Wawrinka, scacco al Re «La partita della vita» e trionfo a Parigi su Nole (Martucci, Bertolucci, Clemente, Semeraro, Clerici, Lombardo, Azzolini, Piccardi, Scanagatta, Giorni)

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Wawrinka, scacco al Re «La partita della vita» e trionfo a Parigi su Nole (Martucci, Bertolucci, Clemente, Semeraro, Clerici, Lombardo, Azzolini, Piccardi, Scanagatta, Giorni)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

 

Wawrinka, scacco al Re «La partita della vita»

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 8.06.2015

 

Stan Wawrinka ha vinto il primo Roland Garros e il secondo Slam quand’ha finalmente abbattuto il servizio del re, dopo un’ora e mezza di spallate possenti e cinque palle-break mancate, e ha riequilibrato il 6-4 iniziale con un altro 6-4. Forse ha vinto un attimo dopo, quand’ha spinto l’imbattibile Djokovic di questi quattro mesi a frantumare sulla sacra terra rossa del Philippe Chatrier la racchetta, per la rabbia, sfiorando un raccattapalle (e l’automatica squalifica) e beccandosi l’ammonizione dall’arbitro. «Ero frustrato: è stato il momento-chiave, gli ho dato fiducia», come dice Novak. Forse «Stanimal» ha vinto quand’ha picchiato come un ossesso, strappando il terzo set con un parziale di dieci punti a zero, con un rovescio terra-aria che è passato fuori del paletto del net. Portandosi sul 4-6 6-4 6-3 di una partita molto fisica, e quindi non bella, giocata soprattutto da fondocampo fra due super-atleti, il super elastico Novak e il super-potente Stanislas. Forse «Svizzera II», cresciuto nell’ombra di «sua maestà» Roger Federer – immortalato allo stadio di calcio in Svizzera mentre sbircia la finale di Parigi sullo smartphone – ha vinto quand’ha rimontato in agilità da 0-3 nel quarto set, come uno scalatore che sprinta sul Mortirolo. Forse il Guastafeste, l’unico dei secondi che dal 2002 firma i Major fuori dai Fab Four, ha vinto a metà del quarto set, quand’ha mancato il colpo sul 3-3, 15-40 servizio Djokovic, e poi s’è salvato con irridente facilità sul 3-5 0-40, sparando imparabili missili di dritto e di servizio. Forse il campione degli Australian Open e della Davis 2014 ha vinto quand’ha fatto il break del 5-4 sparando due passanti e una risposta che più vincenti non si può col famoso rovescio a una mano. Eureka, viva il tennis classico! «Il più bello che abbia mai visto nel tennis», come lo descrive il numero 1…….Ma forse ha vinto il Roland Garros 2015, giocando «la partita della vita», non già in questa bellissima domenica di maggio, ma due anni fa, a Melbourne, quando per la prima volta ha portato al quinto set Djokovic in uno Slam. Lasciandogli quel souvenir, accanto al drammatico 12-10 del serbo. 0 forse ha vinto agli Us Open, sempre dei 2013, quando ci ha perso ancora, ma ha capito: «Posso giocarmela coi più forti». Anche perché poi, agli Australian Open dell’anno scorso s’è tolto il sassolino dalla scarpa, ha interrotto l’egemonia dei Fab Four, spuntandola, di fisico, per 9-7 al quinto set, pur pagando ancora dazio a gennaio, sempre sul cemento aussie, ma sulla lunga distanza. Ecco, Nole sapeva bene tutto ciò. E, mentalmente, è crollato. Come altre volte. Più di altre volte, sotto la duplice pressione del tabù Roland Garros – l’unico Major che ancora gli dice no – e del mitico Grande Slam, che rimane una chimera dal 1969. Semplicemente, il campione serbo è arrivato stanco all’ultimo giro di questa maratona chiamata Roland Garros, ha perso presto le gambe, ha LA SFIDA smarrito la lucidità, s’è intestardito nella ricerca della palla corta, ha cercato spesso la rete. E, sfuggendo al durissimo batti e ribatti da fondocampo, ha dimostrato sempre di più di non essere l’uomo forte. Dando credito alla tattica di «Stan the man». PIGIAMA PARTY Tutti parlano dei suoi pantaloncini, da pigiama, Stan simpaticamente ne porta un paio e li appoggia sul bancone delle interviste: «Ne parlano tutti, sembra che piacciano solo a me, andranno nel museo del Roland Garros, li potrete vedere tutti i giorni. Non faccio paragoni fra i miei due Slam, non pensavo di vincerne un altro. Questo è speciale perché ho battuto il numero 1, soprattutto per come ho giocato ed ho finito il match, per come gli ho cambiato direzione. Sono sorpreso di come mi sono comportato: ero davvero nervoso, ma non sono crollato, ho sempre tirato, spesso al centro, come avevamo studiato, per fargli giocare tante palle e farlo muovere sul piede sbagliato. Sono molto orgoglioso di me». Forse ha già cominciato a vincere un altro Slam.

 

Stan capolavoro di umiltà

 

Paolo Bertolucci, gazzetta dello sport del 8.06.2015

 

Stan Wawrinka è l’unico (esclusi i Fab Four Djokovic, Federer, Nadal, Murray) ad aver vinto due titoli dello Slam dal 2002 ad oggi 8 • Gli Slam vinti da Novak Djokovic che rimane l’ottavo di sempre al pari di Agassi, Connors, Lendl e Perry. Federer guida a quota 17. allargasse a suo favore aumentando il divario in termini di punteggio. Non è arretrato di un millimetro anche nelle condizioni più estreme quando il fiatone imballa le gambe e annebbia la mente. L’evidente nervosismo del serbo lo ha convinto a proseguire nell’intento e a continuare nel tema tattico predisposto con Norman stringendo all’angolo l’avversario. La solidità del servizio, i missili di rovescio lungo linea e la superiore concretezza hanno mandato in confusione Djokovic che, nel disperato tentativo di uscire dalla buca si è affidato senza successo a troppe palle corte….

 

Wawrinka stavolta castiga Djokovic

 

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 8.06.2015

 

Quel rovescio aveva già incantato nelle notti australiane, dipingendo linee che molti dovevano ancora scoprire, ma sotto il sole della capitale francese Stan Wawrinka ha disegnato un successo solido come la sua mente, vera chiave di volta di questo suo secondo «sorpreso dei progressi Ma ora penso solo al tennis e questo mi ha ridato equilibrio»….. dopo una vittoria inattesa conto il numero 1 del mondo Novak Djokovic. Quattro set (4-6 6-4 6-3 6-4), tutti combattuti sul filo di un’opposizione mentale e tecnica perché, se a scendere in campo con i brividi è stato lo svizzero, proprio quest’ultimo li ha trasferiti al suo avversario alla fine del secondo set, momento in cui il serbo ha spaccato una racchetta e probabilmente mandato in fumo ogni sua possibilità di ribalta «Ero davvero nervoso all’inizio – ha affermato Wawrinka – ma con il passare dei minuti sono entrato sempre più in partita. Novak ha giocato bene fin dall’inizio e sapevo di dover esser paziente e aspettare il mio momento per cambiare l’andamento dell’incontro. Sono diventato più aggressivo, le mie palle più profonde, credo di aver realizzato davvero un buon match e sono felice di avere il trofeo accanto a me». Se in Australia per sollevare la coppa aveva battuto prima Djokovic nei quarti e poi Rafael Nadal in finale, sulla terra del Roland Garros gli ostacoli maggiori sono stati rappresentati dal suo connazionale Roger Federer e ancora una volta dal serbo, successi che hanno consolidato ancora di più i due titoli «Negli ultimi due anni ho cambiato approccio e quando riesco a passare i primi turni raramente gioco male nelle ultime fasi. Quando disputo una finale, sento che ho davvero un’energia diversa ed è un percorso che costruisco incontro dopo incontro. Comunque non farò mai parte dei “Fab Four” perché come ho già detto loro sono li da anni e hanno già vinto tutto. Non voglio che nessuno mi paragoni a loro, ma mi fa piacere se vengono notati i progressi che ho fatto fino ad oggi: al massimo voglio batterli sul campo, nulla di più». Ieri Wawrinka ha messo fuorigioco Djokovic facendolo dubitare del suo colpo migliore, mettendolo così in crisi a livello tecnico e mentale, ma soprattutto ha messo in campo una serie di attacchi che lo hanno elevato ad un livello superiore. «Volevo farlo muovere e toglierlo da quello che era il suo punto d’appoggio, in modo d’aver maggior spazio per attaccarlo. Ho colpito spesso la palla con anticipo, cercando la profondità, e questo ha fatto la differenza. Sono davvero sorpreso del lavoro e dei progressi che ho fatto in questo ultimo periodo perché solamente due mesi fa mai avrei pensato di poter raggiungere questo obiettivo: il fatto di essermi concentrato solamente sul tennis, senza pensare ad altro (ha definitivamente abbandonato la moglie – ndr), mi ha ridato equilibrio. NORMAN. Tra le dediche fatte da Wawrinka, una volta alzata la Coppa dei Moschettieri, ce n e stata una particolare per il suo allenatore, Magnus Norman, ex giocatore, che proprio su questa terra non aveva mai vinto (è stato finalista nel 2000). Lo svedese può essere senza dubbio orgoglioso dei successi conquistati dal suo pupillo, che da quando è passato sotto la sua direzione sembra aver raggiunto la fase finale di maturazione. «Non sono sorpreso perché in questi due anni di lavoro insieme estate sempre una roccia. Penso che in questo momento sia uno dei migliori tennisti in circolazione e non solo sotto l’aspetto tecnico, ma soprattutto tattico e l’ha dimostrato con Novak: può sembrare semplice avere un’idea prima di scendere in campo per mettere in difficolt l’avversario, ma poi non è così facile metterla in pratica Fino alla fine del primo set le sue gambe non si muovevano bene, poi è riuscito a divertirsi in campo e a portare a casa il risultato»…..

 

Wawrinka e Wiggins, le imprese speciali di due anticonformisti

 

Stefano Semeraro, la stampa del 08.06.2015

 

Un giorno, forse, capiremo perché la Svizzera nel tennis è diventata la patria della Grande Bellezza: dopo le geometrie cristalline della Signorina Hingis, dopo gli affreschi mobili di Roger Federer, applaudiamo, per favore, il rovescio mozzafiato di Stan Wawrinka, il nuovo campione del Roland Garros (da oggi n.4). L’uomo che a forza di fallire ancora, di fallire meglio – come raccomanda il mantra di Samuel Beckett che porta tatuato sull’avambraccio – a 30 anni, e nonostante i famigerati pantaloncini-pigiama ormai eletti a talismano, ha imparato a vincere Slam incantando. 4-6 6-4 6-3 6-4 a Nole L’anno scorso c’era riuscito in Australia, contro un Nadal malconcio; ieri a Parigi, in quattro set e tre ore e 12 minuti (4-6 6-4 6-3 6-4) rinnovando la macumba francese di Novak Djokovic, il numero 1 arrivato qui per prendersi mezzo Slam e che invece si è ritrovato a piangere caldi lacrimoni sulla terza finale persa da queste parti, mentre il Centrale che fino un minuto prima si era sbretellato per «Stanimal» («allez Wawà!») gli cuciva addosso una interminabile standing ovation. «La partita della vita» Eppure per Nole, dominatore della stagione, il 2015 sembrava l’anno giusto. Nel primo set della finale, che metteva di fronte i due rovesci più micidiali del circuito – bimane di Djokovic, per mano sola di Stan – il Number One si era illuso di chiudere la faccenda sul piano tattico. Ma Stan non è più l’amico fragile di un tempo, forte con i deboli e debole con i forti. Il successo australiano lo ha liberato dell’inferiority complex, non ha più paura di sfigurare in società. Ha sfidato a braccio di ferro il Joker, e inesorabilmente, game dopo game, set dopo set, lo ha piegato. Rubandogli campo, difendendo come un ossesso per poi fulminarlo con il dritto e soprattutto con il rovescio: incrociato, lungolinea, piatto, tagliato e liftato. Una gioia per gli occhi. «Credo di aver giocato la partita della vita», ha ammesso Stan, il primo a stupirsi di tanta meraviglia. Pantaloncini portafortuna Nole prima si è innervosito, fracassando una racchetta e beccandosi un warning, poi si è dovuto inchinare, finendo scudisciato anche nell’ultimo game da due-tre gesti regali di Wawrinka. «Il suo rovescio a una mano è il più bello che abbia mai visto», ha ammesso Djokovic, «ma Stan è ormai un giocatore completo, potente e coraggioso, difficile da battere su qualsiasi superficie. Merita questa vittoria». L’ex sparring partner di Federer, che a fianco del Genio ha vinto una Coppa Davis e un oro olimpico in doppio, insomma, è diventato grande. E spiritoso a sufficienza da presentarsi in conferenza stampa brandendo i famosi shorts….

 

La bellezza di Stan l’antico Parigi celebra Wawrinka

 

Gianni Clerici, la repubblica del 8.06.2015

 

Ma allora si può ancora vincere con il rovescio ad una mano, vincere seguendo il servizio a rete, pareva del tutto obsoleto, addirittura misoneista. Qualcosa di simile poteva arrivarci soltanto dalla Svizzera, un paese che tarda a perdere antiche tradizioni, ormai spessissimo contraddette, anche in Europa Premesso che già avrete letto nel titolo che ha vinto Wawrinka, vado avanti. Di recente, ero stato invitato, grazie ad un diploma di coach Atp ad honorem, a un convegno di maestri, per lo più giovani. E, con tutta la stima per il tennis contemporaneo, avevo ricordato affermativamente una frase ascoltata da Lacoste, il primo vincitore del Roland Garros. II tennista del futuro, aveva affermato quel grande, potrà servirsi di due mani, ma soprattutto per difendersi da servizi violenti alla Big Bill Tilden. Per tagliare la palla sarà meglio impugnare con una sola mano, così come per liftarla, e per il drop shot. Ero stato vivamente, seppur educatamente, contraddetto da più d’unodei coach. E mentre me ne andavo a casa non del tutto entusiasta mi era venuta in mente una frase che mai si dovrebbe pronunciare: «ai miei tempi.. Non so ancora cosa dirà Wilander, nella sua rubrica televisiva “Game, set and Mats”. Ricordo solo che quel tipo piuttosto intelligente abbandonò il rovescio bimane in favore di uno tagliato per tagliare e attaccare. Così come oggi, imbattendomi nel mio vecchio amico Nastase mi sono sentito dire «E se vincesse uno come noi?». «Troppo buono, Ilie – ho risposto – magari uno come tee.. Certo le nuove ribattute di rovescio consentono degli spaventosi lift che con quelle di legno erano impossibili. Ma spero che la vittoria di un monomano ci consenta di uscire dal conformismo, anche quello di giovani colleghi che scuotono la testa nel vedermi con una penna in mano, prima di copiare le mie righe sul computer. Detto ciò, parliamo un po’ della partita. Djokovic pareva in condizioni di sperare in un nuovo Slam, dopo quelli di Budge e di Laver, divinità ormai solo immaginabili. Per quel che riguarda queste due ultime settimane, avevo visto Djokovic in difficoltà soltanto nella semi contro un notevole Murray, peraltro privato del quinto set con un netto 6 a 1. Ma Wawrinka non era certo stato da meno, smarrendo un set di un mezzo allenamento con Lajovic, e un altro di un match notevole contro Tsonga e 14.000 franco pitechi arrazzatissimi. Aveva poi trattato Fe-derer quasi uno sparring partner, Stanislas, e questo era stata una vicenda importantissima, secondo un mio amico psichiatra, che ritiene la carriera delle svizzero francese complessata dallo svizzero tedesco, insieme avversario e modello, padre non ancora ucciso e sepolto. II Wawrinka di oggi pareva, alfine-ha ormai 28 anni-aver accettato e compreso se stesso. Lo si è visto per tutto il match, contro un Djokovic che, diversamente da quanto diranno in molti, non era affatto in cattiva giornata, ma ormai avvezzo a velocità di crociera nemica molto più lente e abbordabili. I rovesci a due mani di Nole, i suoi diritti sempre liftati, i suoi drop shot, sono stati contraddetti dagli straordinari cross alternati in tagli e lift, così come il numero di volò svizzere è stato più numeroso di quelle serbe. L’istante determinante si colloca probabilmente nella fine del secondo set, con gli 8 punti a 3 di Stan, e nuovamente nei tre games finali, nei quali il rovescio ad una mano è prevalso su quello bimane. Ancorchè la vicenda meritasse un maggior approfondimento.

 

Wawrinka è kryptonite

 

Marco Lombardo, il Giornale del 8.06.2015

 

È uscito dalla categoria degli One Slam Winner (Australia 2014) per entrare in quello dei grandi. Ha superato Novak sul suo terreno preferito, centrando angoli impossibili con tiri al limite dell’incredibile. E non solo con quel rovescio più bello del mondo. Anni fa aveva lasciato la moglie per concentrarsi sul tennis, poi una volta tornato a casa la moglie ha lasciato lui. E così gli è rimasta l’amicizia con Federer, ma la moglie – questa volta di Roger – ha cominciato a innervosirsi quando le partite fra loro non finivano più come prima. Insomma: loro hanno fatto pace per vincere la Davis, ma adesso ha sancito il sorpasso buttando fuori il sodale e con Mirka la cosa adesso è diventata un po’ complicata. Il suo sguardo da cagnolino timido non può più ingannare: «Ringrazio il mio team, perché lo so che con me non è sempre facile». NOVAK DJOKOVIC Doveva essere il suo primo titolo a Parigi,la cosa più bella l’ha fatta dopo aver perso: si è commosso per l’ovazione che il pubblico gli ha tributato. Era il favoritissimo, ha giocato spesso con la gente contro, perché si sa che spesso nello sport se c’è un Superman, si tifa per la kryptonite. È sembrato un po’ stanco e questo è clamoroso. Tennista e uomo di classe, si è congedato a modo suo: «C’è qualcosa di più grande di vittorie e sconfitte nel tennis ed è il rispetto per gli avversari. Ecco: io per te Stan ho davvero un gran de rispetto e mi congratulo. Tornerò l’anno prossimo per prendermi il titolo». Diciamolo: se lo merita….

 

Super Wawrinka le roi de Paris

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 8.06.2015

 

C’è qualcosa di nuovo, nel tennis. E non bastano a dirlo le prime parole che la vittoria di Stan Wawrinka porta con sé, avviluppate nelle emozioni di una finale condotta a una velocità folle, quasi il tennis fosse uno sport di rettilinei a tutto gas e di curve da affrontare ventre a terra. Su tutte, una: il coraggio, ché ce ne vuole davvero tanto ad affrontare di petto un tennista come Djokovic, che, con i corpo a corpo, con quel suo procedere a mascella spianata, con la fisicità che mette in campo ha costruito un dominio. Non bastano neppure i tweet degli amici, a spiegare che cosa vi sia nell’aria, ma gratificano Wawrinka di aggettivi regali e lo eleggono al soglio tennistico, lui alla pari dei più forti, com’è giusto che sia dopo la seconda vittoria nello Slam in due finali.’ Champ,’ scrive semplicemente Federer all’amico ritratto nella foto che gli consegna il campionato del mondo su terra rossa. Eppure, la novità c’è, e viene da un torneo che ha messo da parte gli schemi ripetitivi e prevaricanti per celebrare l’universalità dei progetti tattici, delle soluzioni a tutto braccio, delle forzature. Forse per questo, alla fine, ha vinto Stan Wawrinka, servizi a 220 orari e un rovescio a una mano di una bellezza commovente. Di certo c’è che Stan ha giocato a tennis come poche volte abbiamo visto fare, secondo solo al miglior Federer per la temerarietà delle conclusioni, ispirato nei lungo linea di rovescio, devastanti a dir poco, logico nell’insistenza sul dritto di Djokovic, che col rovescio bimane organizza le sue trame, e continuo, insistente, risoluto sul servizio, spinto senza paura oltre i 180 orari anche sulla seconda, pur di non concedere al serbo la possibilità di controllare le operazioni. Forma strepitosa Fidatevi di Federer. «Stan è in forma australiana», disse in conferenza stampa, riferendosi all’Open di Melbourne dell’anno scorso. Anche Nole si associa. «Dal secondo set è stato lui il migliore, avrei potuto essere più deciso su alcune scelte, ma non mi ha dato tempo. Poco da dire, ha giocato un gran tennis, ha meritato». Tre finali, tre sconfitte, addio Roland Garros, addio Grande Slam, pietra filosofale di un tennis che vive di mille trabocchetti. 17 suo torneo maledetto, perso una volta di più da favorito. «Prima o poi lo vincerà», gli manda a dire Wawrinka, generoso. «Non è la fine del mondo», risponde Djokovic, «esistono cose più importanti nella vita». Si, d’accordo, ma allora perché quel volto attonito, quegli occhi disperati? La finale ha vissuto di molteplici svolte. Nel secondo set lo svizzero ha riagganciato Nole sul pari e ha forzato le conclusioni, cogliendo al volo il set alla prima occasione. Nel quarto si è assentato nei primi game, ha lasciato che Nole si portasse sul 3-0, poi è tornato a schioccare le sue traiettorie assassine. Ha pareggiato, si è portato avanti. I la giocato 60 colpi vincenti, lo svizzero, Nole appena trenta. Ecco perché parliamo di tennis universale, senza attendismi. «Credetemi, mi fa impressione dirlo: ho vinto il mio secondo Slam…», dice Stan, che espone i suoi buffi pantaloncini sul tavolo della conferenza, come una bandiera «Mi rendono unico, no? La verità è che non sono cosi abituato ad alzare ceni trofei. Ma ho lavorato duro, questo si, e sono contento di aver regalato il titolo al mio coach, Magnus Norman, che da giocatore fu sconfitto in finale. Mi sono spesso allenato con Djokovic, conosco la sua serietà Per batterlo dovevo fare un match quasi senza errori, e dal secondo set ci sono riuscito. E una pagina importante della mia vita». Lo è anche per il tennis. La minaccia che Djokovic poté ottenere il Grande Slam per mancanza di avversari è svanita. Vince Stan, ma sorridono anche Federer e Nadal.

 

Il surfista Wawrïnka ipnotizza Djokovic

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 8.06.2015

 

Il cioccolato, il coltellino, il formaggio con i buchi, e Stanislas Wawrinka. in un pomeriggio parigino di rivoluzioni e piccole magie, cambia l’iconografia della Svizzera sul mappamondo. Stan, l’uomo che da tutta la vita viaggia a fari spenti in scia a un tale Roger Federer, il n. 9 con la barbetta per coprire l’acne, impone i suoi bermuda da surfista («A me piacciono!») nelle cartoline di una finale che Novak Djokovic sembrava nato per dominare, lui numero i proveniente da una striscia di 28 match consecutivi, mancante dell’unico Slam che gli si è rivoltato contro e che Wawrinka, con quel nome, con un filo di pancetta e il destino che si porta dietro, era scritto gli consegnasse come viatico per l’immortalità. E invece no. «Non ero l’unico che voleva vincere il Roland Garros…» scuote il testone il Djoker alla fine dell’incubo, mentre coach Becker sembra imbolsito di altri lo anni. All’ombra della coppa, dentro le foto con Jean Paul Belmondo e Bjorn Borg, c’è lo svizzero che non ti aspetti: «Ho giocato la partita della vita dopo due settimane di follia. Sto ancora tremando». Trema anche il centrale sotto i colpi di una finale bella e intensa, ad altissimo tasso tecnico, nobilitata dal rovescio a una mano di Wawrinka che, declinato in tutte le sue nuances (piatto, back, top), s’insinua come un baco nei meccanismi robotici di un Djokovic prima incredulo e poi in riserva, drenato di energie dalle battaglie con Nadal e Murray però signore nel non sottolinearlo: «Non ho potuto fare di più e non cerco alibi. Ho perso da un avversario migliore che ha giocato un tennis coraggioso». Sessanta vincenti, 9 ace, 8 palle break salvate. Con precisione svizzera, come all’Australian Open 2014, Stan ha saputo condensare il meglio di se stesso nelle 3 ore e i2′ che gli cambiano definitivamente l’esistenza, perché Melbourne poteva essere una simpatica coincidenza ma Parigi, o cara, sfilata dalle grinfie di un campione a caccia del Grande Slam della carriera, è un atto di determinazione feroce: a 3o anni Wawrinka, che ha inflitto a Djokovic la terza sconfitta in finale al Roland Garros in 4 anni, è il vincitore più vecchio dal tempi (lggo) di Andres Gomez. Come hai fatto, Stan? «Sono stato aggressivo da fondo, ho tenuto la palla profonda. A Novak piace comandare. Questa volta ho comandato io. Ci vorrà un po’ per rendermi conto di cosa ho fatto», risponde con lo sguardo chiaro e un filo di voce questo figlio di immigrati cechi trapiantati nel Canton Vaud, sulle riviste di gossip per aver lasciato la moglie Ilham ed averlo raccontato sulla sua pagina Facebook, uno strappo al basso profilo che l’ha sempre caratterizzato e che condivide con coach Magnus Norman, l’ex pro finalista a Parigi che l’ha convinto di essere qualcosa in più della spalla di Federer in Davis e ai Giochi: «Grazie Magnus perché hai trovato le parole per farmelo capire». Ha immolato il primo set, 4-6, al dinamismo di Djokovic («Un amico, si rifarà»); ha sfruttato la quinta occasione per annettersi il secondo, 6-4, con Novak che sfasciava la racchetta per la frustrazione. Si è preso il terzo 6-3, un sogno, riservando ll meglio per dopo: è risalito da o-3 nel quarto (decisivo i14-4 tenendo il servizio da o-40), aggrappandosi al sontuoso rovescio, due passanti lungolinea, per il break del 5-4 e il match-point. Sui titoli di coda, ha lottato per non piangere. E adesso, mentre il tramonto s’immerge nella Senna, confessa con candore di sentirsi un po’ perso, lassù tra i prati della sua Svizzera romanda. «Sono stupito, frastornato, felice. Confesso che non me l’aspettavo. Non sono un Big Four». È Stan, il tennista antieroe che sedusse Parigi al primo colpo con i bragoni da spiaggia (che ha regalato al museo). Nemmeno il divino Fede-rer, diciamolo, avrebbe mai osato tanto….

 

 

Anno d’oro ma non basta l’aver lottato

 

Ubaldo Scanagatta, QN 8.06.

 

Capito perchè dopo Rod Laver nel 69 nessuno ha più realizzato il Grande Slam? E’ dura restare imbattibile per 4 Majors in un anno. Non ce l’ha fatta neppure Novak Djokovic che, spazzati via Nadal, campione di 9 Roland Garros, e l’imbattuto (quest’anno sui campi rossi) Murray, era reduce da 28 vittorie di fila. In questo 2015 aveva perso solo 2 volte, a Doha e Dubai (Karlovw e Federer), tornei minori. Il campione serbo aveva sconfitto 17 volte su 20 Stan Wawrinka, lo “svizzero di riserva”, re d’un unico Slam, l’open d’Australia 2014 a fronte degli 8 Majors conquistati dal serbo (5 Australian Open, 2 Wimbledon e un US Open). Così Novak era il naturale favorito di questa finale anche se il “maledetto” Roland Garros era l’unico dei 4 Slam ad essergli sempre sfuggito. Quattro semifinali perdute, due finali cedute a Nadal. E ora la terza, sebbene avesse vinto il primo set. Non gli è bastato. Perchè “Stan The Man” Wawrinka, 30,campione tardivo” incurante delle critiche al pantaloncino-pigiama della Yonex che ha fatto tanto sorridere (e lui ha voluto portare in sala stampa, appoggiare alla Coppa e regalarli al Museo), svizzero francese d’origini ceche, dopo il black-out di metà primo set, grazie al servizio e ancor più allo straordinario rovescio ad una mano, ha saputo prendere in mano il gioco («Ho cercato di guadagnare quei SO centimetri e di insistere sul suo dritto, il suo colpo meno swum») come aveva fatto sia nel derby dei quarti con Roger Federer sia con l”‘enfant du pays”Jo Wilfried Tsonga. un campione completo, è miglioratissimo di dritto. Ha un gran servizio e il rovescio che tira in mille modi, piatto, lesto come tagliato è il migliore al mondo» gli ha reso onore l’amico Djokovic, campione di straordinario fairplay nella sconfitta. «Ho per-so perchè lui è stato più forte». E’ 24mo Slam vinto in singolare da un tennista svizzero (17 Roger, 2 lui, 5 Martina Hingis) in 40 finali. L’Italia è ferma a 4 (2 Pietrangeli, 1 Panatta, 1 Schiavone) in 7 finali. Se continua così dovremo smettere di considerarci Paese di miglior tradizione tennistica rispetto a chi è più piccolo di noi 7 volte e mezzo.

 

Djokovic resa con lacrime

 

Alberto Giorni, Il Giorno dell’ 8.06.2015

 

Tutti aspettavano il sospirato primo titolo parigino di Novak Djokovic, l’unico Slam che gli è sempre sfuggito, e invece il Roland Garros resta una maledizione per il serbo. A risuonare sul «Philippe Chatrier» sono le note dell’inno svizzero in onore di Stanislas Wawrinka, che ha trionfato con merito 4-6, 6-4, 6-3, 6-4 in 3h12’ giocando «la partita della vita», come ha detto a caldo.

 

Quando Djokovic nei quarti ha strappato le chiavi del Roland Garros a Nadal, nove volte re sulla terra di Parigi, il più sembrava fatto e già si parlava di possibile Grande Slam. Il numero 1 del mondo pareva imbattibile dopo aver incamerato gli Australian Open e i quattro «Masters 1000» a cui aveva partecipato. Ma non aveva fatto i conti con l’«altro» svizzero, perennemente all’ombra di Sua Maestà Federer (da lui battuto nei quarti), che ha iniziato a brillare di luce propria e ha portato a casa il secondo Slam dopo l’Australian Open 2014 (dove aveva messo k.o. ancora Djokovic, però nei quarti, 9-7 al quinto).

 

Il simbolo della finale, poco prima del bell’abbraccio a rete, è il rovescio al fulmicotone sul matchpoint, uno degli innumerevoli ed eleganti rovesci a una mano (una rarità nel circuito) con cui Wawrinka ha impallinato Djokovic da tutte le posizioni, fino ad arrivare alla bellezza di 60 colpi vincenti, il doppio del serbo. Perso il primo set, «Stan the man» non si è scoraggiato e ha sfiancato il più quotato rivale con un pressing micidiale da fondocampo. Indietro 0-3 nel quarto set, è tornato subito sotto, annullando tre delicate palle break sul 3-4 e volando verso la gloria. Discutibili solo i suoi pantaloncini stile-pigiama, che però hanno portato fortuna…

 

«Ho provato, ho sempre fallito. Non importa: riproverò, fallirò meglio», recita la frase di Samuel Beckett tatuata sull’avambraccio di Wawrinka, che a furia di ritentare ha trovato la strada per il successo e a 30 anni è nel pieno della maturità: da oggi salirà al n.4 in classifica. Il suo allenatore, lo svedese Norman, ha vinto il torneo sfiorato da giocatore perdendo la finale del 2000 con Guga Kuerten, che ieri ha consegnato la Coppa dei Moschettieri al suo allievo.

 

Il volto segnato dall’acne trasuda felicità da tutti i pori. Campione Juniores qui nel 2003, e fuori al primo turno l’anno scorso, Wawrinka è diventato un protagonista anche del gossip dopo il divorzio dalla moglie Ilham, lo scorso aprile, e il presunto flirt con la 18enne tennista croata Vekic, ma vuole che si parli solo di tennis: «E’ stata una sfida pazzesca, conquistare il titolo è eccezionale. Nole, sei un campione fantastico e qui vincerai anche tu». Djokovic è un ottimo incassatore: «Congratulazioni Stan, hai tutto il mio rispetto e meriti la vittoria; io continuerò a riprovarci». Beckett sarebbe sicuramente d’accordo.

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