Questo Federer è da leggenda (Crivelli). Federer rimonta da divino (Clerici). Federer risorge ancora e va in semifinale (Merli). Federer, l'emozione infinita (Giua). Federer incanta ancora Wimbledon (Lombardo)

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Questo Federer è da leggenda (Crivelli). Federer rimonta da divino (Clerici). Federer risorge ancora e va in semifinale (Merli). Federer, l’emozione infinita (Giua). Federer incanta ancora Wimbledon (Lombardo)

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Questo Federer è da leggenda (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Apollo sull’Olimpo. Questa è la montagna sacra del dio della bellezza, questi sono i suoi verdi campi elisi sui cui volteggiare leggiadro dopo aver preso a schiaffi la paura. Questo è Wimbledon, il giardino dell’Eden di Federer. Non sono solo i freddi numeri ad accoppiare il torneo più prestigioso al suo sole più brillante: il Divino raggiunge l’11a semifinale, eguagliando Connors, e vince la partita numero 84 ai Championships, raggiungendo ancora una volta Jimbo. Soprattutto, mette in fila il successo 307 in uno Slam, staccando l’altro mito Navratilova. Stavolta, infatti, più che il risultato, conta il modo, conta l’epica con cui il cavaliere senza macchia e senza timore rimonta da due set sotto il bombardiere Cilic (è la nona volta in carriera che ci riesce) e nel tripudio di una folla in religiosa adorazione. che prima si mette le mani davanti alla faccia per disperazione, poi le usa per pregare speranzosa e alla fine per applaudirlo fino alla pazzia, dopo aver annullato tre match point, rinnova il connubio perfetto con l’erba più famosa.

Sono queste esibizioni che profumano di talento, è questa volontà perpetua di sottrarsi all’idea della sconfitta che continua a rendere inavvicinabile lui e la sua generazione a quelli che sono arrivati dopo: «Ho combattuto, ci ho provato, ci ho creduto. Ho avuto tante fantastiche vittorie, ma questa è enorme perché la cornice era il Centrale di Wimbledon. E soprattutto perché mi dà un’altra chance per inseguire il sogno di alzare ancora il trofeo». Per due set, Roger in pratica non vede palla, bucato in ogni angolo dalle saette al servizio del croato (più del 90% di punti con la prima), che gioca circondato dall’aura che due anni fa lo portò fino al trionfo agli Us Open, battendo in semifinale proprio Fed. E quando il vincitore di 18 Slam, stranamente balbettante con il dritto, si ritrova sotto 0-40 nel 7 game del terzo set e poi addirittura a dover fronteggiare tre match point nel quarto (uno sul 5-4, uno sul 6-5 e l’ultimo nel tie break sul 7-6, sempre sul suo servizio), la parabola sembra compiersi tra le lacrime degli adepti.

Ad asciugarle pensa lui, tornando fenomeno: battuta vincente con la seconda, ace e altra battuta vincente con la seconda. Anche se almeno nella prima occasione, Marin ci mette del suo con una risposta fiacca e adesso chissà per quanto si porterà dietro il pensiero: «E’ vero, sono stato poco aggressivo, anche se il rimpianto maggiore è per lo 0-40 nel terzo, lì ho sbagliato un rovescio facile. Occasione fantastica, ci sono andato molto vicino». Roger, invece, ripesca un maestro: «Sampras una volta mi ha detto che tu sei forte quanto è forte la tua seconda di servizio. Non ho commesso doppi falli, ma soprattutto le mie gambe e la mia schiena questa volta erano là con me».

Il segno del comando: negli ultimi due set, mette 15 dei suoi 27 ace, mentre Cilic cala di percentuali e fiducia. Soprattutto, il Re non giocava un quinto set dal settembre 2014 (New York, Monfils) e dopo sei mesi da degente per i problemi lombari, una maratona cosi diventa balsamo: «Ero preoccupato quando sono arrivato qui, nonostante le sette partite che avevo giocato a Stoccarda e Halle. Ma sono sorpreso del mio livello, match come questi sono un esame tremendo per il tuo corpo e la tua mente. Ora dormirò a lungo e mangerò sano: una preparazione vecchio stile (…)

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Federer rimonta da divino (Gianni Clerici, La Repubblica)

Superata più di mezz’ora di intervista, beninteso di fronte a una cinquantina di colleghi, Roger Federer none riuscito a chiarire come abbia battuto Cilic. Il match tra Roger Federer e Marin Cilic, vinto dal primo, é infatti uno dei più strani ai quali io abbia assistito nella mia lunga carriera di spettatore professionista. Per cominciare, ricordo che Federer è un vincente nato, mentre Clic è im bravo tennista visitato da fortunata ispirazione, che l’ha condotto ad una vittoria, sin qui unica, negli US Open del 2014. Federer si porta dalla culla e dalla scuola di Macolin tutti i colpi, con una mini-insufficienza nella volée di diritto, tuttavia sempre confortata dal precedente approccio, e dall’istintivo ottimo piazzamento. Cilic possiede una battuta violentissima quanto regolare, un diritto impugnato chiusissimo, mentre il suo rovescio bimane è un tiro quasi obbligatoriamente incrociato, e colpito senza grande sensibilità, che scema spesso quando il tennista è costretto al lungo linea.

Dette simili cose, forse più adatte alla presentazione che alla conclusione di un quarto di finale di Wimbledon, mi par giusto ricordare che Cilic è stato in vantaggio per 2 set a 0, e ha addirittura fruito di 3 match point, mentre Federer mi aveva spinto, sul taccuino, a domandarmi se non fosse ormai una imitazione di se. stesso, come accade a certi vecchi attori. La condizione di Roger era forse dovuta ad una sua insufficiente tensione agonistica, certo causata dal sorteggio che l’aveva sin qui opposto a modestissimi avversari, palleggiatori più di quanto non fosse il suo assistente Ljubicic. Se non proprio l’irresistibile battitore di New York, Cilic pareva tornato a far ricordare che, su un’erba meno golfistica che nel passato, si pub ancora vincere a serve and volley, più serve che volley. Mentre il primo dei due tie-break della partita é stato deciso da un iniziale vantaggio di 5-0 che Roger non poteva certo risalire, il quarto set ha visto almeno tre volte, su 3 match point nel decimo, dodicesimo game e nel tie-break a 7-6, eroici salvataggi con una involontaria collaborazione di qualcuno che, nel profondo di sé, doveva albergare una inconscia impotentia vincendi. Simile insolitissimo incontro mi ha impedito di osservare il previsto successo di Raonic sul più inatteso degli approdati ai quarti di questo stravagante quanto emozionante Wimbledon, l’americano Sam Querrey.

Colleghi che conoscono il tennis mi hanno garantito che, sia nel serve and volley, sia nel controllo del match, Raonic non ha certo sofferto l’assenza di Riccardo Piatti, che l’aveva momentaneamente abbandonato alla capace supplenza di McEnroe. Del quarto di finale che avrebbe dovuto offrire l’avversario a Murray non c’è molto da osservare. Lucas Pouille, il meno atteso tra i francesi, che continuano a mostrarci una media di alta qualità, era forse soddisfatto dai successi su Tomic e specialmente su Del Potro, e Berdych era troppo forte per lui Ricorderei, a proposito di Berdych, un misterioso atteggiamento che lo spinge a una immancabile superiorità con i più deboli, e a una costante inferiorità con chi gli sta davanti in classifica. Infine, un Murray spasso incostante, tanto da far apparire corrucciati non solo la mamma, ma il ritrovato coach Lendl, ha profittato della abituale discontinuità di Tsonga (…)

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Federer risorge ancora e va in semifinale (Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore)

Roger Federer, un tipo che di solito non si lascia andare ad eccessi verbali, ha parlato di “partita epica”. Non è poco per uno che ha già vinto 17 titoli dello Slam, di cui 7 qui a Wimbledon. Contro il croato Marin Cilic si trattava solo di un quarto di finale, ma alla fine si può dire che il campione svizzero sia scampato quasi miracolosamente all’eliminazione dopo che il rivale (nato a Medjugorje: che non sia devoto della Madonna locale?) ha avuto ben tre match point.

Federer si era trovato sotto due set a zero. Alla vigilia, aveva ricordato che Cilic lo aveva spazzato via due anni fa allo US Open e la partita sembrava avviata alla stessa conclusione. Il croato si era aggiudicato il primo set al tie break e il secondo in poco più di mezzora. Nel terzo, 3-3 e 0-40 sul servizio di Federer, Cilic si è mangiato tutte e tre le occasioni per chiudere, di fatto, l’incontro. Poco dopo, su un punto vinto, Federer, svizzero tedesco poliglotta, si è lasciato andare a una rara esclamazione in tedesco. “Jawohl!”. Per la verità, più che nella testa dello svizzero (”Ero in difficoltà permanente”, ha ammesso più tardi), qualcosa sembra essere scattato nel cervello del croato, forse la paura di vincere che a volte blocca il braccio dei tennisti.

Il Federer dimesso dell’avvio, troppo falloso soprattutto sul rovescio, si ricordava improvvisamente chi era: il più grande, secondo alcuni. Nel corso del quarto set, Cilic sprecava due match point, e, nel tie-break un altro. Pareggiato il conto dei set, lo stesso Cilic nel dopo partita ha riconosciuto di aver perso nel quinto set “la battaglia mentale” e ha ceduto di schianto. Game set and match Federer, nella maniera più rocambolesca. Il risultato finale 6-7, 4-6, 6-3, 7-6, 6-3. Per Federer vuol dire l’undicesima semifinale a Wimbledon, uno dei suoi tanti record, stavolta contro il canadese Milos Raonic. Il quale ha la potenza necessaria. Avrà anche la testa per battere Federer? Il sogno del campione svizzero, e dei romantici del tennis, un’altra vittoria in un torneo dello Slam e per di più sull’erba di Wimbledon, è ancora vivo.

La giornata che era cominciata sul Centre Court con una sorpresa quasi sfiorata, ha rischiato di chiudersi in modo ancor più clamoroso. Andy Murray, il beniamino di casa, che nel 2013 ha interrotto per la Gran Bretagna un’astinenza di 77 anni a Wimbledon nel singolare maschile, e che è diventato il favorito d’obbligo dopo l’eliminazione a sorpresa, al terzo turno, del numero uno del mondo Novak Djokovic, ha vinto in un batter d’occhio i primi due set contro il francese Jo-Wilfried Tsonga. Nel terzo e nel quarto, si è avviato verso lo stesso destino di Cilic. Con l’incontro tornato in perfetta parità, era Murray ad aver tutto da perdere. Ma, dopo una serie di battibecchi con l’arbitro, ha ritrovato la concentrazione, portandosi a casa il set decisivo 6-1. Lo aspetta una semifinale con Tomas Berdych. E domenica, sperano gli aficionados, un gran finale Federer-Murray.

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Federer, l’emozione infinita (Claudio Giua, repubblica.it)

Quanto ci mancavano i “momenti Federer”? Oggi ne abbiamo vissuti a iosa, perfino David Foster Wallace ne sarebbe stato estasiato e con lui i milioni di tifosi che hanno seguito le dirette tv e streaming del suo quarto di finale a Wimbledon. Non ci sono discussioni sul fatto che Roger abbia giocato una delle sue più belle e appassionanti partite degli ultimi anni. Come ha commentato a caldo un amico: con lui è un’emozione infinita. Che hanno vissuto da vicino, nel box staff-familiare, il suo ex coach Stefan Edberg, gli attuali Severin Luthi e Ivan Ljubicic, la moglie, la mamma, il papà. A soffrire e, alla fine, a urlare di gioia con lui.

Persi i primi due set, conquistato con la forza di volontà il terzo, il numero 3 al mondo ha rischiato di lasciare anzitempo il suo torneo quando Marin Cilic ha avuto tre match point nel quarto set. Sostenuto dal pubblico della Centre Court che lo adora, lo svizzero li ha annullati e poi è andato a prendersi con merito una vittoria che due ore prima sembrava irraggiungibile. Ma non è stato un miracolo e nemmeno un’impresa titanica. Semplicemente, io e molti altri c’eravamo sbagliati: Federer è in grado, a quasi 35 anni e con una schiena che talvolta scricchiola, di tenere perfettamente cinque set quando dall’altra parte del rettangolo verde c’è un avversario che gioca a specchio, cioè che come lui punta a chiudere in fretta lo scambio sia quand’è al servizio sia quando risponde. Perché questo – un attaccante – è Marin Cilic, tra i giocatori meno decifrabili del circuito ATP: dei quattrodici trofei conquistati in dodici anni di professionismo, uno è uno Slam, gli altri World Tour 250. Per capirci: è come se il Chievo Verona avesse vinto un campionato di Serie A e 13 di Serie D. Dopo l’inatteso exploit agli UsOpen 2014, quando in finale sconfisse Kei Nishikori in tre set (6-3 6-3 6-3), ha prevalso nel 2014 e nel 2015 nello stesso torneo autunnale, la Kremlin Cup, battendo lo stesso avversario, Roberto Bautista Agut, con lo stesso risultato, 6-4 6-4. Gli altri risultati significativi sono stati l’anno scorso i quarti raggiunti a Wimbledon e la semifinale a Flushing Meadows, più le finali perse quest’anno con Nick Kyrgios a Marsiglia e con Stan Wawrinka a Ginevra. Bottino alquanto scarso per un potenziale Top 10 fisso.

Eppure quando si esprime come oggi nei due set iniziali, il ragazzo di Medjugorje (che non si chiama Marin per caso) può battersela con chiunque. Il primo scorcio del quarto di finale sull’erba polverosa della Centre Court vede Cilic avere la meglio: preciso e potente, soprattutto molto mobile, nel primo set costringe Federer al tie break, va avanti cinque punti a zero, si distrae e si lascia quasi raggiungere. Nel secondo set il croato classe 1988 conduce autorevolmente le danze grazie al break ottenuto al terzo game.

Nel terzo set Roger cambia registro, alza il ritmo e migliora la percentuale al servizio. Rientra in partita, ritrova la fiducia e la voglia di lottare. Con una classe e un’autorevolezza che lasciano ammirati, agguanta il quarto set. Nonostante i sette anni a fare di Cilic, è lui a cedere fisicamente e nervosamente. Così Federer mette al sicuro il quinto set (…)

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Federer incanta ancora Wimbledon (Marco Lombardo, Il Giornale)

Woody Allen una volta disse: «Non accendo mai la tv. Tranne che per vedere se quello svizzero ce l’ha fatta di nuovo». E lo svizzero ce l’ha fatta, di nuovo, proprio quando tutti avevano già l’idea che il sogno di vincere l’ottavo titolo di Wimbledon fosse solo follia. Roger Federer insomma domani giocherà (contro Raonic) la semifinale del torneo più bello del mondo dopo essere sopravvissuto a due set di svantaggio, uno 0-40 sul 3-3 del terzo set e a tre match point contro nel tie break del quarto. E la vittoria su Marin Cilic, quello che Roger ha definito «il ragazzo più gentile del circuito» è qualcosa che resterà nella storia del tennis.

Perché a 35 anni, con una schiena ormai un po’ così, e l’idea del mondo che il talento non basta più, vincere 6-7, 4-6, 6-3, 7-6, 6-3 dopo una battaglia di 3 ore e 17 minuti sull’erba, è qualcosa che va oltre il semplice risultato sul tabellone. Roger insomma è risorto ancora una volta e la bellezza del suo tennis è il saper ancora resistere alla brutalità: Cilic infatti ha usato il metodo della clava – lo stesso con cui battè il Re nella semifinale degli Us Open 2014 – e per due set e mezzo le botte di servizio e le mazzate da fondo hanno disegnato una partita senza storia. Ma il tennis è altro: è cuore, è a volte arte, è il non arrendersi mai. E Federer. E così quei 3 break point recuperati sono stati l’antipasto del tie-break del quarto set, finito 11-9 dopo un’altalena da infarto. A quel punto il pubblico del Centrale di Wimbledon era già in estasi (…)

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