Thiem fra i 3 eredi… in barca. Federer e Nadal fra i 3 re in sella. Murray e Serena matrimonio misto

Editoriali del Direttore

Thiem fra i 3 eredi… in barca. Federer e Nadal fra i 3 re in sella. Murray e Serena matrimonio misto

LONDRA – Il momento d’oro del tennis italiano ha subito un mezzo stop? Fognini e Berrettini, con Seppi e Fabbiano, i quattro superstiti di un mezzo naufragio

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Roger Federer - Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

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da Londra, il direttore

Scrivo a tarda notte di questo martedì in cui dopo Zverev e Tsitsipas, è uscito di scena anche Thiem per mano di Querrey. I tre top ten bocciati sono il n.4, il n.5 e il n.6 del mondo. Una maggiore conferma a quanto avevo scritto ieri, riguardo alla discontinuità dei presunti eredi dei Fab 3, non poteva arrivare più rapidamente di così.

Se penso che Thiem è reduce, e per il secondo anno di fila, da una finale al Roland Garros, che Zverev a Parigi aveva comunque raggiunto i quarti dopo aver vinto a Ginevra, che Tsitsipas era stato finalista a Madrid dove aveva battuto Nadal, beh non c’è dubbio che ancora oggi il tennis sull’erba e il tennis sulla terra battuta sembrano sport praticati su due diversi pianeti…se uno non si chiama Djokovic, Federer, Nadal. Ma a chiamarsi così sono solo in tre. Quei tre. Non gli altri tre.

Già, sottolineo quell’”ancora oggi”. Nonostante che quest’erba, in particolare sul centre court e il court n.1 ma un po’ su tutti i lawns dell’All England Club a confronto con quelli di Aorangi Park dove ci si allena, sia a detta di tutti particolarmente lenta.

Ma sull’erba si corre, ci si muove, si scivola, in modo diverso che sulla terra, anche se si resta ancorati alla linea di fondo come certo non ci si poteva permettere 30-40 anni fa. Perfino Borg era costretto a venire spesso a rete, a fare anche serve&volley, con la prima volée giocata a metà campo. Ci si deve muovere a piccoli, concitati passettini. Chi ha gli arti inferiori lunghi e pretende di fare passi proporzionati scivola, come è successo più volte sia a Zverev sia a Tsitsipas. E anche i movimenti delle braccia devono essere il più possibile corti. Le grandi sbracciate alla Thiem, alla Zverev, alla Tsitsipas, non aiutano, anzi. E perfino i troppi centimetri d’altezza non sono sempre un vantaggio, visto che si deve giocare stando il più bassi possibili… alla Fabbiano. Solo se i due metri si traducono in percentuali di prime palle insostenibili per i ribattitori e si fanno ace a bizzeffe, l’altezza diventa un vantaggio.

Ma, fatta eccezione per gli over 2 metri, per gli Isner, i Karlovic, gli Opelka, gli Anderson, i normotipi del giorno d’oggi – leggi i tennisti alti fra il metro e 85 e il metro e 90 – tanti ace non riescono a farli su questa erba. Federer ieri ha fatto 9 aces in 4 set, Berrettini 7.

Ho esordito dicendo che sto scrivendo questo editoriale a tarda notte, ergo non posso aver letto i giornali inglesi e americani del mercoledì, ma potrei scommettere che per loro la “front page” non sarà incentrata sulla curiosa circostanza che il n.4, il n.5 e il n.6 del mondo sono volati fuori dai Championships al primo turno, garantendo lunga vita e percorsi agevolati a Djokovic (in primis: ha solo Auger-Aliassime e forse Medvedev che possono imbarazzarlo nella strada verso la semifinale, dove potrebbe trovare il solito Anderson), Federer e Nadal (che però ha lo spauracchio Kyrgios al secondo turno: ci ha perso 3 volte su 6).

Inglesi e americani dedicheranno i loro spazi principali alla notizia di Andy Murray e Serena Williams che giocheranno il doppio misto insieme. Un matrimonio misto fra convalescenti non ancora guariti. Ma l’invito a nozze c’è tutto: per i tabloid Brit. Puro show-business a uso e consumo dei media? Serena, che era andata a Disneyworld poco prima del Roland Garros facendosi trascinare in sedia a rotelle, ha sofferto contro la nostra adorabile Giulia Gatto-Monticone nel secondo set, facendosi rimontare da 5-2 a 5 pari, e esultando come se avesse vinto il suo ottavo Wimbledon quando è riuscita soffrendo e ansimando ad arrampicarsi al matchpoint (trasformato poi in modo abbastanza rocambolesco).

Serena Williams – Wimbledon 2019 (photo Art Seitz c2019)

Insomma a me non è sembrata nella condizione fisica – prima ancora che atletica – di potersi permettere di giocare singolare e doppio, un giorno dopo l’altro, anche se ha servito nuovamente battute sui 200 km orari che hanno fatto vibrare i polsi della ragazza piemontese. Ma un’ora dopo la conclusione della sua conferenza stampa, e un paio d’ore dopo un selfie fatto con il telefono di Serena (“Io ero troppo emozionata per riuscire a farlo con il mio… mi ha promesso che lo avrebbe messo sul suo Instagram…” ha raccontato Giulia che non dimenticherà mai l’emozione di questo martedì cominciato al mattino con il tour esplicativo per arrivare al centre court senza perdersi nei corridoi della club house), i due team, di Serena e di Andy, si sono sentiti e hanno dato la lieta novella.

Per i tabloid inglesi, ribadisco, questo matrimonio è il miglior invito a nozze dai tempi di Kate (presente ieri nel Royal Box) e William. Il loro Murray potrebbe vincere doppio maschile, con lo specialista Herbert, e doppio misto, cui di solito non partecipano fenomeni. Ma il duo angloamericano troverebbe quest’anno ‘mististi’ particolarmente motivati a… farsi rispettare da Serena.

Io vorrei invece accennare brevemente all’importanza del coach “mentale” nel tennis. Tutt’altro che una novità, ci mancherebbe. Ma in uno sport individuale come il tennis, il sostegno di un team è diventato fondamentale. Forse Martina Navaratilova e Ivan Lendl sono stati i primi a rendersene conto. Ricordate il dottor Haas? Beh quello era soprattutto uno scienziato dell’alimentazione più corretta. Ma c’erano anche implicazioni psicologiche. Jim Lohr è stato un altro medico che ha sostenuto, fra i primi, la necessità di allenare anche il mentale, non solo il corpo, il fisico in palestra. Beh oggi, anzi ormai da tempo, è teoria condivisa. Ma evidentemente ci sono psicologi e psicologi, pazienti e pazienti, più capaci di assorbire e meno.

Mi ha fatto effetto ascoltare Cecchinato dopo l’ennesima sconfitta, e un avvio disastroso. Avrà pronunciato la parola fiducia, e anche sfiducia, non meno di 20 volte. Aveva anche gli occhi spenti. Cinque minuti dopo di lui è venuto il suo giustiziere australiano, De Minaur che non ha fatto che parlare di fiducia, del suo psicologo spagnolo (“Mi segue da 3 anni…”) di come fosse duro quest’anno per lui: Lo scorso anno tutto quel che facevo era un bonus, era solo divertimento e piacere, quest’anno c’erano tante, troppe aspettative, mie per primo ma anche di altri… e così non ho fatto i risultati che tutti si attendevano”.

Beh, se invece che in inglese avesse parlato in italiano, o siciliano, le stesse parole, gli stessi concetti, avrebbe potuto pronunciarli Cecchinato. Cui auguro di venir fuori da questa situazione, magari approfittando dei tre tornei sulla terra rossa in cui si cimenterà.

Il bilancio azzurro a Wimbledon, visto e considerato che si parla di momento d’oro del tennis italiano in questo periodo, non è esaltante: 11 partecipanti, 7 eliminati subito al primo turno fra cui le due ragazze Giorgi e Gatto-Monticone (ma con quale diverso spirito, gioia di vivere e giocare, hanno partecipato e perso!), 4 superstiti, Seppi e Fabbiano che giocano oggi contro Pella e Karlovic, Berrettini e Fognini che hanno sofferto con Bedene e Tiafoe ma alla fine hanno vinto e saranno attesi domani da Baghdatis sull’orlo dell’annunciato ritiro (“Spero proprio che sarà il suo ultimo incontro” ha scherzato Matteo) e dall’ungherese Fucsovics.

In questo momento sembra avere quasi più ansie e aspettative Berrettini che Fognini. “Io vorrei sempre di più…”. Sa benissimo che tutti vorrebbero che arrivasse… almeno (!) agli ottavi di finale con Federer. Ma guai a sottovalutare un Baghdatis, 34 anni, che da 6 settimane si allena come un matto per chiudere in bellezza una carriera che lo ha visto arrivare a n.8 del mondo nel 2006 e raggiungere semifinale e quarti a Wimbledon, finale all’Australian Open e conquistare la reputazione di uno dei migliori ribattitori del mondo. Il tennista di Cipro ha un repertorio dei più vari, non a caso ha battuto tutti i più forti tennisti del mondo (“Tutti salvo che Djokovic, contro il quale sono andato più volte vicino a vincere, ma lui gioca un pochino come me… facendo tutto meglio!”).

Quanto a Fognini beh, Tiafoe era fra i più forti tennisti non compresi tra le teste di serie (insieme a Querrey che ha fatto lo sgambetto a Thiem… ma l’austriaco ha dimostrato di credere poco in se stesso quando ha mollato il quarto set per 6-0. Al n.4 del mondo non dovrebbe succedere). Quanti dei quattro italiani approdati al secondo turno arriveranno anche al terzo? Stavolta ditelo voi e dite anche chi. Vedremo poi chi ci avrà azzeccato. Io non credo al poker, spero nel tris, penso all’ambo, non mi sento di escludere ipotesi più pessimiste.

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