Jannik Sinner: "Nell'ultimo anno sono cresciuto tanto. Ragazze? La mia vita privata voglio tenerla privata"

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Jannik Sinner: “Nell’ultimo anno sono cresciuto tanto. Ragazze? La mia vita privata voglio tenerla privata”

“Se sto o no insieme ad una ragazza non lo metterò mai sui social” – ha spiegato Sinner. “Sono un mezzo per lo sport che faccio, non per la mia vita privata”

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Jannik Sinner - US Open 2023 (foto Pete Staples/USTA)
 

Sorteggiato il tabellone maschile dello US Open, gli occhi sono immediatamente ricaduti su un possibile remake della super-sfida tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Un anno fa, sempre nei quarti e sempre a New York, fu lo spagnolo ad imporsi dopo cinque ore e un quarto leggendarie, andando poi a vincere il suo primo Grande Slam pochi giorni più tardi. In dodici mesi sono cambiate tante cose, eppure nel 2023 lo scontro tra i due potrebbe nuovamente essere realtà: in palio ci sarebbe nuovamente un posto in una semifinale Slam.

E dire che, però, il viaggio di Jannik parte da molto lontano. Dopo aver scelto di accantonare lo sci in favore del tennis, a 13 anni Sinner prenderà una decisione molto coraggiosa per un ragazzo di quell’età: andare via di casa. La destinazione è Bordighera, circa 650 chilometri più ad ovest rispetto alla sua abitazione: man mano che ci avvicinavamo alla Liguria cominciai a piangere– racconta l’attuale n°1 d’Italia in una bella intervista a La Repubblica.

“Quel viaggio… i bagagli, la macchina… Non ebbi dubbi, ma mi dispiaceva lasciare i miei genitori” – spiega l’altoatesino. “Quando i miei ripartirono li vidi preoccupati, così ogni venti minuti li chiamavo per dir loro che era tutto a posto. I primi tre, quattro giorni furono davvero duri, poi cominciai ad adattarmi, anche molto velocemente: imparai a far la spesa, la lavatrice, le cose semplici che servono per sopravvivere. Mi adattai come faccio in campo, no?”

Quella di Sinner è una strada certamente non convenzionale, percorsa da un ragazzo che si è avvicinato al tennis molto tardi rispetto a quasi tutti i suoi colleghi. “Sono contento del percorso che ho fatto, credo che non avrei potuto fare cosa migliore. Non mi riferisco solo ai risultati ma anche come persona, e credo forse conti un po’ di più dei risultati che sto raggiungendo. Sono felice di come mi hanno fatto crescere i miei genitori, questa è la cosa più importante”.

Un percorso che, a soli 22 anni, lo ha portato al n°6 ATP, a soli 145 punti dal quarto posto. “Non abbiamo mai programmato la scalata del ranking” – ha però confessato Jannik. “Credo di essere cresciuto tantissimo, soprattutto quest’ultimo anno: abbiamo fatto tante cose in modo diverso, investito nella parte fisica, ma anche in quella squisitamente tecnica, perché ho tante cose in cui devo crescere e lo sappiamo. Abbiamo lavorato tanto sul servizio, ma stiamo cambiando anche altre due, tre cosine. Ma la cosa più importante ora è lavorare tanto, in qualità e quantità. Poi, certo, sono numero sei del mondo ed è un ottimo risultato”.

Dopo aver conquistato a Toronto il suo primo Masters1000, l’azzurro ha avuto modo di preparare bene lo US Open, anche per via della prematura uscita di scena da Cincinnati. Il team è nuovamente al completo, dai due coach Vagnozzi e Cahill fino a Giacomo Naldi (fisioterapista) e Umberto Ferrara (preparatore atletico). Una sorta di vera e propria squadra che, come sempre accade nel tennis, dipende molto dai risultati del giocatore, a tutti gli effetti un vero e proprio datore di lavoro. Secondo Jannik, però, quando sei giovane non lo puoi capire.

Questo il pensiero di Sinner: A questa età pensi totalmente ad altre cose e ascolti. Io ero bravo ad ascoltare e lo sono ancora: ascolto i consigli tecnici e provo a realizzarli subito. Forse questo mi ha portato dove sono ora. Certo, anche nell’altro senso ora le cose un pochettino sono cambiate. C’è più confronto e, quando non capisco una cosa, ho voce in capitolo. C’è un confronto per trovare una soluzione giusta. Ora siamo tutti sulla stessa linea, cioè siamo una squadra: il fisioterapista, il preparatore, poi i due tecnici Darren Cahill e Simone Vagnozzi. Quando c’è un dubbio su cui discutere si parla tutti insieme, e insieme si mettono tutte le cose: quella è la nostra forza, il segreto del team”.

Un gruppo di persone che, viaggiando così tanto insieme, finisce spesso per diventare una seconda famiglia. Tra le altre attività, pare che il burraco – gioco di carte molto comune in Liguria – sia una tra le più diffuse. Con un vincitore che, però, è sempre lo stesso: Giacomo (Naldi, il fisioterapista, ndr) è ingiocabile, troppo forte: prende sempre la carta giusta. Darren invece ha sfiga, non la prende mai. Io sono una via di mezzo. Ma Simone è il peggio, come anche un po’ Umberto (Ferrara, il preparatore atletio, ndr)”.

Proprio Ferrara è diventato una figura chiave all’interno del team: “Nella mia testa sta diventando sempre più importante quella parte lì. Mi sto rendendo conto che il tennis è sempre più fisico e ora ci metto anche più qualità e i miglioramenti fisici si vedono: sono molto meno stanco dopo scambi lunghi.

Vedremo, dunque, come arriverà il n°1 d’Italia allo US Open. Un torneo per cui ci sono grandi aspettative, come ormai tutti quelli in cui c’è Sinner da diverso tempo a questa parte, ma anche pieno di potenziali insidie. La fama e la notorietà, tuttavia, non hanno dato alla testa a Jannik, che non vede in lui grandi cambiamenti a livello personale. “Sono sempre uguale, come persona, ho le mie passioni: ora mi piace giocare a golf, e poi mi piacciono tantissimo le macchine. Il mio vero e unico regalo, è stata una Alpine. Ma non per farmi vedere in giro, credo di essere un ragazzo normale. Dentro di me ci sono i dubbi, mi pongo domande, mi incavolo e rosico quando non risolvo subito perché io sono uno che vuol fare le cose subito”.

Viene da chiedersi anche in quale lingua si arrabbi l’altoatesino, domanda a cui lui stesso non esita a rispondere: da quando ho 13 anni tutti i miei ragionamenti sono in italiano, ormai faccio fatica in tedesco”. L’unica occasione in cui rimane la lingua tedesca è, talvolta, insieme agli amici (quelli veri), con cui si parla un misto di idiomi. “Gli amici veri sono quelli dei tempi della scuola, sono gli amici che mi conoscono da sempre e per loro non è importante se sono il numero 6 o 6000. Sono come fratelli, li sento tutti i giorni e quando ho bisogno di parlare loro qualche volta restano svegli anche la notte ad aspettarmi, come faccio io se qualcuno di loro ha bisogno. Per me l’amicizia è più importante che giocare una partita. Gli amici ti dicono le parole giuste: mi ricordano da dove sono partito, ti tengono su quando sei nella merda. Per me l’amicizia vuol dire tanto”.

L’ultimo argomento affrontato da Sinner nella lunga intervista a La Repubblica riguarda le relazioni e il suo rapporto con i social, in cui sottolinea ancora una volta la sua posizione, già nota da tempo. “Se sto o no insieme ad una ragazza non lo metterò mai sui social, perché la mia vita privata voglio tenerla privata. Non ho bisogno di mettere una foto domattina per far vedere a tutti che sono fidanzato, o che non lo sono. I social sono un mezzo per lo sport che faccio, non per la mia vita privata. Non ho mai postato una foto con i miei genitori, forse con mio fratello una volta. Non voglio rispondere, perché sennò ricomincia il can can”.

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