Focus
Ragazze, occhio alla smorzata!

TENNIS – Alcune considerazioni sulla smorzata nel tennis femminile, colpo prezioso ma forse non sfruttato abbastanza dalle tenniste. Anche se non mancano le eccezioni.
Colpo micidiale eppure perla alquanto rara nell’universo del tennis femminile. Eh già, nell’era del grunting et del bum bum in rosa, la tanto delicata quanto velenosa smorzata è un’arma ancora sottovalutata dalle regine della racchetta. Ed è un peccato perché, oltre ad essere un colpo che, se eseguito ad hoc, procura quasi certamente il punto, permette comunque di spezzare il ritmo all’avversaria, di farla sbagliare in caso di recupero e di toglierle davvero molte energie. Beh, talvolta viene usata, ma non con la frequenza che le spetterebbe. Diciamo che la smorzata non è un cibo proprio alla portata di tutti: non tutte le “cuoche” del tanto variegato menu del tennis sono adatte a cimentarsi nella ricetta del drop shot. Perché ci vuole la mano. E che mano ! Non una qualsiasi, ma una che si avveri particolarmente abile, sensibile, talentuosa. Il drop shot dunque è una pietanza raffinatissima per chi riesce a servirla come si deve, ma che risulta poi estremamente amara ed indigesta per chi all’improvviso se la vede scodellata a pochi centimetri dalla rete e deve farsi una corsa a perdifiato per andare a prenderla.
La palla corta non è una scelta facile : innanzitutto bisogna essere psicologicamente “disposti” ad eseguirla, dando prova di un sangue freddo e coraggio superiori all’avversario. Ma non solo. È ancora più apprezzata quando la si effettua nei momenti più difficili del match, nei punti chiave per vincere o salvarsi dalla sconfitta. Inoltre, l’esecuzione della smorzata è alquanto complessa. È necessario arrivare sulla palla con una coordinazione perfetta, né troppo lontani né troppo addosso. Il colpo si prepara come un normale dritto o rovescio ma poi, nella seconda parte, si cambia rapidamente e bisogna dirigere il braccio dall’alto verso il basso in direzione obliqua, come se si effettuasse un taglio, con il piatto della racchetta rivolto verso l’alto che “accarezza” la palla. Per questo è fondamentale piegarsi sulle gambe, proprio per non rischiare di affossare la palla a rete e per poterle dare una certa spinta. Nella parte finale dell’esecuzione, è necessario accompagnare lentamente la racchetta con il braccio ben teso per calibrare al meglio l’impatto e, con il polso, dare il tocco finale per posizionare e al tempo stesso bloccare la palla. Questo permette inoltre di tirarla su in caso di recupero in extremis e controsmorzata.
È noto a tutti ovviamente che la superficie ideale per mettere in atto tale colpo è la terra rossa, sulla quale la palla rimbalza di meno rispetto alle superfici veloci.
Ora molto spesso, la rapidità e la frenesia degli scambi obbligano i giocatori ad eseguire i colpi in modo non proprio convenzionale (saltando o indietreggiando). Questo accade anche nella smorzata e l’abilità dei tennisti professionisti è tale da produrre comunque un colpo efficace seppure con un gesto atletico portato agli estremi.
Un altro elemento fondamentale, soprattutto in ambito femminile, è saper “servire” la palla corta quando l’avversaria si trova nella posizione più scomoda, cioè molto lontana dalla rete, nei pressi o oltre la linea di fondo. Nel caso in cui l’avversaria riesca a rimandare di là la palla, l’ideale è poi rifarle fare una gran corsa indietro grazie al pallonetto. Le corse provocate dall’accoppiata vincente smorzata/pallonetto lasciano senza fiato e infliggono un duro colpo alla freschezza delle gambe.
Nel tennis di oggi la smorzata è una soluzione alla quale sia i giocatori che le giocatrici non ricorrono molto. Certo, i tennisti, pur dedicandosi negli ultimi decenni ad un tennis molto più potente, atletico e da fondo, se ne servono più spesso rispetto alle loro colleghe e, in un incontro di tennis maschile, non è poi così raro vedere la palla corta. Inutile dirlo, per la smorzata in campo maschile il maestro è ancora lui, Roger Federer. Le palle corte dello svizzero sono, ormai da alcuni anni, una vera perfezione, che si tratti di quella di diritto, di rovescio o incrociata. Ma la più perfetta, è senza dubbio quella fintata. Nessuno sa nasconderla come Roger che, preparandola come se fosse un dritto o un rovescio esplosivi, all’ultimo momento cambia il movimento e la “appoggia” a pochi centimetri al di là della rete, precisa e implacabile. Naturalmente, oltre a Federer, potremmo citare altri esempi di grande savoir faire come Dolgopolov, Murray, Gasquet, ecc.
Per quanto riguarda il tennis femminile, il cui gioco, come per gli uomini, è diventato molto più fisico, più atletico e potente rispetto al passato, le sue protagoniste prediligono sempre più gli scambi dal ritmo serrato, al fulmicotone, con schemi geometrici sempre uguali e ben preparati da fondo. Questo fenomeno si è sviluppato già da parecchio tempo ma si è esteso ancora di più soprattutto negli ultimi anni. Dopo il ritiro di tenniste come la Hingis, la Mauresmo e la Henin (solo per citarne alcune), dotate di un braccio che riusciva ad impreziosire il loro repertorio con soluzioni di tocco e fantasia, oggi non sono molte le tenniste disposte ad uscire dallo schema del bombardamento da fondo e particolarmente dotate di quella sensibilità di palla necessaria per facilitare l’esecuzione e l’esito di colpi come la demi-volé o la smorzata.
Detto questo, non dobbiamo comunque dimenticare che tra le tenniste dell’epoca attuale, ce ne sono alcune che hanno fatto della palla corta una delle loro armi vincenti e la risoluzione preziosa nei momenti importanti dei loro match. Maestra indiscussa del drop-shot oggi è la polacca Agnieszka Radwanska. Anche se il suo ultimo Australian Open è stato al di sotto delle aspettative (Agnieszka ha infatti perso ai quarti da una devastante Li Na), ciò non toglie che per Aga la smorzata sia diventata ormai un vero fiore all’occhiello e marchio distintivo della sua grande sensibilità di palla. Ne fa continuamente: in avanzamento, a metà campo, certo, ma anche lontana dalla rete, a volte perfino oltre la linea di fondo, all’improvviso, quando l’avversaria non se l’aspetta e si trova ovviamente in posizione scomoda.
Per citarne alcune, ricordiamo, ad esempio, una di quelle eseguite proprio a Melbourne una decina di giorni fa contro Heather Watson. Senza attendere, nel primo 15 dell’incontro, la polacca sferra da fondo una smorzata micidiale, seguita da un pallonetto altrettanto micidiale che spiazza definitivmente la giovane britannica. In effetti, già qualche anno fa, prima di imporsi come una delle migliori del ranking, la Radwanska era già un asso della palla corta : ricordiamo un incontro a Doha nel 2008 contro Dominika Cibulkova. Un drop shot, improvviso e tagliente, viene recuperato in extremis dalla slovacca; Aga rimanda indietro l’avversaria con un pallonetto calibratissimo per poi rifare, subito dopo, un altro drop-shot, addirittura da oltre la linea di fondo, impeccabile e velenosissimo che annichilisce definitivamente Dominika. Il gesto della smorzata da parte della polacca è perfetto, sembra il più naturale e il più facile del mondo tanto l’esecuzione è fluida e coordinata. Contro Maria Sharapova, durante i quarti di finale del torneo di Toronto nel 2009, Agnieszka fa un’altra palla corta memorabile. La russa la recupera e poi si aggiudicherà lo scambio; tuttavia, la smorzata di Aga è talmente repentina e micidiale che Masha, al momento di scattare come una freccia per andare a prenderla, urla disperata un eloquentissimo “Oh my God!”.
Anche in casa Italia le nostre giocatrici non scherzano in quanto a predisposizione per la palla corta. La Schiavone e le nostre neo campionesse “australiane” Errani e Vinci sono abilissime con il drop-shot, se si considera anche il fatto che giocano particolarmente bene sulla terra rossa, la superficie ideale per la palla corta. Per quanto riguarda Francesca (anche se ultimamente le vittorie si fanno desiderare), la sua bravura nel variare il gioco è nota a tutti e la milanese deve la sua bella carriera, nonché i suoi meravigliosi successi a Parigi, anche alle tante splendide smorzate che hanno fatto “piangere” giocatrici scattanti come la Stosur, la Wozniacki, la Kirilenko e la Kuznetsova. Ma anche Roberta Vinci e Sara Errani non sono affatto da meno. Anzi.
Quanti punti preziosi ha intascato Saretta proprio con la smorzata e le variazioni di ritmo nel suo fantastico 2012 ! E proprio spezzando il ritmo degli scambi ha tentato di mettere in difficoltà Maria Sharapova in finale quest’anno al Roland Garros. Sara, e la stessa Aga, sono state protagoniste di uno splendido scambio di drop shot quest’anno a Istanbul, aggiudicatosi dalla polacca che, in corsa e lavorando di polso, ha piazzato in modo chiurirgico una smorzata incrociata sorprendendo l’azzurra. Infine, la tennista che riesce a realizzare le più belle smorzate dal punto di vista estetico e tecnico mi sembra sia Roberta Vinci. La tarantina si distingue da tante colleghe soprattutto per la grande sensibilità della mano, che le permette di sfoderare colpi sopraffini e palle corte mozzafiato. Deliziosa, ad esempio, quella “servita” a Vika Azarenka al torneo di Tokyo 2012 : per uscire dalla rete di fucilate tessuta dall’Azerenka, Roberta interrompe all’improvviso lo scambio da fondocampo con un drop shot impeccabile e raggelante. Con il braccio ben teso, dall’alto verso il basso, con un coordinazione impeccabile ed elegante, infligge un taglio netto alla palla che muore poco distante oltre la rete, lasciando immobile la bielorussa.
C’è da dire che alle tenniste con il rovescio ad una mano risulta forse più naturale e più facile eseguire la palla corta, soprattutto di rovescio.
Tuttavia, giocatrici dal rovescio bimane possono essere altrettanto abili nel proporre le smorzate, riuscendo a staccare la mano e ad eseguire il colpo con un timing perfetto. Pensiamo ad atlete come la sempreverde giapponese Kimiko Date-Krumm. A 42 anni gioca e si muove come una gazzella; si tratta di una giocatrice abile soprattutto nel gioco d’attacco e dotata di un ottimo braccio, sempre pronta a sorprendere l’avversaria e a spezzarle il ritmo. Anche Anna Kournikova, quando giocava, era capace di smorzare in modo decisamente riuscito, per non parlare di Kim Cljsters, Vika Azarenka e tante altre. Altre tenniste, invece, nonostante le loro grandi doti caratteriali, tecniche e atletiche rivelano una mano poco adatta al gioco di fioretto. Ad esempio, Marion Bartoli e, per certi aspetti, anche Caroline Wozniacki e la stessa Maria Sharapova sono tra queste ma, ripeto, senza nulla togliere al loro modo di essere campionesse.
Anche nell’edizione 2013 di questo “happy slam”, come lo chiamano a ragione gli australiani, ne abbiamo viste delle belle. Di smorzate, intendo, ma… non solo ! Insomma soprattutto sulla terra rossa ma anche su superfici non velocissime, pur trattandosi del duro, la smorzata è un’arma particolarmente utile ed efficace. Speriamo dunque venga servita in abbondanza per accompagnare ed impreziosire il già ricco e succulento menù della stagione tennistica che ha appena spiegato le vele dai lidi australiani.
Flash
Rybakina critica la WTA: “Grazie per aver cambiato le regole all’ultimo momento”
Niente bye a Elena Rybakina al WTA di Tokyo nonostante sia la terza testa di serie, “sorpassata” da Sakkari e Garcia in virtù di una regola non nuova ma forse neanche esistente

Non fortunatissima con ranking, tabelloni e seeding, Elena Rybakina, che non ha ricevuto uno dei quattro bye al primo turno del WTA 500 di Tokyo nonostante fosse – e sia – la terza testa di serie al Toray Pan Pacific Open in programma a partire da lunedì 25 settembre. Esclusione che ha commentato piccata su Instagram.
Già lo scorso anno Rybakina aveva detto di non sentirsi la vincitrice di Wimbledon per via dei 2000 punti mancanti in seguito alla decisione della WTA di non assegnarli all’AELTC. Di conseguenza, niente balzo in classifica né Finals, con l’ulteriore beffa che, a differenza del regolamento ATP, quello del Tour femminile non prevede un posto al Master per la vincitrice Slam tra arrivata tra l’ottava e la ventesima posizione. Quest’anno, invece, aveva puntato il dito contro la WTA a Montreal dopo il suo match con Kasatkina, iniziato dopo le 23 e terminato quasi alle 3. “Poco professionale da parte – non direi del torneo perché penso che il ruolo fondamentale sia della WTA in questo caso” aveva detto al riguardo. “La dirigenza è debole al momento, ma speriamo che cambi qualcosa perché quest’anno ci sono state molte situazioni che proprio non capisco”. Elena sarebbe poi stata sconfitta nella semifinale canadese, al secondo match in quel di Cincinnati e al terzo turno (dopo un walkover) allo US Open, ultimo torneo disputato.
Decisamente meno pesante come conseguenze eppure piuttosto ambiguo dal punto di vista regolamentare è appunto l’episodio di questi giorni, sempre a seguito di una decisione dell’Associazione del Tennis delle Donne. Terza testa di serie a Tokyo, dicevamo, Elena giocherà il primo turno contro Linda Noskova invece di partire dal secondo turno, ciò a dispetto dei quattro bye inseriti in tabellone e che, naturalmente, vanno assegnati alle teste di serie secondo l’ordine discendente. “Performance bye” ha commentato su un storia di Instagram sopra al tabellone di Tokyo. “Grazie per aver cambiato le regole all’ultimo momento. Fantastiche decisioni come sempre @WTA”. Con tanto di applauso, clown e tendone del circo…

La spiegazione di quanto accaduto risiede nelle prime due parole della kazaka: a Sakkari e Garcia, dietro di lei in classifica, sono stati assegnati due “perfomance bye” in quanto semifinaliste a Guadalajara e i due restanti sono andati alle prime due del seeding, Swiatek e Pegula. Sakkari, quarta del seeding, sarebbe stata esentata dal primo turno anche senza questo tipo di bye; Garcia invece è quinta. Ma cos’è un performance bye?
È quello, chiariscono le WTA Rules aggiornate al 19 settembre scorso, “assegnato alla giocatrice sulla base della prestazione della settimana precedente, come stabilito dalla WTA in fase di approvazione del calendario e delle dimensioni dei tabelloni”. Quindi non sembrano un’invenzione dell’ultimo momento, anzi, in passato erano previsti anche per le finaliste di Anversa che avrebbero preso parte al Premier 5 di Dubai. Andando però a leggere il Regolamento WTA aggiornato al 19 settembre scorso, nell’articolo relativo ai bye si legge solo di quattro perfomance bye da assegnare alle semifinaliste del 1000 di Wuhan (peraltro, se Pechino è tornato in calendario quest’anno, Wuhan continua la sua assenza). Nessun accenno a Guadalajara/Tokyo.
Nell’inevitabile discussione su Twitter è intervenuta la doppista top 20 Nicole Melichar-Martinez, obiettando che “le regole non sono cambiate all’ultimo momento. L’informazione del performance bye era scritta nella scheda informativa del torneo…”.
Nella scheda di Guadalajara, almeno nel classico articolo della WTA “draws, dates, prize money and what you need to know”, non c’è traccia dei performance bye. Se ne parla invece in quella del Toray Pan Pacific Open, datata 15 settembre: “Le prime teste di serie, da quattro a sei (in attesa dei performance bye in base ai risultati di Guadalajara), riceveranno un bye al primo turno”. Per prima cosa, dunque, che fine ha fatto la parte per cui sarebbero state sei? Inoltre, siamo moderatamente sicuri che esista una differenza tra “le regole” citate da Rybakina e Melichar-Martinez e un’informazione contenuta nella di quell’evento.
Ancora nessuna precisazione da parte della WTA, che tuttavia, poche ore dopo, ha twittato una foto di Elena: “La sua prima qualificazione alle WTA Finals. Elena Rybakina sarà a Cancun!”.
ATP
ATP Zhuhai: Khachanov vince in rimonta su McDonald. Ok Korda
Terza semifinale in stagione per il tennista russo. Rullo compressore Korda che lascia solo tre game ad Etcheverry

Lo sfalsamento del calendario dei tornei cinesi che vedranno disputare le loro finali nella giornata di martedì hanno trasformato la giornata di domenica in quella dedicata ai quarti di finale.
La sessione mattutina dell’Huafa Properties Zhuhai Championships, torneo ATP in corso di svolgimento nella città cinese di Zhuhai ha delineato i primi due semifinalisti: la testa di serie numero 1 Karen Khachanov e la numero 4 Sebastian Korda.
[1] K. Khachanov b. [6] M. McDonald 4-6 6-4 6-4
Aveva saltato l’intera stagione su erba e tutta la preparazione per lo US Open per una frattura da stress alla schiena. Si era presentato negli Stati Uniti non al massimo, venendo spazzato via in tre set dal tennista di casa Mmoh. La trasferta cinese ci permette di ritrovare in campo una versione in forma di Karen Khachanov. Il russo dopo il doppio 6-4 rifilato a Bolt all’esordio, trova un altro successo, stavolta soffrendo e lottando in tre set sullo statunitense MacKenzie McDonald.
La testa di serie numero 1 del torneo cinese ha impiegato 2 ore e trentotto minuti per avere la meglio del numero 6 del seeding McDonald, conquistando la terza semifinale stagionale, dopo l’Australian Open e Miami, la diciannovesima a livello ATP in carriera.
Condizioni non semplici in Cina con caldo e umidità. Khachanov riesce a recuperare da una partenza ad handicap dopo aver perso il primo set a causa di scarse percentuali al servizio e ai pochi vinti in risposta, solo 6, quattro dei quali nel settimo gioco (break ottenuto a zero).
Il secondo set si rivela una battaglia durata oltre un’ora. Break e controbreak tra secondo e terzo game. Poi si alternano game veloci a game maratona. Nel nono gioco arriva lo strappo decisivo, Khachanov riesce ad ottenere il break a zero ed è poi una formalità chiudere per 6-4. Anche il terzo set si rivela una battaglia con Khachanov che fa la differenza grazie all’alta percentuale di punti con la prima di servizio, nonostante i tre doppi falli.
“È stato un match molto duro“, ha detto Khachanov. “Una sfida sia a livello mentale che fisico. Io mi sono trovato ad inseguire, quindi dovevo cercare di spingere e portare tutta l’energia per cambiare l’inerzia e l’andamento della partita. Penso che nel secondo set dal 4-4 sono riuscito spingere per vincere il secondo set. Mi ha dato più fiducia e nel terzo set sono riuscito ad assumere una posizione di comando verso la fine della partita che mi ha permesso di vincere.”
[4] S. Korda b. [5] T. M. Etcheverry 6-1 6-2
Si rivela una formalità il quarto di finale di Sebastian Korda. Dopo l’eliminazione all’esordio allo US Open per mani di Marton Fucsovics, Korda ritrova il giusto passo in Cina collezionando la vittoria numero 18 di una stagione, che ad inizio anno lo ha visto spingere sino ad un punto dalla vittoria del titolo in quel di Adelaide.
Korda ha dominato il match mettendo a segno ventidue vincenti a fronte di solo 6 errori forzati e non condendo nessuna palla break al suo avversario. Al contrario sono stati quattro i break piazzati dallo statunitense, che ha inoltre a messo a referto 9 ace. Ottima anche la prestazione a rete con 7 punti vinti su 9 contro un avversario che incassa la seconda sconfitta in altrettante sfide con Korda.
Per il numero 33 ATP è la sesta vittoria contro tennisti argentini nel circuito ATP e l’undicesima vittoria contro un Top 50 in stagione. Per Korda si tratterà della nona semifinale a livello ATP, la terza stagionale dopo Adelaide, Queen’s e Winston Salem.
Etcheverry, d’altro canto, conferma le difficoltà contro i top-50 sul duro collezionando la settima sconfitta in 8 match nel circuito ATP. Unico successo arrivato contro l’allora numero 39 Karatsev, al primo turno di Tel Aviv.
ATP
ATP Chengdu: Zverev rimonta un ottimo Kecmanovic. Anche Dimitrov in semifinale
Alexander Zverev esce vincitore da una maratona di quasi tre ore contro Miomir Kecmanovic. In semifinale trova Grigor Dimitrov, vincitore sull’australiano O’Connel

[1] A. Zverev b. [7] M. Kecmanovic 5-7 7-5 6-2
Al Chengdu Open Alexander Zverev trova la settima semifinale stagionale venendo a capo di un match tutt’altro che semplice contro la settima testa di serie Miomir Kecmanovic . Il serbo è stato a due punti dalla vittoria nel secondo set, ma si è visto respingere dalla grande carica agonistica di Zverev che con un paio di punti da grande campione è riuscito a strappare di slancio la vittoria nel secondo parziale per poi involarsi nel set decisivo.
IL MATCH- Sin da subito aggressivi in risposta ambo i giocatori, con un forcing costante e tanti scambi lunghi e pesanti. D’altronde entrambi amano trovare un buon ritmo per cercare poi l’accelerazione vincente, specie Kecmanovic, tra i due il meno provvisto di qualche jolly nel suo gioco. Annulla due palle break nel game d’apertura, se ne fa annullare una nel successivo, subendo uno Zverev offensivo. Il primo a strappare il servizio, nel quarto gioco, è però il serbo, nettamente superiore sulla diagonale destra, dove riesce sempre a trovare un colpo pesante che gli apra il campo o forzi l’errore di Sascha. Il tedesco rimane però una macchina da fondo, e quando la tds n.7 non riesce a muoverlo o mandarlo fuori tempo è lui a comandare lo scambio, soprattutto da centro con il rovescio, e così, approfittando anche di qualche errore, subito Zverev recupera il break. Proseguendo il match si trova stabilità nei servizi, tra i due è il tedesco a tenere in mano le redini del gioco. Ma, quando il tie-break sembra ormai imminente, e dopo aver sprecato una fondamentale palla break nell’undicesimo gioco, nel dodicesimo Zverev vacilla e crolla. Un paio di errori di manovra, con un ritmo un po’ scialbo nello scambio, conducono Kecmanovic a set point. Applausi poi per il serbo che aggancia con una risposta di dritto in allungo quello che era ormai un ace, e manda la pallina all’angolo del rettangolo del servizio, mettendo a segno il colpo della partita, che gli vale il primo set per 7-5.
Il n.1 del seeding è però bravo a non scomporsi, e inizia il secondo parziale a testa alta, partendo a dettare il ritmo sin da subito, impedendo a Kecmanovic di far suo il palleggio. La palla break arriva nel terzo game, subito capitalizzata al termine di uno scambio lunghissimo, giocato da entrambi in contenimento, con il serbo che è il primo a cercare di uscirne, incappando nell’errore. Il quarto game è un manifesto della differenza tra i due giocatori: il n.47 al mondo ha due chance di contro-break, ottenute trovando coraggio nello scambio. Ma Sascha su entrambe serve forte, quasi al limite, intessendo poi lo scambio più lungo dell’incontro sulla seconda, attendendo l’errore, per rimanere avanti. Tre palle break consecutive nel gioco successivo sembrano una definitiva condanna per il serbo, ma improvvisamente ritrova il meglio del suo gioco e, con una mano anche dal servizio, rimane attaccato. E, su questa scia, offrendo un tennis più contenitivo, e attingendo anche dal menu delle variazioni, opera il contro-break portandosi sul 4-4, mettendosi stavolta lui ad attendere l’errore che lo premi. Arriva poi anche a due punti dal match Miomir, sul 5-4, ma l’agonismo di Zverev, e la classe, tornano. Come si vede nell’undicesimo gioco, in cui, con un passante di rovescio in corsa quasi in tribuna va a strappare il servizio all’avversario, dopo una serie di punti giocati con massima spinta e precisione. Infine, con una prima vincente, di rabbia e foga, e dopo aver anche annullato una pericolosa palla break, Zverev chiude un secondo set in cui ha sofferto, ma ha alzato non di poco il proprio livello.
L’inerzia è chiaramente cambiata, tornando verso il tedesco, che apre con un break il terzo parziale, tramite un fantastico passante di dritto in corsa a cui, ad onor del vero, Kecmanovic si concede con un attacco un po’ casuale e con poco da offrire. Zverev appare avanti, e gioca a braccio sciolto, cercando di caricare la tensione sul serbo, che reagisce bene, annullando con coraggio una palla del doppio break e tenendo un buon palleggio da fondo, abbinato ad inusuali drop shot che contribuisce a tenere alto e godibile il livello dell’incontro. Si percepisce come però la stanchezza abbia ormai attanagliato la tds n.7, che non può resistere al ritmo imposto dal primo favorito del seeding, che con un settimo game ruggente in risposta, in cui il dritto e il rovescio cantano melodie troppo acute per Miomir, va a prendersi il doppio break. Chiude, Zverev, annullando anche un’ennesima palla break ottenuta da Kecmanovic, per 6-2, in 3 ore precise di gioco. Bravo a rimontare e mantenere la calma per esprimere il meglio del suo gioco e lasciare poco spazio al serbo, che nel terzo set mai praticamente è stato in campo e capace di reggere il tedesco.
[3] G. Dimitrov b. C. O’Connell 6-4 6-1 (Andrea Binotto)
Match agevole per Grigor Dimitrov, fresco del suo raggiungimento a quota 400 vittorie nel circuito ATP. Gli è servita un’ora e venticinque minuti al tennista bulgaro per regolare l’australiano Christopher O’Connell con cui aveva due soli precedenti (entrambi vinti, quest’anno a Ginevra in tre lottati set e nel 2017 all’Australian Open, vittoria in tre set sempre per Dimitrov). Ora il n.20 ATP sfiderà la prima testa del seeding Alexander Zverev per un posto in finale, la possibile seconda dell’anno, e magari sperare in un titolo che manca da quasi sei anni.
IL MATCH: Nel primo parziale una palla break annullata per parte sembrava traghettare entrambi i giocatori verso un inevitabile tie-break, ma Dimitrov nel decimo gioco ha fatto valere la sua esperienza brekkando al momento giusto, e quindi portandosi a casa il primo set in quarantanove minuti. Della seconda frazione c’è poco da dire: il tennista bulgaro ha da subito preso il largo lasciando le briciole all’avversario, per poi chiudere il match in un’ora e venticinque minuti. Poche prime per la terza testa di serie, ma comunque grandi percentuali di realizzazione con il servizio in aggiunta a 20 vincenti, 2 soli gratuiti e risposte decisive sulla seconda avversaria, hanno permesso a Dimitrov di surclassare l’australiano, che esce dal campo sconfitto con 14 onestissimi vincenti e appena 3 errori.