Mats e Karl Wilander, quando i figli non seguono le orme dei padri

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Mats e Karl Wilander, quando i figli non seguono le orme dei padri

Le voci di Mats Wilander e del figlio Karl si avvicendano, raccontando come l’ex n. 1 del mondo non ha mai forzato i figli a seguire le sue orme

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Quando la prima coppia di gemelli di Roger Federer e sua moglie Mirka nacquero nel 2009, è stato difficile non fantasticare sul loro infinito potenziale tennistico (Mirka, che conobbe Roger alle Olimpiadi di Sydney del 2000, giocava a tennis per la Svizzera). Lo stesso accadde alla coppia di campioni Andre Agassi e Steffi Graf, che hanno due bambini, e così per la progenie di ogni icona dello sport professionistico. Probabilmente facciamo così perché non vogliamo che l’eredità di questi giocatori scompaia, o semplicemente è divertente da immaginare. Forse vogliamo credere che l’amore per il gioco dei nostri idoli sia così forte da averlo tramandato ai loro figli.
E a volte, quando i figli non emulano il successo dei loro genitori, vogliamo una spiegazione.

Prendete Mats Wilander. Il campione svedese ha vinto sette titoli del Grande Slam, è stato n. 1 del mondo ed è stato introdotto nella International Tennis Hall of Fame. All’età di 17 anni, ha sconvolto il mondo al French Open del 1982 diventando il più giovane vincitore di uno Slam di sempre (a quel tempo). Mats ha avuto molto successo ad un età molto giovane; a 20 anni aveva già conquistato quattro titolo dello Slam in singolare.

Mats avrebbe quindi avuto quattro figli dalla moglie Sonya: Emma, Karl, Erik e Oskar. Sicuramente alla fine qualcuno di loro avrebbe seguito le orme del padre, giusto? Sorprendentemente non è andata così. “Non ci ha mai forzato a giocare a tennis”, racconta il secondo figlio di Mats, Karl, attualmente senior alla Tufts University. “È sempre stato un padre molto dolce e ha sempre voluto che fossimo felici”.

Infatti, quando Karl decise di affrontare il tennis in modo più serio, Mats ha fatto in modo di non pressarlo, gli ha solo dato qualche consiglio da coach e si è allenato con lui solo quando Karl gli ha chiesto di farlo. Era sull’educazione che Mats voleva concentrarsi maggiormente – qualcosa che lui avrebbe desiderato avere di più, come raccontò in un’intervista del 1995 per TENNIS Magazine:

“Proprio l’altra sera io e mia moglie guardavamo la TV, e quando sono passati i dati del mercato economico, le ho detto che avrei voluto capirne qualcosa. Non che io sia interessato al mercato, o alla finanza, ma era qualcosa che avrei voluto capire… Non ne so nulla. Ed è strano.”
Karl ha detto di essere cresciuto in modo normale e non ha mai pensato molto al fatto che suo padre, beh, fosse Mats Wilander. “La cosa più bella per me è sicuramente rivedere alcuni suoi vecchi match che abbiamo in DVD perché penso, ‘Wow, è su ESPN’, ma nonostante questo sono cresciuto con tutte le sue storie, proprio come ogni altro bambino.”

Qualcosa che Karl sembra aver ereditato dal padre è la sua dolcezza. Molti bambini al suo posto avrebbero approfittato nel dire al mondo chi era il padre famoso, ma non Karl. “Non sono mai stato riluttante nel parlare di lui, ma non l’ho nemmeno mai  tirato in ballo. In generale ho sempre seguito la sua guida e lui ha cercato di restare fuori dai radar il più delle volte”, ci spiega.

Nella stessa intervista del 1995, ci rendiamo conto della personalità di Mats. Quando gli chiediamo se fosse stato in grado di esprimere la sua creatività tramite il tennis, Mats rispose:

“Credo di sì, di averla espressa con il tennis, anche se non era poi così ovvio, o almeno non se paragonato, ad esempio a McEnroe. Lui era il tipo di ragazzo che prende l’intero barattolo di colori e lo getta contro la tela, e ne viene fuori un pezzo d’arte. Io ero più come una pennellata di qua, un colpo di là, un colore in questo angolo, un altro colore lì… Come tennista credo di aver giocato più con la testa che con il cuore. Non so se quella fosse arte, ma credo che fosse il mio talento.”

Quando aveva otto anni, Karl realizzò pienamente che atleta fosse suo padre quando divenne capitano della squadra svedese di Coppa Davis. “È una sorta di John McEnroe in Svezia e tutti per strada gli chiedevano degli autografi”, racconta Karl. Ma nonostante questi episodi, Karl racconta di non essersi mai fatto delle domande su suo padre fino ai 14 anni quando iniziò a giocare le Selectionals. Dunque i genitori dei suoi avversari iniziarono a dire loro contro chi stavano per giocare.

Non ci resta che vedere se nel circuito professionistico di doppio vedremo un giorno il dominio di Charlene e Myla Federer, o dell’altra coppia di gemelli di Federer, Leo e Lenny. Ma è più probabile che erediteranno ciò che Karl ha ereditato dal padre: l’amore per il tennis e l’opportunità di diventare un giocatore di successo secondo i propri termini. Karl ha giocato due anni a tennis alla Tufts, tutto mentre otteneva quell’educazione che è mancata al padre.

“Non credo che nessuno di noi abbiamo mai sentito la pressione di dover diventare qualcuno di successo come lo è stato lui, anche perché tutti noi siamo al college o stiamo pianificando di andarci”, ha detto Karl. “Lui non si è mai diplomato, e quindi pensa che questo da parte nostra sia grandioso.”

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