene i punti importanti e non si fa prendere dal panico quando il muro di gomma avversario rimanda di là tutto quello che gli spari. Il rovescio è un colpo davvero solido ed è già uno dei migliori monomani del circuito – la concorrenza non è che sia poi molta – il dritto un colpo da migliorare ed esteticamente bruttino (frequentare Gulbis non credo lo aiuti. Fortuna che il lettone si è separato da Bresnik). Il back di rovescio è totalmente da rivedere, è un colpo assolutamente inoffensivo – è anche vero che c’è un solo tennista nel circuito che sa giocarlo in maniera offensiva – e che tende a giocare poco per ora. Il problema principale, comunque, è che tende a stare troppo dietro e con questo non intendo un gioco dalla riga di fondo ma un gioco molto più indietro della linea di fondo. Al di là di questo, gran torneo a Key Biscaine. Lui dice che il servizio militare gli ha danneggiato la preparazione ma magari viene fuori che sulla terra i suoi colpi dalla preparazione non proprio brevissima possano risultare letali.

DELUSIONE DEL MESE
Daniele Vallotto: Mentre Novak Djokovic si affannava per tenere a bada quel tornado tennistico che risponde al nome di Alexander Dolgopolov, un tennista giapponese di belle speranze demoliva David Goffin e si conquistava il biglietto per i quarti. Io, che passavo da un campo all’altro, già mi sfregavo le mani. Sembrava tutto pronto: non che reputi Nishikori incapace di battere Djokovic, ma con Nole fuori dal torneo chi avrebbe potuto fermare il giapponese tascabile? Dieci game in sei match sembravano più che sufficienti. Che Djokovic abbia poi rimontato e vinto, poco importa: ai quarti Nishikori ha subìto da John Isner lo stesso trattamento che aveva riservato ai suoi avversari incontrati fino ad allora. Il cemento di Key Biscayne targato IGM dove Agassi – targato Bollettieri come Kei – ha vinto sei volte sembrava perfetto per il primo grande trionfo di Nishikori. Ed io, che da quando l’ho visto dare un 6-0 al terzo set al numero 1 del mondo sogno di fare un parallelo proprio con quel fenomeno di Las Vegas a cui mi sembra assomigli molto, devo riporre l’articolo nel cassetto un’altra volta. Non me lo dovevi fare, Kei.

Claudio Giuliani: C’è la fila questo mese per farsi nominare in questa sezione. Inizio dai piani alti della classica e riprendo dal discorso Isner, indicando Kei Nishikori come delusione fra i top 10. Isner lo batte in giornata di grazia, sicuramente, ma un tennista che aspiri a vincere un titolo dello Slam (o a stare nei piani altissimi della classifica con stabilità) non può subire inerme un match del genere. A quei livelli bisogna avere sempre un piano “B” e Kei, onestamente, ne sembra sprovvisto. Poi: è un habitué della zona “Colpo del mese” ma lo ritroviamo spesso anche in questo angolo di rubrica: è Grigor Dimitrov e noi in attesa della sua esplosione ci siamo seduti sul divano a leggere Guerra e Pace di Tolstoj e a sorseggiare una Menabrea. Perde da Robredo in California e da Isner a Miami e più finiscono i tornei più mi convinco che Panatta avesse ragione sul tema coach-Rasheed in Australia. Fai con calma Grigor, noi aspettiamo.

METALLURGICO DEL MESE
Claudio Giuliani: A marzo va in scena uno dei classici della sezione metallurgici: Ferrer contro Simon. Quello che penso su Simon, uno dei giocatori della mia fanta-scuderia, è chiaro. Solamente che Ferrer ha qualcosa più di Simon dal punto di vista delle soluzioni, e poi quest’anno è “on a killing spree”. Vittoria quindi meritata e niente da eccepire. C’è poi il solito Robredo, che perde da Raonic a Indian Wells e da Dolgopolov a Miami. Alla fine della fiera il migliore del mese in questa categoria è proprio Ferrer, arresosi a Djokovic per 7-5 7-5 in Florida dopo aver perso da Tomic a Indian Wells: ci può stare, due sconfitte contro due signor giocatori.

PARTITO DELLA NAZIONE
Claudio Giuliani: Se non ti va di giocare, trovare Mannarino dall’altra parte della rete è come consegnarsi al boia con le mani legate.  Fognini perde contro il francese velocemente a Indian Wells e poi al torneo successivo esce per mano di Sock, americano in ottimo momento di forma. Però è sempre Sock. Ma quando Fabio a favor di telecamera esclama “dai che domani si torna a casa” mi è venuta in mente l’ultima notte del servizio militare, quando esclamai quelle esatte parole.  Io non le avrei dette su un campo da tennis, però. Seppi si è consegnato a Federer nel match meno importante dei loro due ultimi giocati e Bolelli poteva sicuramente fare meglio in questi tornei (con Raonic no, ma con Troicki decisamente sì), ammesso che continui a desiderare velleità da grande giocatore. In soldoni: non un gran mese per il tennis italiano questo marzo.

NADALOMETRO
Il termometro della condizione di Rafael Nadal ha conosciuto il valore massimo a Indian Wells e quello minimo qualche giorno dopo, a Miami. In California si è visto il Nadal migliore dell’anno, e paradossalmente lo spagnolo si è fatto battere da Raonic (un signor Raonic) in un match che aveva praticamente vinto. Era un buon Nadal e i suoi tifosi hanno riempito il cuore di speranza in quell’occasione, soprattutto in vista della stagione su terra battuta. Una settimana dopo però queste speranze sono svanite. Contro Verdasco, un tennista-amico che si è sempre fatto da parte quando c’era da competere contro il maiorchino, Nadal ha perso giocando in maniera dimessa. Rafael ha giocato almeno tre, quattro metri dietro la linea di fondo campo, ha steccato una palla su quattro di diritto e è sembrato insicuro e  demoralizzato in parecchie occasioni. L’ha detto anche in conferenza stampa dopo la partita, aprendo uno scenario preoccupante per il futuro prossimo. Intanto, ha fatto un altro banana-shot.


VETERANO DEL MESE
Gli anni passano per tutti, è vero, ma Novak Djokovic c’è rimasto parecchio male quando l’hanno chiamato “un veterano”. Poi si è ripreso, eh.

SUONERIA DEL MESE
Nelle sale stampa dei tornei ne rideranno fino a fine anno. Il sorriso sardonico di Murray è la chicca.



MEDAGLIA PIERRE DE COUBERTIN
E correggendo l’arbitro per una chiamata sbagliata a suo favore, Wawrinka si guadagnò la qualificazione diretta alle prossime Olimpiadi. Chapeau.

AGRICOLO DEL MESE
Forse aveva solo il faccio, forse è la ruggine dopo qualche mese senza tennis o forse è semplicemente Jo-Wilfried Tsonga, madame et messieurs.

TWEET DEL MESE
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