Intervista a Tiriac: "Djokovic re senza carisma e Federer si ritiri presto" (Piccardi). Difesa Bracciali: "Non c'entro nulla con quelle chat" (Piccioni)

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Intervista a Tiriac: “Djokovic re senza carisma e Federer si ritiri presto” (Piccardi). Difesa Bracciali: “Non c’entro nulla con quelle chat” (Piccioni)

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Intervista a Tiriac: “Djokovic re senza carisma e Federer si ritiri presto” (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Il dirompente big bang dello svizzero sbagliato, Stan Wawrinka. L’enorme delusione di Novak Djokovic. Lucie Safarova usata come pungiball da Serena Williams. Com’è triste Parigi (senza Roland Garros), il giorno dopo. Ma un caffè al bistrot con il businessman rumeno più ricco del pianeta — che non è mai diventato numero uno del mondo (rispolvera una vecchia gag: «Signorina se avessi saputo giocare a tennis, sarei stato il migliore…») però ha sempre avuto un eccellente fiuto per gli affari — aiuta a mitigare la saudade. Nato in Transilvania, partner di llie Nastase nell’unico titolo Slam conquistato in carriera (Roland Garros ‘7o contro Ashe/Pasarell), inventore dei fenomeni Becker e Ivanisevic, brillante manager 76enne, nel suo portfolio ha il ricchissimo torneo di Madrid (7.2 milioni di euro di montepremi), il regno del Bengodi dove ha introdotto le raccattapalle-top-model e la terra battuta di colore blu. Sotto il fumo del sigaro e i baffi bianchi a manubrio (ormai un copyright), il tennis secondo Ion Tiriac.

Mister Tiriac, cosa ci ha detto il Roland Garros sullo stato di salute del tennis? «Che l’arma di Djokovic è essere nato in un Paese povero ed essere cresciuto lottando. In Serbia Novak ha imparato il valore della vita. Però non ha lontanamente il carisma di Nastase o McEnroe. E Stan Wawrinka, eccezionale in finale, ne ha approfittato». La regina, wonderwoman Serena Williams, è il suo prototipo di campionessa? «Grande atleta, ragazza simpatica, come sua sorella Venus. Serena è sensazionale. Ma non mi faccia parlare del modo in cui gioca a tennis, per favore…».

Accordato. Il migliore di sempre? «Che domanda… Roger Federer!». Che ora però, prigioniero com’è della sua immensa grandezza, ha il problema di ritirarsi con stile: quando? Dove? Come? «Federer ha soldi per mantenere cinque generazioni: non continua a giocare per denaro. Purtroppo per lui non è più veloce come un tempo ma sul campo, certi giorni, è ancora un sogno. Tra i tornei del Grande Slam può vincere ancora un titolo di Wimbledon, secondo me. Spero vada avanti 2-3 anni. Poi basta. Quando lo incontro, lo supplico: Roger, ti prego, smetti appena capisci di non essere più competitivo». E quando succederà? Io la vedo così: quando perderà quattro volte di fila al primo turno. Se sei il 5 per cento più lento, perdi il 5 per cento di valore tennistico. Mi spiego: arrivare con 5 centimetri o 5 metri di ritardo sulla palla, è lo stesso. II problema di Federer è che è troppo buono. Ma come lui, nella storia dello sport, ce ne sono davvero pochi: Ali, Killy, Coe, Platini…».

Rafa Nadal, secondo lei, è finito? «Qui a Parigi non ho capito se stava male o non era in forma. Ha un carisma non indifferente: grazie a quello ha dato molto allo sport». Se lei fosse il manager di Fognini, che cosa gli consiglierebbe? «Chi?». Fabio Fognini. «Non lo conosco».

Murray e la Mauresmo. «Mi sembra che questa donna stia facendo qualcosa di buono: Andy gioca meglio e resta concentrato di più, anche se ha ancora la mente che vaga troppo». Ma lei si sarebbe mai fatto allenare da una donna, Ion? «Io non avevo coach. Il mio allenatore ero io».

Gli Internazionali d’Italia possono crescere? «Negli Anni 50-60, Roma e Parigi si equivalevano. Poi il Roland Garros, grazie a Philippe Chatrier, ha preso il largo. Oggi il torneo vale almeno 2 miliardi e porta nelle casse di Parigi 500 milioni all’anno. Questo io lo chiamo un affare. Roma? Se si ostinano a restare al Foro Italico, gli Internazionali sono morti. Lo spazio è finito: è come organizzare un torneo a numero chiuso. Se vogliono crescere devono andare all’Eur o a Fiumicino. Coni e Fit hanno le casse piene di soldi: che li spendano (…)

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Difesa Bracciali: “Non c’entro nulla con quelle chat” (Valerio Piccioni, Gazzetta dello Sport)

«Perché chi mi accusa deve essere attendibile, e le parole di tutti i giocatori italiani interrogati sono stupidaggini?». A quattro giorni dalla ripresa del processo sportivo sulle accuse di «racchettopoli» tennistica, Daniele Bracciali – incolpato con Potito Starace, nel mirino c’è proprio il match del napoletano con Daniel Gimeno Traver del 19 aprile 2011, a Barcellona – si difende insieme con il suo consulente, l’ex generale della Guardia di Finanza, Umberto Rapetto. E lui, non ammesso come test ma la cui perizia è stata acquisita agli atti del processo, a spiegare che l’istruttoria della procura Fit ha lavorato solo sul mittente, il commercialista Manlio Bruni, la fonte d’accusa principale secondo l’inchiesta penale di Cremona, tralasciando il destinatario, «escludendo l’acquisizione dei dati rinvenibili sul computer e sul telefono di Bracciali. Non si è contattato skype e non si è utilizzato il software che permette anche il recupero dei messaggi cancellati», dice Rapetto. «E mi hanno attribuito degli account che non sono miei», aggiunge il giocatore (…)

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