Baghdatis verso l'addio: "Ho un solo rimpianto, vorrei non aver rotto quelle racchette"

Interviste

Baghdatis verso l’addio: “Ho un solo rimpianto, vorrei non aver rotto quelle racchette”

LONDRA – Da Cipro al grande tennis, quindici anni pieni di battaglie e di infortuni. “Sono grato per ciò che ho avuto”. A Wimbledon l’ultimo match potrebbe essere contro un tennista italiano

Pubblicato

il

Marcos Baghdatis - Wimbledon 2018 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

La settimana che precede Wimbledon è piena di un trambusto silenzioso, come quello degli insetti attorno ai fiori. Ha un significato diverso per ogni giocatore e quest’anno ne ha uno particolare per Marcos Baghdatis, seduto a un tavolino da bar in marmo in uno degli angoli in ombra del vasto Hurlingham Club. Trentaquattrenne da pochi giorni, ha scelto l’esibizione del circolo nel cuore di Fulham per preparare quello che sarà l’ultimo torneo della sua carriera da tennista.

“La mia testa gira da una settimana. Ho provato tantissime emozioni, prima dell’annuncio, dopo l’annuncio…” racconta con un sorriso cordiale. “È dura, o forse non è la parola giusta ma insomma, è strano sapere che lunedì o martedì forse giocherò il mio ultimo incontro di tennis. Però per un certo verso non vedo l’ora, perché è una decisione che ho preso io e sono molto entusiasta della vita che mi attenderà dopo”. Molti si aspettavano che Baghdatis avrebbe dato l’addio in Australia, dove nel 2006 raggiunse la sua unica finale Slam, ma con Wimbledon il cipriota ha un legame personale ancora più antico. “È il primo torneo che ho visto in televisione quando ero bambino, la finale tra Agassi e Ivanisevic, nel 1992. E poi non c’è posto migliore, è la storia di questo sport. Sono molto grato della wild card.

Una mezz’ora prima Baghdatis ha dimostrato di poterla convertire in un addio dignitoso, battendo in due set Felix Auger-Aliassime che ora si allena a pochi passi di distanza, circondato dal suo staff e da un paio di fotografi. “È un giocatore incredibile” dice di lui, su qualsiasi altra superficie mi avrebbe lasciato quattro game. L’erba in effetti continua a premiare gli esperti: lo hanno dimostrato da pochi giorni Feliciano Lopez e Roger Federer, due tra i pochi ancora in giro ad essere già nel tennis quando un ragazzone con lo chignon comparve sui radar agli inizi degli anni duemila. “Da allora è cambiato tutto: palle, racchette, campi, tecnologia, medicina”. Baghdatis però non si lascia andare alla nostalgia dei tempi andati. “Come esseri umani cambiamo, ci evolviamo. Che telefoni usavamo quindici anni fa? Il tennis si è evoluto perché lo ha fatto anche la vita. Alcuni hanno saputo adattarsi, altri no, la differenza è quella”.

Il Baghdatis migliore ballò una sola stagione, quella del 2006: raggiunse la finale a Melbourne, la semifinale a Wimbledon, e vinse anche il primo degli appena quattro titoli della sua bacheca, raggiungendo la posizione numero 8 del ranking mondiale. Pur rimanendo in top 100 consecutivamente per oltre un decennio, non riuscì più a ripetere quei risultati. “Di sicuro avrei voluto fare meglio, e avrei potuto fare meglio. Tutti al mondo possono. Ma penso che la cosa più importante sia fare delle scelte. Io ho preso tutte le decisioni nella mia carriera, alcune sono andate benissimo, altre non così tanto, ma non posso che essere grato per ciò che ho avuto. Sono stato nel tour per quindici, sedici anni ed è stata un’avventura stupenda”.

Marcos Baghdatis – Indian Wells 2018(foto via Twitter, @BNPPARIBASOPEN)

C’è stato un solo, vero, grande limite per Baghdatis: il fisico. Schiena, anca, gambe, braccia, caviglie, piedi, dita, nessuna parte del corpo lo ha lasciato in pace. “Ho iniziato presto ad avere tutti questi problemi. A un certo punto avevo perso fiducia, cercavo altri modi per essere contento perché non riuscivo a esserlo col tennis. La felicità la ha trovata nella famiglia, che menziona spesso con grande orgoglio e con la quale ora intende passare più tempo possibile, senza più dover volare da un posto all’altro ogni settimana. Sposato con la collega croata Karolina Sprem, ha due figlie ed è in attesa di un terzo bambino. “Quando mi sono sposato e ho messo su famiglia le mie priorità sono cambiate. La mia vita è andata così, ma non rimpiango nulla. Poi si ferma un attimo e ci ripensa: una cosa c’è.Vorrei non aver rotto quelle quattro racchette agli Australian Open, perché non è l’immagine che volevo dare di me ai ragazzi che guardano il tennis e mi seguono”.

Dal pubblico però è anche arrivata la gioia più grande. “Se la scorsa settimana mi avessi chiesto quale è stato il momento più bello della mia carriera, probabilmente avrei risposto la vittoria contro Federer a Indian Wells. Ma in realtà la sensazione migliore la ho avuta un paio di giorni fa, quando mi sono arrivati tutti i messaggi dei fan. Non pensavo di aver lasciato così tanto, non tanto come tennista quanto come persona. Hanno visto qualcosa nella mia personalità, nel mio sorriso. Penso sia il regalo migliore che un atleta possa ricevere, lasciare qualcosa al proprio sport. Anche molti altri tennisti hanno mostrato il loro affetto a Baghdatis, in pubblico o in privato. “Djokovic mi ha scritto qualcosa di bellissimo, mi ha fatto sentire tutto il calore del suo affetto”.

Baghdatis ha ottenuto una fama impensabile per un atleta proveniente da una nazione così piccola, isolata, povera di mezzi e priva di tradizione tennistica come Cipro. Per inseguire il suo sogno dovette lasciare l’isola a quattordici anni, approfittando di un programma di sviluppo olimpico che lo finanziò permettendogli di andare ad allenarsi all’accademia di Patrick Mouratoglou a Parigi. Lui però ha sempre mantenuto fedeltà alla sua bandiera, fino a raggiungere il record assoluto di vittorie consecutive in Coppa Davis (36). “Mi era stato chiesto di cambiare nazionalità” rivela, “ma non lo avrei mai potuto fare, per nessuna cifra. È ciò che sono, è il posto da cui provengo. Quando partii da ragazzino dovetti lasciare la famiglia e gli amici, e penso che se avessi cambiato nazionalità avrei ferito tutte quelle persone che avevano fatto così tanto per me“.

A Cipro è però tuttora in vigore la leva obbligatoria, dalla quale Baghdatis ha ottenuto soltanto una esenzione temporanea. Secondo la legge, quando la prima delle sue figlie sarà maggiorenne potrebbe essere chiamato a svolgere il servizio militare. “Se arriverà la lettera vedrò cosa fare. Alla mia età non mi sembrerebbe molto naturale andare nell’esercito per sedici mesi. Però sì, sarebbe una bella storia da raccontare. Piuttosto che marciare e sparare, per la sua patria preferirebbe sviluppare qualcosa di relativo al tennis: “Ho dei progetti nella mia città, mi piacerebbe rimanere coinvolto nello sport. Però è una decisione che prenderò a settembre o a ottobre, ora voglio solo godermi un po’ la vita domestica”.

Marcos Baghdatis – Australian Open 2016

La figlia maggiore non ha voluto saperne di seguire le impronte dei genitori, racconta Baghdatis con una risata. Lui però negli ultimi anni ha avuto il modo di parlare spesso con Stefanos Tsitsipas, diventando una delle poche figure di riferimento per il giovane greco nel circuito ATP. “È praticamente mio connazionale, condividiamo la stessa cultura, sono felice di dargli qualunque consiglio che venga dalla mia esperienza. Ho un ottimo rapporto col padre, tutti dicono che è molto esigente ma credo che voglia semplicemente tutto il meglio per suo figlio, e sta facendo un ottimo lavoro”. Se in futuro lo chiamassero a lavorare nel team accetterebbe, ne è certo.

Prima di tutto questo però c’è almeno un incontro da giocare, tra qualche giorno a Wimbledon. Baghdatis per un soffio non concluse la carriera di Andre Agassi, cedendo allo statunitense un’ultima, epica vittoria oggi immortalata nel primo capitolo della sua splendida autobiografia. “Non ho pensato a chi vorrei affrontare io nel mio ultimo match. Mi piacerebbe chiudere su un campo importante aveva detto prima del sorteggio. In finale, magari, vincendo, si era scherzato. L’urna non gli ha voluto dare una mano, neanche dopo il ritiro di Coric che ha modificato il suo avversario di primo turno: Marcos esordirà contro il lucky loser canadese Brayden Schnur, per affrontare eventualmente Berrettini al secondo turno e Schwartzman al terzo. Nessun nome in odore di centre court. “In fondo chiedermi contro chi voglio finire la carriera vuol dire chiedermi contro chi voglio perdere, e a questo punto non ha davvero importanza. Farò del mio meglio e spero che vada tutto bene”. Nell’Odissea di Marcos Baghdatis manca ancora una battaglia, prima del ritorno a casa.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement