Serena, venti volte Slam: “Vi amo, vi amo, vi amo!” (Martucci). Serena record nella finale più brutta, e oggi Djokovic contro il suo tabù (Clerici). Sempre e solo Serena (Clemente). Stan contro il n. 1, impresa possibile (Bertolucci).

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Serena, venti volte Slam: “Vi amo, vi amo, vi amo!” (Martucci). Serena record nella finale più brutta, e oggi Djokovic contro il suo tabù (Clerici). Sempre e solo Serena (Clemente). Stan contro il n. 1, impresa possibile (Bertolucci).

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Serena, venti volte Slam: “Vi amo, vi amo, vi amo!” (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport).

Una campionessa. Un fenomeno. Serena Williams poteva conquistare in tanti modi il terzo Roland Garros, che sarebbe anche lo Slam numero 20, portandosi a due soli majors dal record Open di Steffi Graf. C’è riuscita con la consueta drammaticità. Non solo nella finale contro il talento finora inespresso Lucie Safarova, recuperando una partita quasi vinta, 6-3 4-1, e poi compromessa, dopo aver perso il tie-break del secondo set e sotto 2-0 al terzo. Ma con le quattro rimonte da un set di svantaggio. “Combattendo a ogni match contro due avversari, perché c’era sempre l’influenza, con febbre, che si è portata dietro fino a sabato mattina”, racconta il coach Patrick Mouratoglou che nelle ultime tre stagioni le ha trasmesso la continuità. “Venerdì è stata malissimo, ha anche pensato di ritirarsi: aveva dato tutto per superare la Bacsinszky, ma era distrutta dallo sforzo contro il suo stesso fisico malato, con la febbre che tornava”. Venerdì non s’era allenata, ieri mattina camminava e si reggeva a fatica, in campo, durante l’allenamento. Poi, vista “l’avversaria bloccata dall’emozione” – sempre secondo il coach – le è stato sufficiente tirare a più non posso per ritrovarsi avanti di un set e un break dopo 55 minuti. Con la povera mancina ceca sempre più afflitta per l’epilogo della prima finale Slam. “Secondo me ha pensato di aver vinto, ed ha avuto un netto calo”, azzarda ancora il compagno d’avventure non solo sportive, “E nello stesso tempo l’avversaria s’è rilassata ed ha lasciato andare il braccio giocando molto bene”. Di certo i due doppi falli consecutivi del 4-2 sono insoliti. E ancor più quello con il quale Serena cede i1 4-4, in una specie di legge del contrappasso, dopo aver chiuso tre game del primo set con ace. Possibile che la regina delle rimonte si faccia rovesciare il punteggio dalle mani da 4-1 ad addirittura 4-5? “La conosco bene, so che odia la sconfitta e ha troppa esperienza e cattiveria agonistica e qualità per non trovare sempre una via d’uscita”, sottolinea ancora Mouratoglou. Infatti c’è una mini-rimonta Williams, fino al break e a1 6-5 quando serve per il match, ma il dritto della Safarova si esalta per confezionare il 6-6 e per strappare il tie-break ed anche il 2-0 al terzo set alla favorita. Che colleziona ancora errori gratuiti. Il match praticamente finisce 1ì, sul più bello, perché Serena mette un’altra marcia, con un parziale di 12/1, e nel suo «sputare sangue» sputa anche un’imprecazione beccandosi l’ammonizione nella volata da 0-2 a 3-2. Quindi, a botte di violente risposte, di servizi-bomba e di pugni caricati al cielo, piazza l’irresistibile 6-2 finale dopo due ore e un minuto. Poi abbraccia, fisicamente, la povera Lucie e l’allenatore-fidanzato, e quindi, virtualmente, il mondo e la vita, ridendo, saltando, gesticolando: “E’ stato complicato, mi sono un po’ innervosita e Lucie ha giocato aggressiva e senza paura. Alla fine ho vinto il ventesimo Slam e farcela qui ha un significato maggiore perché qui non ho avuto i maggiori successi. Voglio ringraziare i tifosi. E voi, amici a casa, vi amo, vi amo, vi amo. E, a te, papà, grazie, dal profondo del mio cuore». Un fenomeno.

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Serena record nella finale più brutta, e oggi Djokovic contro il suo tabù (Gianni Clerici, La Repubblica).

Ha mai assistito a una simile storica giornata?” mi domanda il ragazzo inviato dalla sua tv a intervistare qualche scriba anziano. “Ho assistito al 25 Aprile, sono anche stato a Piazzale Loreto” ho risposto ma, visto che il poveretto non poteva capire: “ho visto raramente una partita più brutta, nella circostanza storica di una che ha vinto 20 Slam”. Poi ho continuato: “I 20 Slam di Serena sono secondi solo ai 22 di Steffi Graf, e ai 24 di Margaret Court, che non valgono, perché in Australia non ci andava quasi nessuno, ma la storia dice raramente la verità, non la scrivono mai gli sconfitti. Bisognerebbe domandare alla Safarova perché è riuscita a perdere, o al suo psichiatra”. Il giovanotto, certo meno paziente dei miei abituali lettori, si è affrettato a rivolgersi ad un altro vegliardo, lasciandomi tranquillo a riflettere, contraddicendo l’insegnamento “Prima scrivere, poi pensare”. Devo quindi osservare che raramente una finale di Slam è stata peggiore di questa. Serenona, la vincitrice, è stata certo ammirevole per essersi fatta convincere a giocare nonostante la febbre intermittente. Ancorchè costretta ad una semi-mobilità ha trovato coraggio sufficiente per colpire con trequarti di forza la palla, soprattutto sul servizio, al quale non giungeva sfiatata. Quello che più ho ammirato in lei è stata la drammatica volontà di vincere una seconda volta, dopo che la prima non si era concretata, dopo gli iniziali 6-3 e 4-1, nel corso dei quali era parsa giocare quasi sola. A quel punto la sparring partner, Lucie Safarova, ignota a grandi palcoscenici, è parsa trasformarsi da starlett in star. La logica avrebbe dovuto condurre a un ritiro di Serenona, ma quella winner, se una ce n’è, si faceva dapprima richiamare per un sonorissimo ‘Fuck’, e poi trovava sufficienti forze per 6 games, 25 punti a 8, se credete a un ex-scriba di basket. Mi scusi il lettore che stamattina mi ha giustamente criticato per l’incompletezza degli artico-letti, e mi si lascino dedicare le ultime righe a qualcuno che certo non le merita meno di Serena, Nole Djokovic. Certo in buona salute, è tornato in campo deciso a dimenticare i dubbi suscitatigli dal miglior Murray che io abbia mai visto. E’ stata, la prosecuzione della partita interrotta iersera sul 3 pari al 4°, una sorta di maratona con racchette, nella quale mi sono trovato ad ammirare degli scambi giunti fino a 30 tiri, di vigore e profondità non inferiori alla regolarità. L’inizio pareva una conferma di tutte le difficoltà di venerdì, con Murray che strappava 12 punti a 4. Ma, dall’inizio del 5, ecco Nole sempre più infisso alla riga di fondo, e Andy costretto 2-3 metri più indietro. Quel che era possibile ai tempi di Borg ora non va più, e il giocatore che offre meno angoli finisce per vincere, com’è accaduto oggi.

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Sempre e solo Serena (Valentina Clemente, Corriere dello Sport).

Serena Williams è tornata regina al Roland Garros, contro i pronostici di chi vedeva la sua malattia come possibile freno e mantenendo le promesse di quelli che la conoscono bene e che sanno che, con la volontà che ha, può vincere anche giocando su una gamba sola. “Volevo vincere a tutti i costi – ha affermato Serena – e il fatto di non esser stata bene in questi giorni lo ha reso ancora più speciale, probabilmente uno dei trofei più difficili da conquistare, ma proprio aver superato tutte queste difficoltà mi rende ancora più orgogliosa. Non posso addossare i problemi che ho avuto ad inizio torneo all’influenza, semplicemente non ho giocato bene, ma alla fine ho vinto ed è stato fantastico”. Poco più di due ore in campo per battere Lucie Safarova e lasciare Parigi con la certezza di essere di un livello superiore a quasi tutte le sue avversarie. Quello di ieri è il ventesimo Slam per Serena, a 4 lunghezze dal record assoluto di Margaret Court (24) e a due da quello di Steffi Graf (22), e visto il livello della statunitense non è un’utopia pensare che già in questa stagione possa eguagliare il record della campionessa tedesca. «Non so se un Grand Slam renderà ancora più importanti questi successi, ma è chiaro che già aver raggiunto la soglia di venti sia un motivo per festeggiare. A Wimbledon negli ultimi due anni non sono riuscita a fare i risultati che speravo e quest’anno voglio andare più concentrata e prendere le cose giorno dopo giorno. Per il mio tennis è il luogo perfetto, quindi sta a me ora far in modo le cose vadano nel verso giusto”. La vera gara oggi è stata sulla tenuta psicologica, visto che la malattia di Serena aveva messo sul tavolo un gioco complesso fin dai primi scambi, soprattutto per una novizia come Lucie, che si è trovata a gestire la pressione di una finale Slam e forse di un’opportunità unica nella vita. Non deve quindi sorprendere che, al di là dell’indubbia potenza della Williams, il primo parziale sia scivolato giù come un bicchier d’acqua, il tempo di qualche scambio, offuscato da troppi pensieri per la giocatrice ceca, partita con l’handicap di trovarsi di fronte (in teoria) un’avversaria dalle possibilità nella circostanza limitate. “Lucie ha giocato sempre meglio nel corso della partita e a un certo punto mi ha messo in difficoltà e mi è salita un po’ d’ansia, ma ho cercato di rimanere concentrata sugli aspetti positivi dell’incontro senza lasciarmi influenzare da altro”. I pensieri della Safarova erano tutti là, sparsi sul rettangolo di gioco e l’impennata d’orgoglio è giunta sul 4-1 per Serena nel secondo parziale quando la ceca, complici anche i doppi falli della sua avversaria, è riuscita a rientrare sul 4 pari e vincere poi al tie-break. La partita in quel frangente sembrava veramente rilanciata, ma la Williams ha quasi lasciato scivolare via la sua preda, per poi riprenderla e portarla nella sua rete lanciando anche qualche oscenità, sanzionata con un warning. Lucie ci ha provato ad andare in vantaggio e il break realizzato nel terzo sembrava doverle dare qualche speranza, ma la fame di vittorie della Williams è stata alla fine la volontà a cui anche lei si è dovuta inchinare. La settimana della Safarova non è comunque ancora giunta al termine visto che dovrà scendere di nuovo in campo per tentare di conquistare il titolo in doppio. “Serena è stata troppo brava nel terzo e non ho alcun rimorso. Penso comunque che questa finale sia un grande passo avanti nella mia carriera e che sia in qualche modo l’inizio di una nuova avventura”.

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Stan contro il n. 1, impresa possibile (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport).

Dopo l’uscita di scena di Roger Federer e la resa di Rafa Nadal oggi andrà in scena, sul campo centrale del Roland Garros, la finale più logica tra il numero 1 del mondo Novak Djokovic e Stan Wawrinka. I due non si affrontano sulla terra battuta dal 2012 e ricordo che alcune delle ultime sfide sulla lunga distanza, disputate sul duro, si sono concluse al quinto set. I favori del pronostico parlano serbo, ma Stan è in grado di produrre un tennis potente e solido impreziosito da un pressing asfissiante. Lo svizzero regge, come pochi, con disinvoltura la diagonale di rovescio e può punire con il micidiale lungolinea i mancati rientri al centro del campo. Il servizio, pesante e veloce, gli concede punti gratis e se non si lascerà irretire dalla profonda e continua risposta del serbo, potrebbe prendere in mano lo scambio e iniziare il martellamento da dietro. Non sarà facile scardinare la granitica difesa di Djokovic ma, non potendo avventurarsi in avanti e fidandosi poco della smorzata le azioni di rimbalzo, insieme al servizio, sono le migliori armi a disposizione. Pur essendo meno elastico, Wawrinka possiede un fisico resistente e l’eventuale protrarsi della sfida non lo vedrebbe sfavorito. Per rimanere a contatto avrà bisogno di limitare al massimo i passaggi a vuoto tenendo sempre a tiro l’avversario. Finali come questa si portano a casa, molto spesso, più con la testa e con il cuore che con il gioco.

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