Wawrinka, il vassallo ribelle di re Federer (Grassia). I campionissimi del tennis si sono rifugiati a Montecarlo (Plazzotta)

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Wawrinka, il vassallo ribelle di re Federer (Grassia). I campionissimi del tennis si sono rifugiati a Montecarlo (Plazzotta)

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Wawrinka, il vassallo ribelle di re Federer (Filippo Grassia, Il Giornale)

Un tatuaggio può cambiare la vita di un uomo, nel nostro caso la carriera d’un tennista. Il giorno che perse a Indian Wells con un malconcio Federer perl’ennesima volta, poco più d’un anno fa, Stanislas Wawrinka si fece tatuare sul braccio sinistro una frase di Samuel Beckett: «Ho provato. Ho sempre fallito. Non importa. Prova ancora. Fallirò meglio». Sembrava il segno d’una resa, quasi la presa di coscienza d’un destino crudele, lui svizzero come Re Roger, ma di lui vassallo. In soldoni il simbolo d’un uomo che fino a quel momento aveva vinto solo 4 tornei, neanche importanti, e fallito proprio nelle settimane precedenti tre appuntamenti che avrebbero potuto imprimere una svolta alla sua storia sportiva. Era proprio iniziato male il 2013.

A Melbourne aveva lasciato strada negli ottavi dell’Australian Open a Djokovic dopo una battaglia protrattasi per oltre cinque ore e finita 12-10 al quinto. Con la beffa che avrebbe potuto servire per il match se un suo pallonetto non fosse stato giudicato ingiustamente fuori senza più avere la possibilità di aggrapparsi all’occhio di falco. «La mia miglior partita», disse in conferenza stampa fra le lacrime. A distanza di due settimane un altro colpo da ko nel primo turno di Coppa Davis. In coppia con Chiudinelli (Federer aveva dato forfait) perse il punto decisivo al termine di una partita infinita che Berdych e Rosol si aggiudicarono per 24-22, logicamente al quinto, allo scoccare della settima ora. Qualche giorno più tardi arrivò anche la mazzata a Indian Wells. Uno sfigato, a usare una parola per niente nobile, ma esaustiva. Invece no.

Stanislas Wawrinka, 29 anni compiuti a marzo, ha trovato dentro di sé la forza per risorgere e infrangere l’area riservata ai “fabolous four”. Eccolo trionfare a Chennai. Eccolo soprattutto portare a casa uno slam battendo nell’ultima finale dell’Australian Open Rafa Nadal al quale in passato non era riuscito a strappare neanche un set. Ed eccolo sfatare il tabù di Federer lasciandogli gli spiccioli nella finale di Montecarlo e battendolo per la seconda volta in 15 incroci. Guarda caso la prima risaliva agli ottavi di Montecarlo 2009. A fine partita, Roger l’ha abbracciato da fratello maggiore: «Hai giocato meglio di me». Ad applaudirlo con particolare gioia la moglie Ilham Vuilloud e il coach Magnus Norman.

Se quest’ultimo è riuscito nell’impresa di rafforzarne la tenuta mentale («Non hai niente da invidiare a Nadal, Djokovic, Federer e Murray. Di rovescio sei il migliore al mondo»), la prima ha avuto la forza di aspettarlo dopo un anno di separazione… tennistica. Già perché, a capodanno del 2010, Stanislas le disse che sarebbe andato a vivere per conto proprio: «Il tennis è la mia priorità e al tennis devo dedicare tutto me stesso nei 4-5 anni di carriera che mi restano». Un’altra lo avrebbe mandato a quel paese. Al contrario Ilham, di dieci anni più grande, ex presentatrice della tv svizzera, l’ha aspettato. In fondo non aveva una donna per rivale, ma una racchetta. Beh, i risultati sono arrivati (…)

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I campionissimi del tennis si sono rifugiati a Montecarlo (Claudio Plazzotta, Italia Oggi)

Si è appena concluso il torneo di tennis di Monte Carlo. Che, per molti tennisti, significa giocare a casa. Risiedono nel Principato, infatti, il numero 2 delle classifiche Atp, il serbo Novak Djokovic, e poi il numero 6 ceco Tomas Berdych, il 9 canadese Milos Raonic, il 22 ucraino Alexandr Dolgopolov, il 27 croato Marin Cilic, il 41 ceco Radek Stepanek e il 71 australiano Bernard Tomic. Anche l’italiano Simone Bolelli, attuale 332 del ranking mondiale, abita a Monaco. Potrebbe sembrare una esagerazione, visto il calibro del personaggio. Tuttavia il tennista bolognese, in carriera, ha vinto un bel gruzzolo: in soli montepremi circa 2,6 milioni di euro. E per diventare residenti a Monte Carlo non bisogna necessariamente essere sceicchi: è sufficiente aprire un conto corrente in una banca locale, su cui versare almeno 500 mila euro, e avere una casa, di proprietà o in affitto, dove abitare con stabilità.

Questo basta per non pagare le tasse sul reddito delle persone fisiche. Che, sommato ai 300 giorni di sole all’anno, fa del Principato uno dei posti più ambiti dai campioni della racchetta. Pure tre tenniste delle prime quindici della classifica Wta femminile (la 4 bielorussa Victoria Azarenka, la 6 ceca Petra Kvitova e la 15 danese Caroline Wozniacki) risiedono da quelle parti. L’altra nazione che esercita una attrazione incredibile sul circuito tennistico è la Svizzera. Ci risiedono il numero 3 e il 4 del ranking, Stanislas Wawrinka e Roger Federer (freschi finalisti a Monte Carlo): ma loro sono svizzeri e perciò non c’è nulla di strano. Hanno invece trasferito nei cantoni elvetici la loro residenza quasi tutti i più forti giocatori francesi: 1’11 Richard Gasquet, il 12 Jo-Wilfried Tsonga, il 24 Gael Monfils, il 28 Gilles Simon, il 47 Julien Benneteau.

Motivo? In Svizzera ci si accorda con il cantone in cui si va a risiedere, pagando una tassa fissa annuale calcolata sul tenore di vita e non sui redditi personali. Così, fa, per esempio, pure la serba Ana Ivanovic, numero 12 del ranking. La numero 13, l’italiana Flavia Pennetta, invece, dopo qualche anno di residenza svizzera, ha da pochi mesi preferito tornare a vivere nella sua città natale: Brindisi. Iniziano a diventare paradisi fiscali interessanti, tennisticamente parlando, anche le Bahamas, dove abitano il 29 canadese Vasek Pospisil e il 42 australiano (ex numero 1) Lleyton Hewitt, e pure Dubai, in cui è residente la serba numero 8 al mondo Jelena Jankovic.

Qualcuno potrebbe storcere il naso per queste politiche di gestione fiscale. Ma, pensandoci bene, il senso generale di pagare le tasse è per contribuire ai servizi di cui uno gode nel momento in cui abita e vive in un luogo. I tennisti, invece, passano tutto l’anno in giro per il mondo, non godono, quindi, di tali servizi, e pagano già le imposte in ciascuna nazione sui montepremi vinti: è abbastanza logico, quindi, che vadano a cercare un luogo di residenza magari anche piacevole (vedi Monte Carlo) e dove il fisco sia soprattutto poco vorace (…)

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