Mentre la stagione 2024 già si avvicina, individuiamo alcuni momenti speciali dell’annata appena conclusa: cinque storie avvincenti, di qualità e con qualche significato specifico che ce li fa preferire a fortunatamente diversi altri degni di un “mi ritorni in mente”. Proviamo a raccontare in breve un pokerissimo di partite degne di nota riportandone almeno un segno caratteristico o una riflessione.
Roland Garros, semifinale:
K. Muchova b. [2] A. Sabalenka 7-6(5) 6-7(5) 7-5
La tennista ceca è in crescita costante nel 2023 e, senza più gli acciacchi che ne hanno influenzato alcuni momenti della carriera, sferra l’attacco alla numero due del ranking sul Campo Centrale di Parigi. Il suo tennis elegante e ricco di variazioni erode le certezze di granito della Tigre di Minsk e la costringe alla resa dopo tre ore e tredici minuti di grande equilibrio e di contrasto di stili. Muchova comincia rallentando il ritmo e cercando di muovere la rivale, che quando trova la pallina con l’assetto migliore spinge come nessuna collega è capace.
Un tie-break per parte: nel primo set Karolina serve per chiudere il parziale in suo favore sul 5-4 ma perde l’attimo propizio, che ritrova sul 6-5 del tredicesimo gioco con un rovescio lungolinea perfetto. Nel secondo set è Sabalenka che torna regale in risposta e strappa il servizio all’avversaria con un uncino di dritto incrociato che rende vana ogni rincorsa. Muchova ristabilisce le distanze riannodando i fili della trama pregiata del suo tennis e riprende a muovere Aryna, che restituisce il vantaggio. Lo shootout è però della bielorussa e all’inizio del set decisivo la favorita è di nuovo lei.
Ecco infatti la testa di serie numero due scappare sul 5-2 con un rovescio incrociato bellissimo. La ceca accusa un calo fisico che pare definitivo; invece Muchova, gabellata per tennista tutt’altro che combattiva, annulla un matchpoint sul 2-5 con un dritto a sventaglio da sinistra a destra. La soluzione apre la via a una rimonta irresistibile che culmina con un game vinto a zero. Quarantaquattro vincenti a trentotto per chi ha perso, ma Sabalenka ha pagato con 53 errori lo sforzo speso per cercare la fuga dalle geometrie della neofinalista. Muchova con il 65% di punti vinti con la seconda palla e con cinque break conquistati su altrettante occasioni. Per Sabalenka un quattro su tredici per lei inadeguato considerando la qualità della sua risposta. Muchova, come è noto, perderà la finale con Swiatek, ma solo dopo che Iga sarà risalita da 3-4 con un break di svantaggio nel set decisivo.
Da ricordare perché: il violino, se suonato bene, può fare più male della mazza da baseball.
Indian Wells, ottavi di finale:
[15] P. Kvitova b. [3] J. Pegula 6-2 3-6 7-6(11)
Nell’anno che la vede salire all’altare con il suo coach fidanzato, Petra Kvitova non dimentica il tennis. Applausi per la magia di un tie-break straordinario al termine del set decisivo e la calorosa stretta di mano tra le due contendenti; prima di arrivare a tanto si apprezza il ritorno a un livello di eccellenza del pressing della due volte campionessa di Wimbledon che si è messa alle spalle un 2022 miserello (solo un titolo, a Eastbourne, e discesa fino alla posizione numero 34) e che affonda ora con entrambi i fondamentali delle sciabolate insostenibili.
Perso il primo parziale per 6-2, Pegula chiede al proprio servizio i punti per allungare la sfida e aspettare un calo atletico della ragazzona di Bilovec; li ottiene e può così sfruttare un passaggio a vuoto con la prima palla della rivale e cogliere il break cruciale sul 4-3. La frazione decisiva vede la ceca perdere il dritto per cinque minuti e cedere subito la battuta; Petra cerca nuove soluzioni anche a rete, ritorna in parità ma di nuovo viene tradita dal servizio. Pegula rimanda tutto strenuamente e sul 5-4 ha una prima palla-match, che la rivale cancella con il dritto.
Arriva il break del 5-5 ma ancora Pegula toglie il servizio all’avversaria; nemmeno questa volta le riesce di chiudere il match e tutto viene rimandato al tie-break. Durante il duello finale è incredibile la combattività della ceca, che commette diversi errori ma non si ferma mai a recriminare e pone assoluta fiducia nel proprio forcing. Kvitova annulla con strenuo coraggio altri tre matchpoint senza mai decelerare con il suo forehand e sottolineando le imprese con le ormai classiche urla di battaglia. Sul 12-11 la ceca chiude infine con una volée di rovescio: Petra uscirà al turno successivo contro Maria Sakkari ma il pieno di fiducia sarà per lei essenziale nella conquista del titolo due settimane dopo a Miami.
Da ricordare perché: non importa quante volte sbagli se sei sempre pronto a riprovarci.
Wimbledon, quarti di finale:
[WC] E. Svitolina b. [1] I. Swiatek 7-5 6-7(5) 6-2
Elina Svitolina da aprile a settembre sale dalla posizione 1088 alla 26: non può essere che lei il “ritorno dell’anno”. Nei suoi sei mesi ruggenti, la campionessa ucraina vince Strasburgo e a Wimbledon arriva a oltraggiare la numero uno del mondo Iga Swiatek, tornando in semifinale dopo quattro anni e riassaporando atmosfere che parevano perdute e con le quali ritrova magicamente subitanea familiarità. Mai troppo a suo agio sui prati, la polacca procede a strappi: trova subito la via del break, lo restituisce per poi togliere nuovamente il servizio alla rivale.
Sul 5-3 0-30 sul servizio della wild card di Odessa, le cose sembrano essersi messe sul sereno stabile per la favorita, ma ecco Iga cedere quattro game di fila: Elina la sollecita puntualmente sul dritto, colpo fondamentale per aprire le difese avversarie ma non di rado difettoso se posto sotto costante pressione. Di nuovo nel secondo parziale Swiatek prova la fuga con un break nel terzo gioco, ma ancora con lucidità e coraggio Svitolina ribadisce la propria superiorità sulla diagonale dei drive. Al tie-break per l’ucraina c’è il 4-1 ma alla tennista di Varsavia riesce il ribaltone, paradossalmente proprio con il suo colpo meno sicuro.
Nella terza frazione Svitolina esce vincitrice da un secondo game durissimo e spettacolare, mantenendo la battuta; Iga accusa lo scorno e cede il servizio di fronte alla rivale che arremba la metà campo opposta con almeno due risposte vincenti. Da qui Elina cresce concedendosi chop di velluto bassissimi mentre Iga progressivamente sparisce, trovando il secondo game del set solo sul 5-1. Il game successivo sancisce la sorpresa: questo almeno se guardiamo il ranking, dal momento che il campo ha finito per dare pienamente ragione alla bionda campionessa del Foro 2017 e 2018.
Da ricordare perché: l’istinto è l’ultima qualità che abbandona i campioni, anche quando non sono più al vertice.
Roma, quarti di finale:
[30] A. Kalinina b. [12] B. Haddad Maia 6-7(2) 7-6(6) 6-3
Qui non troviamo nessun nome altisonante, sperando ovviamente di non urtare la suscettibilità dell’atleta paulista, anche perché a vincere non sarà lei. In una notte di primavera al Foro Italico comincia a prendere corpo il sogno di Anhelina Kalinina, ventiseienne ucraina dotata di buona costanza ma normalmente priva di picchi. L’apice delle sue gesta arriva proprio a Roma, dove solo un problema muscolare le proibirà di portare a termine la finale contro Elena Rybakina.
Tre ore e quarantuno minuti: il match più lungo dell’anno vede l’atleta europea salire 5-2 e servizio con Haddad Maia che non riesce fin lì a trovare il filo del gioco contro le geometrie perfette della rivale. Sull’orlo del… setpoint però la brasiliana reagisce e forza la contesa al tredicesimo gioco, che vince con le sue accelerazioni anticipate che sembrano indirizzare chiaramente in suo favore la sfida. Kalinina riparte nel secondo parziale con un nuovo break, vantaggio che finisce per dissipare presto; questo però non le impedisce, a dispetto del suo atteggiamento pacato e quasi dimesso, di sfoderare insospettabili dosi-extra di grinta e determinazione.
L’ucraina ha un setpoint sul 6-5 che manca con un rovescio in cross che oltrepassa la linea del corridoio ma centra il successo nel tie-break al quattordicesimo punto, circostanza che festeggia con una mini-esultanza a pugni sommessamente alzati. Nel parziale decisivo arriva la prorompente reazione della più titolata rivale: la sudamericana si porta in breve tempo sul 3-0, ma da quel momento in poi accusa un crollo e subisce uno 0-6 che manda in visibilio il pubblico. Vince Anhelina: abbraccio finale tre le duellanti esauste e l’ucraina ringrazia la folla sciogliendosi in lacrime. Roma rimarrà per lei l’ultimo momento degno di nota prima di una seconda parte di stagione piuttosto anonima.
Da ricordare perché: la classe operaia tennistica va (quasi) in paradiso.
Doha, quarti di finale:
[5] M. Sakkari b. [3] C. Garcia 6-2 6-7(5) 7-6(5)
La prima inizia la stagione come numero sei del ranking e la termina tre gradini più in basso; la seconda passa dalla quarta sedia alla ventesima. Un solo titolo in due, Guadalajara per Maria, un Master 1000 vinto contro Dolehide, avversario fuori dalla top 100. Numeri che testimoniano di un’annata deludente per entrambe.
Eppure, a febbraio le ragazze in Qatar hanno dato il meglio del loro gioco per superarsi l’un l’altra in un carosello entusiasmante di punti vincenti, difese e risposte, discese a rete e passanti. Dopo un rapido primo set con Sakkari che non sbaglia nulla e mortifica le velleità in risposta della francese con un buonissimo rendimento alla battuta, per i due parziali successivo l’equilibrio verrà rotto solo dai fatidici tie-break (lo dice il nome stesso…).
Garcia si muove meglio e prende finalmente ad accelerare con entrambi i fondamentali; ripulisce i turni di battuta dai quattro doppi falli della prima frazione e comincia a muoversi in verticale. Comincia infatti a familiarizzare con i sentieri che la portano nella zona del net, molto stretti e impervi durante la prima mezz’ora di gioco e ora piùcomodi e produttivi; a suon di risposte profonde mette alle corde l’atleta ateniese, conquistando tre palle-break, una delle quali sul 5-4 in proprio favore. Maria però sta benissimo fisicamente e copre il campo a meraviglia, raccogliendo tutto quanto sta per rimbalzare a costo quasi di strisciare e tramutandolo in passanti o lobbettini maligni.
Lo jeu decisif se lo aggiudica con merito la campionessa delle Finals 2022 con una bellissima demi-volée di dritto e lo spettacolo continua nella “bella” poco dopo. Il tema non cambia e il contrasto di stili rende divertente oltreché appassionante la contesa; Garcia dà l’impressione di potercela fare per via delle superiori capacità di accelerazione, ma Sakkari non si risparmia mai e non regala alcunché. Il secondo tie-break si decide su pochi dettagli e premia lo sforzo costante della tennista greca, mai doma e sempre paziente nel rincorrere e riaprire il gioco dopo una sfuriata della rivale. In semifinale Maria cederà a Jessica Pegula.
Da ricordare perché: sia di buon auspicio per il ritorno di questo binomio tra le primissime.