Roland Garros: dove il rosso si tinge d’azzurro

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Roland Garros: dove il rosso si tinge d’azzurro

Ripercorriamo i migliori risultati dei tennisti italiani al Roland Garros, dalle vittorie di Pietrangeli e Panatta, al meraviglioso successo della Schiavone, dalle finali di De Stefani, della stessa Schiavone e di Sara Errani, passando per i risultati di prestigio di Sirola, Merlo, Barazzutti, Bertolucci, Furlan, Gaudenzi e Fognini fra gli uomini e della Bossi e della Lazzarino tra le donne

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Fare un excursus sui migliori risultati del tennis italiano all’Open di Francia significa ripercorrere i successi azzurri nel torneo del Grande Slam che più ci ha regalato soddisfazioni, basti ricordare che è l’unico che abbiamo vinto, due volte consecutive con Nicola Pietrangeli  nel 1959 e nel 1960, una con Adriano Panatta nel 1976 e una volta in campo femminile grazie a Francesca Schiavone, nel 2010.

Procedendo in ordine cronologico, il primo tennista di casa nostra a far parlare di sé fu Giorgio De Stefani, che nel 1932 raggiunse la finale, persa contro Henri Cochet, uno dei quattro moschettieri, in quattro set (6-0 6-4 4-6 6-3). Il tennista veronese, noto per non giocare il rovescio (quando doveva colpire la palla alla sua destra, lui che era un mancino naturale, passava in un istante la racchetta dalla mano sinistra a quella destra), aveva raggiunto i quarti l’anno precedente (1931) e centrò anche la semifinale del 1934.

Nel Dopoguerra, si spinge fino alle semifinali nel 1955 e nel 1956 Beppe Merlo, grande protagonista del tennis italiano dell’epoca assieme a Nicola Petrangeli, Fausto Gardini (che raggiunse i quarti di finale nel 1953) e Orlando Sirola. Merlo venne sconfitto nel 1955 dallo svedese Sven Davidson e l’anno successivo dal futuro vincitore del torneo, l’australiano Lew Hoad.

Arriviamo così alla leggenda vivente del tennis italiano, Nicola Pietrangeli, vincitore a Parigi in due edizioni consecutive, nel 1959 superando in finale il sudafricano Ian Vermaak e nel 1960 battendo all’atto conclusivo il cileno Luis Ayala (che l’anno prima aveva vinto gli Internazionali d’Italia). Il 1960 fu un anno magico per gli italiani a Parigi: i cugini d’oltralpe dovettero spellarsi le mani dividendo gli applausi tra il vincitore Pietrangeli e il semifinalista Orlando Sirola, sconfitto proprio da quell’Ayala che cedette in finale a Pietrangeli. Il grande Nicola fu capace di raggiungere la finale anche l’anno successivo (1961), quando però perse da Manolo Santana (sciupando un vantaggio di due set a uno: 4-6 6-1 3-6 6-0 6-2), esattamente come accadde nella finale del 1964, con lo spagnolo vincitore in 4 set (6-3 6-1 4-6 7-5). Nel 1959, oltre al torneo di singolare, Pietrangeli si aggiudicò il doppio in coppia con Orlando Sirola, ottenendo gli scalpi di due grandissimi come gli australiani Roy Emerson e Neale Fraser (sconfitti 6-3, 6-2, 14-12), che in coppia di doppio hanno vinto insieme tutti e quattro i tornei del Grande Slam.  Se non fosse che i due azzurri, oltre che grandi amici, sono stati la coppia di doppio migliore e più titolata del tennis italiano (e quella vittoria contro i giganti australiani fu la prima di una coppia italiana in uno Slam), si potrebbe quasi dire che la vittoria nel doppio del 1959 arrivò perché Pietrangeli, che non ha mai amato lasciare le cose a metà, voleva chiudere il trittico di tutto quello che poteva vincere sui campi intitolati all’aviatore francese Roland Garros, dato che l’anno prima aveva trionfato nel doppio misto assieme alla britannica Shirley Bloomer Brasher. Nascerà mai in Italia, da oggi alla fine dei tempi, un altro tennista del genere?

Per poter gioire di nuovo, gli italiani devono attendere l’inizio dell’Era Open (il Roland Garros apre le porte ai professionisti nel 1968) e Adriano Panatta, che nel 1976, dopo aver salvato un match point al primo turno contro il cecoslovacco Pavel Hutka (battuto dopo una strenua lotta 12-10 al quinto) solleva la coppa dei moschettieri dopo aver superato in finale col punteggio di 6–1 6–4 4–6 7–6 l’americano Harold Solomon, giustiziere di Guillermo Vilas, ma soprattutto dopo aver battuto Bjorn Borg ai quarti di finale (per 6–3 6–3 2–6 7–6), vincitore delle due edizioni precedenti. Adriano è stato l’unico tennista in assoluto capace di sconfiggere Borg a Parigi (impresa riuscitagli anche nel 1973 agli ottavi di finale). “È stato tremendo, quando eseguiva il movimento per colpire la palla non riuscivo mai a intuire dove l’avrebbe tirata”, dirà poi lo svedese, sorpreso dalla sconfitta, prima di trionfare di nuovo altre quattro volte di fila dal 1978 al 1981. Da sottolineare anche i quarti di finale raggiunti nel 1972 (eliminando Ilie Nastase al secondo turno) e nel 1977 e le semifinali del 1973 (sconfitto dal croato Nikola Pilic) e del 1975 (quando perse da Borg dopo aver  eliminato ancora una volta Nastase, allora n.6 del mondo, al terzo turno).

In evidenza anche il quarto di finale raggiunto da Paolo Bertolucci nel 1973, sconfitto in quattro set da Nikola Pilic ma capace di superare Arthur Ashe agli ottavi per 7-6 6-3 6-4, così come non possono essere dimenticate la semifinale del 1978 e i quarti del 1980 di Corrado Barazzutti, in entrambe le circostanze eliminato in tre rapidi set da un ingiocabile Borg. Inarrivabile l’ironia con cui l’attuale capitano di Coppa Davis e Fed Cup accettò la sconfitta – per non dire demolizione – del 1978 per 6-0 6-1 6-0: quando i due si strinsero la mano a rete alla fine del match, Corrado sussurrò all’orecchio del Cristo Nordico le testuali parole: “Grazie per avermi fatto fare un game”.

Negli anni Novanta, giusto ricordare gli ottavi di finale raggiunti da Andrea Gaudenzi nel 1994 (dopo aver lottato cinque set per eliminare al primo turno Petr Korda) contro Goran Ivanisevic in un match che il faentino giocò benissimo, sebbene alla fine dovette arrendersi in 4 set (6-2, 5-7, 6-4, 6-3) alla superiorità del campione croato. Quel match è da ricordare anche perché Gaudenzi si rese protagonista di un simpatico episodio, quando ad un certo punto, dopo aver vinto uno scambio e con esso il game, il giudice di sedia approfittò del break per assentarsi per una sosta fisiologica. Andrea, eroe in Coppa Davis ma meno protagonista nel circuito ATP (sebbene capace di issarsi al n.18 del mondo nella prima parte della stagione 1995), fece per una volta lui la parte dell’istrione contro uno show-man come Ivanisevic: approfittando dell’assenza dell’arbitro, salì sul suo seggiolone e recitò impassibile: “Jeu, set et match Gaudenzi”, tra le risate generali del pubblico e dello stesso Ivanisevic.

Nel 1995, riesce a fare anche meglio Renzo Furlan, che sorprende tutti centrando un risultato di grande rilievo, i quarti di finale, dove è costretto ad arrestare la sua bellissima cavalcata davanti a un fortissimo Sergi Bruguera, vincitore delle due edizioni precedenti.

Degli anni 2000, da ricordare i cinque bellissimi set, in quattro ore e mezza di partita, giocati al terzo turno del Roland Garros 2004 da Potito Starace contro Marat Safin, nel match in cui il napoletano, n.202 del mondo e proveniente dalle qualificazioni, si fece conoscere a livello internazionale. Il match terminò 6-7(4), 6-4, 3-6, 7-5, 7-5 per il russo, allora n.20 ATP, con l’azzurro che ebbe due match point nel quarto set. Sul secondo il giudice di linea chiamò un incredibile fallo di piede a Potito e, poco dopo, Safin chiese in modo sospetto il medical time-out per una vescica alla mano. L’italiano non cedette e sul 6-5 Safin del quinto set annullò cinque match point prima di arrendersi, col pubblico francese che gridava “Potitò, Potitò, Potitò.

Nel 2011 Fabio Fognini centra il grande risultato dei quarti di finale dopo una battaglia infinita contro Albert Montanes, piegato 11-9 al quinto e rimontando da due set a uno (4-6 6-4 3-6 6-3 11-9), al termine di una sfida di nervi e crampi. Quella battaglia così feroce costrinse Fabio a rinunciare a scendere in campo nei quarti contro Djokovic, negando di fatto al serbo la possibilità di superare il record eguagliato di 43 vittorie consecutive di McEnroe, dato che poi Novak avrebbe perso la semifinale contro Federer.

Nel 2012 poi toccò ad Andreas Seppi sfiorare la grande sorpresa quando, agli ottavi di finale, era avanti due set a zero contro il n.1 del mondo Novak Djokovic, che cercava la vittoria nell’unico Slam che gli mancava (e, almeno per il momento, gli manca ancora). Dal terzo set la musica cambiò e il serbo alla fine s’impose per 4-6, 6-7 (5), 6-3, 7-5, 6-3.

In ambito femminile, i migliori risultati erano le semifinali di Annalisa Bossi nel 1949 e di Silvana Lazzarino nel 1954, prima dell’indimenticabile Roland Garros 2010, quando si realizza il successo più inatteso: Francesca Schiavone vince il titolo battendo in finale l’australiana Samatha Stosur. La Leonessa inizia il torneo da n.17 del mondo, supera al terzo turno la n.11 Na Li e ai quarti Caroline Wozniacki, allora n.3 del ranking WTA. In semifinale si trova davanti Elena Dementieva, in un match tiratissimo in cui l’azzurra vince il primo set al tie-break per 7-3, poi quasi sta svenendo quando la russa le si palesa davanti per comunicarle il ritiro, a causa di uno strappo al polpaccio sinistro. In finale, come detto, Samatha Stosur, giustiziera di Serena Williams. Francesca gioca una finale da urlo, alternando aperture del campo col suo meraviglioso rovescio a una mano e discese a rete chiuse con volee al bacio per spezzare il ritmo della Stosur, ben più potente di lei e dunque superabile solo con un gioco molto vario, in grado di negarle punti di riferimento e possibilità di concentrarsi su qualche tallone d’Achille della milanese.  Ma la chiave per vincere la finale fu giocare insistentemente sul rovescio dell’australiana, mandandola letteralmente al manicomio: Samantha pur di colpire di diritto si spostava aggirando la pallina ma finiva per steccare spesso mandando le palle in tribuna. Alla fine Francesca trionfa 6-4 7-6 (2) tra gli applausi del pubblico del Philippe Chatrier.

Rino Tommasi disse la sua, come al solito con molta franchezza e senza giri di parole, sul successo parigino del 2010, il primo e finora unico Slam in campo femminile raggiunto da una tennista italiana: “La Schiavone ha avuto la fortuna di un tabellone non impossibile, ma lei è stata bravissima a sfruttare al meglio questa occasione, senza sbagliare niente”. Di solito, quando nel corso del torneo realizzi passo dopo passo, anche assistendo a eliminazioni eccellenti che aumentano le tue probabilità, che puoi davvero farcela, che quello che era il tuo sogno fin da bambina può davvero diventare realtà quando forse nemmeno tu ormai ci credevi ancora, ecco che sulle tue spalle si carica una pressione mastodontica. “Francesca, se non ora quando?” è la domanda che tu per prima rivolgi a te stessa ma che, inevitabilmente, avverti che ti arriva anche da tutto l’ambiente intorno a te, dai tuoi cari al tuo entourage, alla Federazione fino all’intera Italia del tennis e anche di chi il tennis lo segue sì e no una volta l’anno. Non a caso la finale contro la Stosur, in via del tutto eccezionale, venne all’ultimo momento acquisita dalla Rai e trasmessa anche su RaiDue, perché non poteva esserci nemmeno un solo italiano che, volendo vedere la partita, non potesse farlo perché privo del segnale satellitare di Eurosport (a proposito, grazie mamma Rai, ma se il tennis lo prendessi in considerazione qualche volta di più non sarebbe una cosa così inopportuna…)

Ma la pressione, quell’anno, la Schiavone se la mangiava a colazione. Si capiva la sua voglia di vincere. In un’intervista di qualche mese dopo raccontò che, nel prepararsi in albergo la mattina della finale, si era minuziosamente curata le unghie perché voleva a tutti i costi la vittoria e doveva essere perfetta al momento di alzare il trofeo. Le mani che sostenevano la coppa dovevano essere all’altezza del trofeo. Presunzione? Niente affatto. Solo grande fiducia, sicurezza di sé, voglia di vincere, determinazione feroce e consapevolezza nei propri mezzi.

Francesca, la sera di quel meraviglioso sabato di sport azzurro, dopo essere stata raggiunta telefonicamente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per i complimenti, era a cena in un ristorante del centro di Parigi a celebrare il successo. Raggiunta dalle telecamere, ringraziò a suo modo chi l’aveva aiutata in quell’impresa impensabile ad inizio torneo: “Grazie ai miei genitori, grazie al mio staff, allenatore, preparatore atletico, […], grazie alle ragazze della nazionale di FedCup che mi hanno sempre sostenuta, grazie a Corrado (Barazzutti, ndr), grazie ai tifosi in campo e a quelli che mi hanno seguita dall’Italia, senza tutte queste persone non ce l’avrei mai fatta, il successo è anche vostro… ma la Coppa è miaaaaa!Coup de theatre: quella che sembrava una sentita, doverosa ma un po’ piatta dichiarazione di ringraziamento si trasforma di colpo in una rivendicazione personale, solo apparentemente contraddittoria. Il significato è chiaro: “Senza di voi ora non sarei qui, ma la fatica in allenamento e in campo, la voglia di arrivare a tutti i costi, tra rinunce e sacrifici, è stata mia, e allora è giusto partire da tutti voi ma rivendicare il mio successo personale”. Alzi la mano chi ha il coraggio di darle torto, grazie Francesca!

L’anno dopo, 2011, la Schiavone compie l’impresa di raggiungere di nuovo la finale, a dimostrazione del fatto che la vittoria del torneo dell’anno prima non era affatto arrivata per caso. Il match è contro Na Li, che aveva eliminato in semifinale niente meno che Maria Sharapova. Dopo la straordinaria rimonta nei quarti contro Anastasija Pavljucenkova (sotto 1-6 1-4 Francesca si trasforma e finisce col vincere 1-6 7-5 7-5, tra le ovazioni del pubblico e la gioia degli italiani presenti sugli spalti) e la grande semifinale giocata dall’azzurra contro Marion Bartoli, superata senza affanni 6-3 6-3, tutto lascia sperare in un bis della Schiavone da consegnare alla Storia. La milanese però è un po’ contratta e la cinese non sbaglia nulla, impressionando per il gioco messo in campo. Anche lei non è lì per caso, lo si capisce subito. Vinto il primo set, la partita sembra destinata a un rapido epilogo, con la regolarità della cinese capace d’impedire la varietà di colpi e la fantasia della Schiavone, quando la Leonessa ha un sussulto d’orgoglio e sale di livello proprio mentre la Li non sembra essere più infallibile. Sul 6-4 5-6 vantaggio pari, un rovescio della cinese non raggiunto dall’italiana viene correttamente chiamato fuori dal giudice di linea, ma quello di sedia, la svedese Louise Engzell, corregge la chiamata, giudicando erroneamente la palla in campo. Così sfuma ingiustamente l’opportunità di avere una palla set e poi la cinese domina chiudendo il tie-break per 7 punti a 0. La Schiavone, in conferenza stampa, ammette sportivamente che “non è una singola palla, per quanto importante, a decidere un match”, aggiungendo i complimenti all’avversaria.

Il feeling del tennis femminile contemporaneo con il Major parigino prosegue grazie a Sara Errani, che centra un’insperata ma meritatissima finale nel 2012 contro Maria Sharapova, la semifinale contro Serena Williams nel 2013 (dopo aver eliminato nei quarti la n.4 WTA Agnieszka Radwanska) e i quarti lo scorso anno contro Andrea Petkovic.
In particolare, la finale del 2012 arriva dopo una cavalcata imperiosa, durante la quale estromette dal torneo la vincitrice del 2008 Ana Ivanovic al terzo turno, poi in successione la vincitrice del 2009 Svetlana Kuznetsova agli ottavi con un roboante 6-0 7-5 e le due top ten Angelique Kerber (allora n.10) e Samantha Stosur (allora n.6), prima di arrendersi in finale alla tigre siberiana.

Speriamo dunque che anche quest’anno non faccia eccezione e che la terra rossa del Philippe Chatrier e del Suzanne Lenglen si colori un po’ d’azzurro.

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